Nel primo anniversario dai tragici eventi di maggio 2023, Legambiente approfondisce con esperti, amministratori locali, Regione e Autorità di distretto gli interventi da mettere in campo.
Gli eventi estremi accaduti in ER non possono essere considerati un caso isolato. Lo scenario imposto dalla crisi climatica in atto ci impone una maggiore consapevolezza e conoscenze tecnico-scientifiche, per un nuovo approccio alla gestione del rischio e al governo del territorio.
Ridare spazio ai fiumi, fermare il consumo di suolo, interventi di ripristino nelle aree collinari e di montagna dando priorità a percorsi di rinaturalizzazione e un approccio innovativo alla ricostruzione che metta al centro interventi di adattamento e delocalizzazioni.
Questi i temi al centro del convegno organizzato a Faenza nel primo anniversario dall’alluvione per confrontarci sul piano degli interventi da mettere in campo. All’incontro hanno partecipato Davide Ferraresi e Francesco Occhipinti, presidente e direttore di Legambiente Emilia Romagna, Paola Mercogliano, CMCC Foundation, Monica Guida, dirigente Settore Difesa del territorio, Regione Emilia-Romagna, Andrea Nardini, ingegnere idraulico, Co-fondatore Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale, Piero Cavalcoli, urbanista, Giovanni Legnini, Commissario Straordinario ricostruzione Ischia, Irene Priolo, vicepresidente Regione Emilia Romagna, Massimo Isola, Sindaco Faenza (Ra), Paride Amanti, Segreteria Regionale CGIL E.R., Alessandro Bratti, Segretario Generale Autorità di Bacino Distrettuale Fiume PO, Eva Cerri, Rappresentante Comitato cittadini alluvionati, Giancarlo Jader Dardi, Sindaco Modigliana (Fc) e Giorgio Zampetti, Direttore generale Legambiente.
In Emilia-Romagna dal 1 al 18 maggio sono caduti oltre 4,5 miliardi di metri cubi d’acqua; sono esondati 23 fiumi, oltre 100 comuni sono stati coinvolti, sono stati censiti 65.598 eventi franosi e 1.950 infrastrutture stradali sono state coinvolte da dissesto. In soli 17 giorni sono stati 350 i milioni di metri cubi d’acqua che si sono riversati nell’areale più colpito, circa 800 chilometri quadrati di territorio compresi tra l’estremità orientale dei territori collinari e montani bolognesi, ravennati e la parte occidentale di quella forlivese-cesenate.
Un evento estremo, ma purtroppo non isolato, visti gli scenari connessi con la crisi climatica, che riguardano anche il nostro Paese. La Commissione tecnico-scientifica istituita dalla Regione Emilia Romagna, nel suo Rapporto sugli eventi metereologici del mese di Maggio 2023, pubblicato a dicembre scorso, scrive:“…l’evento che ha colpito la regione emiliano/romagnola nel maggio 2023 ha avuto caratteristiche di intensità e vastità territoriale tali da poter essere considerato uno spartiacque tra passato e futuro nel settore della difesa idraulica e idrogeologica del territorio.
L’incontro è stata anche l’occasione per una prima valutazione del Piano Speciale Preliminari di interventi sulle situazioni di dissesto idrogeologico redatto dall’Autorità di Bacino distrettuale del Fiume Po. Piano che vedrà la sua versione definitiva entro la fine di giugno 2024.
“Riteniamo importante e positivo che sia l’Autorità di distretto del Po a sovrintendere la pianificazione degli interventi post-evento, proposta che avanzammo anche noi nel febbraio scorso – dichiara Davide Ferraresi, presidente di Legambiente Emilia Romagna. La Regione Emilia-Romagna ha davanti a sé una straordinaria occasione per fare da apripista e diventare un modello nazionale di un nuovo approccio al governo del territorio e della gestione del rischio alla luce del nuovo scenario a cui andiamo incontro.”
“Nel piano preliminare sono indicati alcuni importanti assi di lavoro che condividiamo fortemente quali quelli che prevedono di tornare a dare spazio ai fiumi, delocalizzare abitazioni e attività produttive poste ora in aree particolarmente a rischio, e il divieto di nuove costruzioni in aree già allagate – commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente. Sono obiettivi necessari ma al tempo stesso complessi. Per questo chiediamo e ci facciamo promotori di un processo di coinvolgimento dei territori, dalle amministrazioni alla società civile, che accompagni questa proposta preliminare alla sua versione definitiva”.
Il Piano infatti diverrà definitivo entro la fine di giugno, ma già si ravvisano nei territori i primi segnali di difficoltà, soprattutto per quanto riguarda le delocalizzazioni, e ancora una scarsa attenzione delle amministrazioni a introdurre percorsi così complessi. Un tema fondamentale da approfondire è quello riguardante gli interventi nelle aree urbanizzate, per evitare concretamente che si possano realizzare nuove costruzioni nelle aree allagate e attuare una ricostruzione fondata su un approccio innovativo che metta al centro l’adattamento alla crisi climatica e gli interventi di delocalizzazione.
Le delocalizzazioni sono interventi assolutamente necessari e al contempo molto complessi da realizzare, serve mettere in atto processi di coinvolgimento delle amministrazioni e della popolazione e chiediamo una norma nazionale che faccia da riferimento in tal senso. Ma è necessario al contempo anche il protagonismo dei Comuni per mettere in campo piani urbanistici e i regolamenti edilizi coerenti con questo nuovo approccio, per evitare che il piano degli interventi rimanga scollegato dalla pianificazione e dalla gestione ordinaria del territorio.
“Dopo il disastro dello scorso maggio l’intera comunità prova a rialzare la testa, ma ad ogni pioggia si ripresenta lo spettro- commenta Francesco Occhipinti direttore di Legambiente Emilia Romagna -. Si dovrà agire in maniera sinergica fra istituzioni, associazioni e l’intera comunità affinché si rafforzi la consapevolezza della popolazione, purtroppo abbiamo già avuto evidenza che eventi estremi saranno sempre più frequenti e che quanto accaduto ha reso ancora più vulnerabile il nostro territorio. Non si tratta più di “maltempo”. Con l’iniziativa di oggi confermiamo la disponibilità di Legambiente nel dare il nostro contributo mettendo a disposizione le nostre competenze per accompagnare questo percorso. Sarà fondamentale che le scelte future siano basate su evidenze scientifiche e non su presupposti ideologici.”
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