Sabato parteciperò all’Assemblea ecologista convocata a Firenze. Quanto segue è l’intervento che intendo fare.
Mi trovo qui con sentimenti contrastanti: in parte speranza in parte disperazione. Trovo che la necessità di un soggetto spiccatamente ecologista sia una necessità urgente. Questo per la parte speranza. In quota disperazione non mi resta che affidarmi alla mia biografia. Proverò a spiegarmi con un solo ma chiaro caso: il nucleare.
Sono andato a votare il primo referendum del 1987. Avevo i capelli, peraltro lunghi, e mi sarei laureato due anni dopo. Sono andato al secondo referendum, del 2011: i capelli erano un lontano ricordo, in compenso lavoravo da 20 anni come giornalista e una decina di anni prima avevo chiuso definitivamente i miei rapporti con il mondo dei motori. Oggi mi ritrovo a sentir parlare di nucleare, la pelata è sempre quella ma il pelo è grigio, e comincio a intravedere la pensione, a quanto sembra. Mi auguro lunga vita ma il più sembra fatto, non credo di arrivare a 116 anni. E il nucleare torna a farsi sentire.
Nel frattempo una fetta sempre maggiore di società ha preso coscienza del cambiamento climatico e iniziano a farsi sentire le prime azioni globali, forse insufficienti ma è un inizio. A farsi sentire con sempre maggior autorevolezza sarà il pianeta, quindi la presa di coscienza non può che aumentare.
La persistenza, che sembra quella delle scorie radioattive, dell’ipotesi «nucleare», di cui si fa portavoce un ministro se possibile peggiore del non compianto Galletti, è dovuta all’assenza di una coscienza politica ecologista in qualsiasi formazione politica di maggioranza o minoranza.
Ci sarebbero i Verdi, ora Europa Verde, ma non vengono votati: caschi il mondo le X non arrivano. Eppure sono conosciuti: affondano le loro radici nell’anno del primo referendum antinucleare. La Federazione è del ’90 (la Lega Nord, che si usa citare come partito più antico, è del ’91), tutti sanno che esistono, sulla scheda è facile riconoscerli. Il perché non importa qui, il dato è quello che vediamo. E’ anche vero che parte dell’ambientalismo è stato drenato dal M5s, ma quello è un partito generalista e molto confuso sui valori essenziali. Io posso anche votare qualcuno che ha le mie stesse idee sulla ciclabilità ma se poi dà lo sfratto alla Casa Internazionale della Donna mi ha perso per sempre. Non è un’opzione.
Come vedete la disperazione è argomentata. Torno alla speranza, che avrà ampi modi per essere vanificata. Uno di questi è la costruzione di un soggetto nuovo con dinamiche vecchie: una nuova generazione di dirigenti, non importa l’età, che vede i movimenti attivi della società, di cui io sono parte, solo come vasche di consenso elettorale. Nella mia esperienza i soggetti strutturati si sono sempre posti nei confronti dei movimenti dal basso come la spugna che assorbe, senza dialogo – se non sovraordinato – con le novità sociali. Il rischio c’è sempre e solo le dinamiche dei prossimi tempi diranno se verrà disinnescato. Probabilmente questo appuntamento è l’ultima chance per un cambiamento vero, profondo, come diceva Alex Langer.