Accedi Registrati

Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *

Autonomia La decisione della Corte costituzionale di non ammettere il quesito sull’autonomia differenziata rischia di chiudere spazi di partecipazione effettiva

Non di solo referendum

 

Il referendum sulla normativa residua della legge Calderoli per l’autonomia differenziata è inammissibile; la lotta continua. Il rischio che, nonostante le nette indicazioni della Corte costituzionale, legislatore e governo procedano è tutt’altro che remoto.

Potrebbero provare a colmare i vuoti aperti nella legge Calderoli con contenuti meno tranchant ma sempre deleteri per l’uguaglianza e la garanzia dei diritti. La direzione, cioè, potrebbe essere verso un regionalismo competitivo soft e non la via del regionalismo solidale: una autonomia competitivo-cooperativa, più razionale, più coerente alle esigenze di efficienza economica, in grado magari di incontrare favori oltre la compagine governativa e un maggior gradimento nel mondo imprenditoriale.

I tentativi di uscire dai binari costituzionali non mancheranno e si saldano ad altri programmi eversivi della Costituzione, come il premierato, la separazione delle carriere, i numerosi provvedimenti in materia di sicurezza che reprimono il dissenso, criminalizzano poveri e migranti, accelerando la corsa verso uno stato autoritario.

Dovrà, dunque, essere esercitata una intensa vigilanza. Sarà compito delle opposizioni, in parlamento, pur nella consapevolezza che i numeri lasciano poco margine di manovra, assicurare che vengano seguiti i binari posati dalla Consulta; evitando di cedere, come già accaduto, al fascino di mistificatrici logiche meritocratiche, suggestioni di eccellenza e ammiccanti privatizzazioni. Sarà compito dei cittadini, della società, del «basso» che si muove in direzione ostinata e contraria, continuare ad esigere l’attuazione dei principi di solidarietà, uguaglianza, la garanzia dei diritti. È la stessa Costituzione ad affidare a tutti il compito: l’articolo tre non a caso assegna il progetto di trasformare la società alla «Repubblica».

Sulla pronuncia della Corte non ripeto quanto già ottimamente scritto su queste pagine, mi limito a due domande, restando sul piano giuridico: oltre ad una invasione di campo (lo spazio dell’Ufficio centrale per il referendum presso la corte di Cassazione), non vi è una eccessiva autoreferenzialità, che sconfina in una sovrapposizione di piani (il giudizio di costituzionalità e la scelta politica)? Il referendum esercita una «funzione più ampia, di attiva partecipazione politica» (Mortati), è una forma del controllo popolare (Terracini). Attraverso il referendum passa uno dei modi nei quali si esercita la sovranità popolare ed esso rappresenta, altresì, un possibile strumento in funzione contro-maggioritaria (sottolineo possibile, nella consapevolezza dell’uso plebiscitario e populista che esso può assumere), assicurando così l’espressione del pluralismo.

La Corte non dovrebbe attenersi ad un self-restraint coerente con il senso del referendum? Un eccessivo interventismo nella valutazione della consapevolezza della scelta rischia di chiudere spazi di partecipazione effettiva e infantilizzare i cittadini, determinando eccessi oligarchici e paternalisti.

Leggeremo le motivazioni. Resta sin d’ora che il referendum sull’autonomia differenziata non si potrà tenere, ma la partecipazione si può – si deve – esercitare ugualmente, vigilando e agendo per un regionalismo solidale, in coerenza con i quattro quesiti proposti dalla Cgil, che mirano a restaurare l’idea costituzionale di lavoro come strumento di dignità, e con il quesito sulla cittadinanza come inclusione nella comunità di diritti e doveri di chi vive sul territorio. Si tratta, in altri termini, di continuare a riportare nel dibattito pubblico e nella società la voce della Costituzione; una voce che nei tempi del capitalismo autoritario disegna un’alternativa concreta all’esistente.

E resta che la sentenza 192 del 2024 è una solida barriera contro l’istituzionalizzazione della diseguaglianza, l’abbandono dell’orizzonte della solidarietà, l’intensificazione di processi di privatizzazione; è un solido terreno per costruire il regionalismo solidale, per ragionare di diritti sociali e di uguaglianza sostanziale. Senza mai dimenticare che la barriera giuridica necessita di essere sostenuta e rafforzata dall’azione di forze sociali e politiche, che il terreno è reso fertile dalla mobilitazione. Con una consapevolezza: essere sul sentiero della Costituzione è agire per la trasformazione della società.