Guerre e MUOS: opporsi è possibile
Con l'intensificarsi delle guerre, delle povertà e delle migrazioni conseguenti, viviamo una grande separazione tra ciò che vorremmo fare e ciò che ci è possibile fare. La sensazione frustrante d’impotenza aumenta in proporzione alla gravità delle condizioni dei popoli del pianeta. L'imperialismo industriale e finanziario, con il suo controllo su governi e centrali di informazione, sta determinando pesantemente l'involuzione socioeconomica di intere aree del mondo.
Politiche recessive, destabilizzazioni localizzate, guerre, aggressioni e la costante manipolazione mediatica
si collegano direttamente alle crisi finanziarie che da cicliche sono ora endemiche e funzionali agli interessi degli apparati del sistema capitalistico.
La militarizzazione dei territori si fa sempre più palese e vede nel Mediterraneo uno dei punti più caldi del riarmo globale, come le vicende del MUOS in Sicilia e le operazioni militari in Sardegna dimostrano.
Finanza, capitale e apparato militare possono contare sempre più sulle istituzioni e sui loro rappresentanti asserviti alla logica dello sfruttamento e delle guerre; la grande manipolazione mediatica in atto dimostra che i sistemi di informazione e comunicazione sono controllati dai gruppi di potere sovranazionali occidentali.
Lo svuotamento della residua democrazia reale contribuisce ad aumentare la sfiducia verso il cambiamento e la capacità di mobilitazione dal basso; la trasformazione mediatica degli eventi determina il flusso delle informazioni intralciandone la decodifica e la lettura critica dei fatti.
L'intervento della Nato in Ucraina, ad esempio, è presentato dalla propaganda martellante come risposta alle mire espansionistiche russe e non come l'inizio di una guerra in terra di Europa contro le nazioni non allineate all'economia occidentale. Iraq, Libia, Siria sono solo alcuni esempi di paesi in cui le continue destabilizzazioni hanno portato a guerre sempre più cruente e funzionali all'economia di rapina dell'Occidente. In questi paesi, sono stati disattesi trattati e convenzioni per la tutela dei civili che hanno pagato, e pagano, il prezzo più alto della guerra perenne e fuori ogni regola.
La gente di Gaza ha provato sulla propria pelle i risultati delle sperimentazioni di armamenti mai usati prima delle ultime operazioni belliche israeliane, tra l'ignoranza dei fatti e l'indifferenza di un'opinione pubblica sempre più sorda anche ai proclami umanitari.
Le migrazioni dei popoli che cercano rifugio sulle sponde del Mediterraneo per transitare verso il nord dell'Europa sono anch'esse oggetto di operazioni mediatiche funzionali a rafforzare e ad accreditare politiche improntate all'esclusione e alla ghettizzazione.
In Italia e in Europa, le forze che si oppongono all'economia di guerra e agli apparati militari e repressivi sono deboli e non unite in una rete di scambi e di condivisione di una piattaforma, seppure minima, di programma.
Negli ultimi due anni, la lotta popolare dal basso contro le antenne dell'impianto Ntrf e il MUOS di Niscemi ha dato una scrollata all'impenetrabilità del sistema del consenso verso la politica di aggressione e la militarizzazione del Mediterraneo; la mobilitazione della gente della Sardegna contro la presenza degli eserciti e l’inquinamento bellico dimostra che è possibile agire sui temi della difesa dell'ambiente e dei territori.
Ecco perché ci rivolgiamo a tutti i Movimenti No War e alle reti di realtà resistenti che da nord a sud si oppongono:
alle aggressioni dell'apparato finanziario, militare e industriale delle potenze occidentali verso i popoli del mondo e al TTIP
alla militarizzazione crescente dei territori, a cominciare dal bacino del Mediterraneo
all'opera di manipolazione dei fatti tramite la padronanza assoluta dei canali di comunicazione e informazione, sempre più al servizio della propaganda di guerra
al respingimento dei migranti e alla loro ghettizzazione. E per il diritto a emigrare. La Sicilia oltre che avamposto di guerra è anche la frontiera Sud della fortezza Europa e le criminali politiche securitarie e razziste dei governi europei stanno sempre più militarizzando I nostri territori, coste e mari. Le operazioni Mare Nostrum, Triton, Frontex, Mos Maiorum sono tragico esempio di come le politiche di guerra si estendano anche ai migranti, mentre basterebbe garantire corridoi umanitari sicuri nelle zone di conflitto e il diritto d'asilo europeo, in deroga alla Convenzione di Dublino 2, per prevenire il foraggiamento delle mafie mediterranee e i sempre più frequenti naufragi. La Sicilia è piena di galere etniche (Cie, Cara, Cas) e la detenzione dei migranti si moltiplica in palestre, scuole e tendopoli; dovremmo rilanciare il percorso “Si migranti/No basi”
alla distruzione del welfare e dei diritti acquisiti negli ultimi decenni nel campo del lavoro, dell'istruzione e della salute per imporre precarizzazione e privatizzazione dei servizi e delle risorse a partire dall'acqua, bene sempre più negato
alla repressione sistematica dell'opposizione dal basso e popolare.
Chiediamo l'avvio di una fase di ascolto reciproco e di condivisione di obiettivi comuni di lotta da estendere all'intero territorio nazionale, superando l'impostazione settoriale delle rivendicazioni: dalla finta crisi alle aggressioni belliche, è possibile oggi costruire un grande fronte di resistenze dal basso, capace di leggere criticamente gli eventi e opporsi al disegno del conflitto perenne.
Lavoriamo assieme per un mondo di diritti per tutti, di salute per tutti, di economia partecipata e rispettosa dell'ambiente, dove guerra e sfruttamento siano sempre più sostituiti dalla costruzione della pace e della solidarietà
Sabato 25 Ottobre,2014