Autonomia differenziata. È stato un errore che il governo Gentiloni abbia fatto pre-intese con le regioni interessate per i nuovi poteri. Gli errori ci sono, ma l'unico modo per affrontarli è scegliere la stella polare dell'interesse nazionale, correggendo quello che è necessario e invitando tutta l'opposizione a contrastare con decisione la pressione leghista
Il rinvio della decisione sull’autonomia differenziata offre la possibilità di continuare la campagna di informazione e di critica sul pericolo che incombe sul futuro dell’Italia. Sulla forte spinta di Salvini per farla subito, complice la batosta elettorale del del M5S. E il periodo luglio-agosto è storicamente quello dei colpi di mano parlamentari.
La scuola – uno dei punti di maggiore resistenza a questa follia istituzionale che rischia di spezzare il nostro paese – prima di settembre difficilmente potrà rilanciare un’azione di contrasto. Salvini lo sa e tenta di costringere i 5S a subire, sotto il ricatto della crisi di governo. La scuola non è l’unico settore in cui l’autonomia differenziata a trazione leghista può creare fratture non ricomponibili tra regioni
La voce dal sen fuggita di Zaia, dopo la decisione sulle olimpiadi invernali, rende evidente un disegno di allontanamento del Veneto e della Lombardia dal resto dell’Italia, prendendo a modello la Baviera.
La pressione di due regioni molto importanti del nostro paese per ottenere tutti i poteri possibili, fino all’affermazione che il 90% delle risorse debbono restare in Veneto, indica con chiarezza che il rischio dell’Italia è una frattura in cui le regioni economicamente più forti abbandonano sostanzialmente al loro destino le altre. Altrimenti non si spiega perché la trattativa tra Veneto, Lombardia e governo è avvenuta in gran segreto, fino a quando qualcosa è trapelato ed è stato possibile iniziare a contrastare questo disegno.
Perché l’Emilia Romagna si sia accodata, sia pure con meno pretese, è difficile da comprendere. Questo regionalismo estremizzato, volto a conquistare nuovi ed estesi poteri, mette a rischio l’unità del paese, ed è una scelta avvenuta senza alcun coinvolgimento delle altre regioni, del tutto all’oscuro della trattativa tra Veneto, Lombardia e governo.
Il tentativo della Lega di governo è stato fare accordi diretti con le regioni da portare in parlamento senza la possibilità di emendarli, da approvare o respingere in toto come se si trattasse di confessioni religiose. Per di più bloccando la possibilità di sottoporre queste decisioni a referendum abrogativo, come può avvenire sulle altre leggi.
La Lega di Salvini vuole presentarsi come un partito nazionale, per prendere voti ovunque, ma in realtà questa propaganda nasconde la sostanza della separazione di queste regioni, in realtà la Lega di Salvini non è altro che la proiezione politica della Lega Nord.
La debolezza di Di Maio e dei 5 Stelle dopo la sconfitta alle europee offre alla Lega l’occasione per l’affondo sui nuovi poteri per Lombardia e Veneto, a conferma che la Lega è il dominus della coalizione.
Anche il Pd deve cambiare orientamento. La riforma costituzionale del 2001 sul titolo V si è rivelata un errore. La correzione tentata da Renzi era inaccettabile e tuttavia a suo modo confermava l’esistenza del problema.
Tuttavia neppure dal titolo V del 2001 discende l’autonomia differenziata nella versione estremista della Lega che rappresenta la forzatura del nuovo dettato costituzionale, al di là dei suoi difetti.
È stato un errore che il governo Gentiloni abbia fatto pre-intese con le regioni interessate per i nuovi poteri, tanto più che era in ordinaria amministrazione.
Gli errori ci sono, ma l’unico modo per affrontarli è scegliere la stella polare dell’interesse nazionale, correggendo quello che è necessario e invitando tutta l’opposizione a contrastare con decisione la pressione leghista.
Diritti fondamentali come istruzione, salute, lavoro, ambiente, beni culturali e demaniali diventerebbero differenti a seconda della regione di residenza.
Siamo di fronte ad un passaggio decisivo da cui può dipendere anche il futuro delle classi sociali, della loro rappresentanza. Da questa forzatura della Costituzione può derivare una seria minaccia per una visione unitaria e nazionale. Anche i contratti di lavoro potrebbero cambiare radicalmente, fino a far tornare dalla finestra le gabbie salariali. Scendere in campo è necessario, con chiarezza e impegno, anche per le imprese che dopo avere alzato la bandiera della semplificazione si troveranno a fare i conti con normative diverse da regione a regione.
Un passaggio così decisivo per il futuro del nostro paese va bloccato unendo tutte le energie necessarie all’obiettivo comune.