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Clima La presenza crescente di grandi inquinatori e delle lobby fossili tra i partecipanti rischia di minare profondamente la credibilità e l'efficacia di questi eventi

Un cartello per la COP29, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, è esposto a Baku, Azerbaigian - Sergei Grits/Ap Un cartello per la COP29, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, è esposto a Baku, Azerbaigian – Sergei Grits/Ap

Ogni anno, la COP dovrebbe rappresentare il momento clou per le decisioni sul cambiamento climatico, una riunione tra i Governi del mondo per definire piani ambiziosi a favore del clima. Tuttavia, la presenza crescente di grandi inquinatori e delle lobby fossili tra i partecipanti rischia di minare profondamente la credibilità e l’efficacia di questi eventi. Secondo A Sud, ISDE, Greenpeace, OpenPolis e molte altre organizzazioni impegnate per la salute e l’ambiente, è giunto il momento di dire basta alla partecipazione dei colossi inquinanti in questi negoziati, perché rappresentano un vero e proprio conflitto di interessi.

Dai rapporti emersi, sappiamo che molte delle aziende presenti ai tavoli delle conferenze sul clima sono tra le principali responsabili delle emissioni di gas serra e dell’inquinamento globale. Non è un segreto che diverse compagnie petrolifere, del gas e del carbone, e anche multinazionali che basano i loro profitti su attività altamente inquinanti, abbiano rappresentanti che partecipano alla COP. In queste conferenze, ufficialmente volte alla lotta contro il cambiamento climatico, la loro presenza appare paradossale, tanto che si può parlare di un vero e proprio sabotaggio del processo.

L’influenza che queste aziende esercitano non si limita alla loro presenza: essa si manifesta attraverso pressioni mirate, lobbismo e strategie di greenwashing, tese a presentare un’immagine “verde” e sostenibile che, però, non corrisponde alla realtà dei fatti. La realtà, evidenziata anche dai dati ufficiali, racconta una storia diversa. Gli impegni presi da queste aziende per ridurre le emissioni sono spesso superficiali e dilazionati nel tempo, mentre si continuano a cercare nuove riserve di combustibili fossili, un chiaro segno che la loro priorità resta il profitto a breve termine.

È ormai risaputo che le lobby inquinanti influenzano attivamente i processi decisionali, ritardando l’adozione di misure concrete. Spesso, queste influenze portano all’annacquamento degli accordi raggiunti durante le conferenze: invece di promuovere una decarbonizzazione rapida e una transizione energetica sostenibile, molte decisioni sono state compromesse, indebolendo l’efficacia delle misure proposte. Inoltre, ritardare la transizione significa anche aumentare i rischi per la salute pubblica: il legame tra inquinamento atmosferico, uso dei combustibili fossili e patologie respiratorie, cardiocircolatorie e oncologiche è ormai ben documentato dalla letteratura scientifica.

Lunedì scorso è stata lanciata la campagna “Clean the COP” che chiede una cosa semplice: le conferenze sul clima devono essere libere da conflitti di interesse e devono mettere al centro le evidenze scientifiche. I Governi partecipanti alla COP devono escludere i rappresentanti di aziende che traggono profitto dall’inquinamento. La partecipazione di queste industrie non solo compromette la trasparenza e l’efficacia delle negoziazioni, ma vanifica gli sforzi per costruire una vera transizione ecologica. L’obiettivo di una conferenza come la COP è discutere e promuovere soluzioni efficaci per contrastare il cambiamento climatico; per farlo, è necessario che le scelte siano libere da pressioni esterne e fondate sulla scienza e sull’interesse pubblico.

Una COP senza grandi inquinatori è possibile e auspicabile. Diverse organizzazioni hanno già proposto un codice di trasparenza che vieterebbe la partecipazione alle conferenze sul clima di soggetti economici direttamente coinvolti nella produzione di emissioni climalteranti. Inoltre, alcuni paesi stanno già adottando misure concrete per limitare l’influenza delle lobby inquinanti nelle loro decisioni nazionali sul clima. Per esempio, i paesi nordici hanno sperimentato con successo pratiche per escludere i lobbisti del fossile dai tavoli di confronto, ponendo al centro le competenze scientifiche e la partecipazione della società civile. Questo approccio ha portato a un’accelerazione delle politiche a favore delle energie rinnovabili e a una riduzione delle emissioni di CO₂. ISDE e le altre associazioni che aderiscono alla campagna Clean the COP propongono di adottare misure simili anche a livello internazionale. La richiesta è quella di porre un limite chiaro all’ingerenza delle industrie inquinanti nelle politiche climatiche, creando uno spazio realmente neutrale dove scienziati, rappresentanti delle istituzioni e della società civile possano confrontarsi senza pressioni.

L’urgenza di agire è ormai un dato di fatto, e ogni COP rappresenta un’occasione irripetibile per cambiare realmente il futuro del pianeta. È quindi necessario, oggi più che mai, che questi eventi siano liberi dall’influenza dei grandi inquinatori e delle lobby fossili, e che si concentrino sul bene comune e sulla sostenibilità. Una COP senza conflitti di interesse è una COP più forte, più credibile e più efficace nel portare avanti l’agenda climatica.

*Isde