L’Onu stima per la Palestina l’aumento del 45% della povertà e la perdita di 390 mila posti di lavoro. Con effetti sulla intera regione e l’economia globale
@SAHER ALGHORRA/AVALON/SINTESI
La battaglia di Gaza continua. L'assedio, i bombardamenti e le incursioni via terra da parte dell'esercito israeliano non accennano a diminuire, mentre il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian definisce “inevitabile” l'allargamento del conflitto nella regione. Il futuro di Gaza e dell'intera Palestina, intanto, diventa sempre più fosco. Se la catastrofe umanitaria in corso è infatti sotto gli occhi di tutti, c'è un'altra catastrofe che si sta preparando: è l'impatto socioeconomico che le violenze avranno nel medio e lungo termine sullo Stato di Palestina e sull'intero Medio Oriente. È questo il tema dell'ultimo report stilato dal Programma delle Nazioni unite per lo sviluppo, che simula scenari diversi, ma sempre più foschi.
POVERTÀ E SVILUPPO UMANO
Secondo le Nazioni unite, infatti, l’incidenza della povertà e dell’insicurezza alimentare aumenterà in maniera esponenziale, colpendo duro su una delle aree più depresse del pianeta. La situazione socioeconomica delle famiglie di Gaza era disastrosa anche prima della guerra. Il tasso di povertà aveva raggiunto il 61% nel 2020, ma dopo un mese di guerra è aumentato del 26,7%. Se la guerra dovesse durare un altro mese – fanno sapere dall'Onu -, l'aumento arriverebbe al 35,8 per cento, al 38,8% nel caso in cui durasse altri due mesi. Dopo sole tre settimane di bombardamenti, in ogni caso, il 96% della popolazione gazawa è oramai diventata “multidimensionamente povera”, in base all'indice nazionale di povertà multidimensionale (Mpi) riconosciuto a livello internazionale. “In altre parole – si legge nel report - i 2,3 milioni di palestinesi residenti nell'enclave sono poveri e avranno bisogno di supporto per sopravvivere”. La guerra comporterà poi un calo significativo dello sviluppo umano complessivo. “Gaza tornerà indietro di 11 o 16 anni (a seconda della durata del conflitto ndr) a causa della diminuzione del livello di istruzione, dell'aspettativa di vita più bassa, della denutrizione e del crollo del reddito pro capite”. Un processo irreversibile, che tra l'altro investirà anche i territori occupati in Cisgiordania.
LAVORO
La guerra di Gaza, si legge infatti, avrà ulteriori e pesanti ripercussioni sull'economia dell'intera Palestina. Dopo un solo mesi di Guerra, è stato già distrutto il del 4% dell'intero capitale sociale di tutti i territori palestinesi. In uno scenario in cui la guerra durasse altri 30 giorni, si arriverebbe al 6%. Il terzo scenario proposto dall'Onu, con altri due mesi di conflitto, distruggerebbe il 7% del capitale sociale. La produttività di Gaza è già scesa a zero, mentre tutti i flussi finanziari, pubblici e privati nei territori si sono fermati. La disoccupazione a Gaza era al 46% prima del 7 ottobre. I due governatorati da cui le autorità israeliane hanno ordinato l'evacuazione di civili,Gaza Nord e Gaza City, rappresentavano tra l'altro il 56,2% dell’occupazione totale. Mentre circa il 14% della forza lavoro palestinese era impiegata in Israele o negli insediamenti israeliani. Parliamo di circa 20.000 gazawi, secondo l'Ilo.
IMPLICAZIONI ECONOMICHE
Il conflitto,, però, ha enormi ripercussioni anche sulle imprese, e secondo le stime Onu potrebbe danneggiare in particolare le micro, le piccole e le medie imprese, che rappresentano il 98 per cento del tessuto economico dello stato palestinese. I calcoli preliminari indicano un potenziale calo del Pil fino al 15% in tre mesi di guerra rispetto al livello previsto per il 2023. Nel primo mese di guerra il Pil palestinese è diminuito del 4,2%, con una perdita di circa 857 milioni di dollari. Se la guerra si protraesse per un altro mese, la perdita economica stimata salirebbe al 8,4% (1,7 miliardi). Se si continuasse a combattere per un terzo mese, il calo salirebbe al 12,2%, con una perdita di 2,5 miliardi di dollari. La guerra però avrà anche effetti sul Pil del 2024. In uno scenario ottimistico in cui l'intera attività economica tornasse alla normalità, il solo effetto della distruzione del capitale farebbe diminuire il Pil da ulteriori 904 milioni di dollari a 1,9 miliardi
Tutto questo andrà a colpire un'economia già in ginocchio. Prima della guerra, il Fondo monetario internazionale aveva avvertito che c'erano rischi di instabilità nel settore bancario, dovuta a prelievi di liquidità, minore spesa fiscale e interruzione delle relazioni con le banche israeliane. Oltre che alle crescenti attività in sofferenza, in particolare nel settore immobiliare. “La guerra dovrebbe amplificare i rischi di default del prestito – scrive il Programma delle Nazioni unite per lo sviluppo, mettendo notevole pressione sul settore bancario di Gaza ed e del resto dei territori palestinesi occupati, minacciando la stabilità finanziaria”.
EFFETTI REGIONALI E GLOBALI
“La guerra in corso – fa infine sapere l'Onu – apre alla possibilità di più ampie ripercussioni economiche regionali e globali”. Il suo impatto sarà forte sui prezzi del petrolio e del gas, che hanno visto aumenti finora moderati. Un'ulteriore escalation potrebbe portare a notevoli impennate dei prezzi, con conseguente aumento dei costi di produzione e di trasporto e, in ultima analisi, dell'inflazione dell'intera regione. L'escalation può anche perturbare i flussi commerciali, in particolare se conduce alla chiusura di porti e valichi di frontiera. Bloomberg ha stimato un calo dell'1% del Pil mondiale in caso di conflitto regionale. Inoltre, la guerra potrebbe costringere i Paesi vicini a reindirizzare le risorse dallo sviluppo alle spese di sicurezza.
“Oltre alla catastrofica perdita di vite umane – conclude il report -, affrontare le ripercussioni della guerra sull'economia, la società palestinese e lo sviluppo umano richiederà sforzi senza precedenti. Alcuni degli effetti, in particolare sulla vita dei palestinesi, saranno a lungo termine, e il recupero sarà lento e impegnativo”. Un rapido cessate il fuoco e un flusso sostenuto di aiuti umanitari, però, “produrrebbe una riduzione immediata e tangibile della crisi per centinaia di migliaia di famiglie palestinesi”. È quindi “fondamentale gestire la fase post-bellica in modo diverso. Bisognerebbe imparare dagli errori passati”.