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Poco più del 32% di votanti, quorum mancato. Questo il responso venuto dalle urne il 17 aprile. Ma dal referendum sono venute anche indicazioni che tutti faranno bene a tenere nel dovuto conto.

Hanno detto: “questo referendum è una bufala”. Non è vero, è grazie alla campagna referendaria se non sono più consentite le trivellazioni entro le 12 miglia dalla costa e se 15 milioni di italiani hanno potuto esprimere la loro opinione sulla politica energetica, bocciando per l’86% le scelte del governo Renzi.

Hanno detto che il 32% di partecipazione è un flop. Non è vero, se si tiene conto degli improvvidi inviti a disertare i seggi rinunciando al diritto-dovere del voto, dello scarso rilievo che il quesito referendario ha avuto nei grandi mezzi d’informazione, delle argomentazioni false messe in campo da chi ha fatto di tutto per sviare l’attenzione dalla vera posta in gioco. E di un astensionismo strutturale che va oltre il 40% e denuncia in tutta la sua gravità la disaffezione per la politica

Hanno detto: “hanno vinto i lavoratori delle piattaforme”. Non è vero, hanno vinto gli interessi dei petrolieri che pagano le royalty più basse al mondo ad un governo che rinuncia persino a rinegoziarle.

Hanno detto: “sono stati salvati undicimila posti di lavoro”. Non è vero. Di numeri su questo argomento ne sono stati sparati a vanvera: con la vittoria del “Sì” nessuno sarebbe stato licenziato, avrebbero ricevuto maggiore impulso le attività legate alle energie alternative.

Renzi ha detto: “Basta con le polemiche e l’odio, collaboriamo”. Da che pulpito viene la predica! Quale credito si può dare a chi per un giorno fa appello alla moderazione e tutti gli altri giorni usa parole di disprezzo e di intolleranza, seminando discordia fin nel suo stesso partito?

Lo strumento referendario resta uno dei pochi spazi di partecipazione dei quali i cittadini possono avvalersi, ma è fuor di dubbio che sulla partecipazione pesano i pronunciamenti popolari traditi, basti pensare a quelli sul finanziamento pubblico dei partiti e sull’acqua intesa come bene comune.

Chi oggi irride incautamente al 32% dei votanti dovrebbe ricordare che alle elezioni regionali dello scorso anno, nella civilissima Emilia Romagna, ha votato il 37% degli aventi diritto. Ma allora Renzi disse che “l’astensionismo era un fatto secondario”.

Le questioni poste dal referendum No Triv restano tutte aperte. Sostenendo le energie fossili, il governo contraddice gli impegni assunti pochi mesi fa a Parigi a conclusione della Conferenza mondiale sul clima. Lo scandalo scoppiato in Basilicata ha messo a nudo gli intrecci con le potenti lobby delle multinazionali del petrolio. L’opinione liberamente espressa da tanti milioni di italiani non potrà essere liquidata con la consueta arroganza. L’appuntamento è solo rinviato.

Faenza, 18 aprile 2016

 

L’Altra Faenza