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In Cassazione le firme dei cittadini che hanno sottoscritto il referendum contro la legge Calderoli. Ferrari, Cgil: “Una festa di partecipazione”

In soli due mesi si è raddoppiata la soglia minima prevista per la richiesta di referendum. Due mesi che hanno attraversato l’estate e la giusta voglia di vacanza, eppure in tanti e tante si sono fermati ai banchetti o hanno aperto il pc per esprimere la propria contrarietà al disegno di Calderoli e della Lega, sostenuto dalla maggioranza di destra, di spaccare il Paese, dare più risorse alle regioni del Nord e lasciare quelle del Sud al proprio destino, dimenticando la Costituzione che afferma: L’Italia è una Repubblica indivisibile, tutti i cittadini e le cittadine hanno diritto alla sanità all’istruzionealla mobilità, nello stesso modo in tutto il Paese.

Quanti hanno sottoscritto il quesito non si sono espressi soltanto contro l’autonomia di Calderoli, ma hanno contemporaneamente espresso uno straordinario bisogno e volontà di partecipazione. Vogliamo essere noi cittadini e cittadini a esprimerci sulle cose fondamentali che ci riguardano. Ne parliamo con Christian Ferrari, segretario nazionale della Cgil.

Ben oltre il milione di firme in Cassazione in calce al quesito referendario per abolire la legge sull’autonomia differenziata. Il doppio di quelle necessarie in meno di due mesi. Un successo?
Si tratta, indubbiamente, di un successo, che in pochi prevedevano. Va anche sottolineato che il risultato è stato raggiunto non solo sulla piattaforma on line, ma anche grazie alle firme cartacee raccolte nelle migliaia di banchetti che abbiamo organizzato capillarmente in tutto il Paese: dalle grandi città ai piccoli comuni, dalle feste di partito ai luoghi di vacanza, in un periodo per nulla favorevole a questo genere di iniziative come quello estivo, con il “generale agosto” che solitamente addormenta completamente il dibattito pubblico. Vanno ringraziate, per questo, i nostri militanti, tutte le compagne e i compagni che hanno reso possibile un esito inaspettato.

Perché, secondo te, tanta partecipazione contro la legge Calderoli?
C’è stata una partecipazione trasversale, sia geograficamente che politicamente. Hanno sicuramente firmato il quesito molti elettori dei partiti di opposizione, ma abbiamo registrato la condivisione anche di cittadine e cittadini che alle ultime elezioni hanno votato per le forze di maggioranza. Del resto, sono tanti gli amministratori di centrodestra che hanno espresso perplessità, se non aperta contrarietà alla Legge Calderoli. Va sottolineato, in particolare, il protagonismo dei sindaci sia delle realtà urbane più importanti che di quelle interne. Evidentemente hanno capito benissimo che questo progetto ha l’obiettivo di sostituire a un presunto neocentralismo statale, un neocentralismo regionale, che marginalizza i territori. E che questo sia l’indirizzo del governo lo dimostra, senza tema di smentita, il ritorno dei tagli lineari agli Enti locali già in corso e che rischiano di peggiorare con la prossima manovra di bilancio.

Stefano Carofei/Sintesi
Roma, 20 luglio, 2024 : Inizia la raccolta delle firme per il referendum contro l' Autonomia differenziata Foto di © Stefano Carofei/Sintesi (Stefano Carofei/Sintesi)

Tante le firme al Sud, ma anche il Nord non si è tirato indietro. Quale il messaggio che comincia a passare?
Il messaggio che noi abbiamo provato a far passare è che le persone che rappresentiamo, lavoratori e pensionati, non hanno nulla da guadagnare dall’Autonomia differenziata, ovunque risiedano. Perché mette in discussione il contratto collettivo nazionale (hanno rispolverato perfino le gabbie salariali); frammenta la legislazione su salute e sicurezza sul lavoro, favorendo il dumping anche su questo terreno, sulla pelle dei lavoratori; regionalizza l’Istruzione pubblica, un pilastro dell’identità culturale nazionale; lasciando il residuo fiscale nelle Regioni più ricche, rende praticamente impossibili le politiche industriali di cui abbiamo urgente bisogno per contrastare il declino che sta subendo il nostro sistema economico; accelera la privatizzazione della sanità, assestando un colpo definitivo al Ssn, che è ormai sull’orlo dell’implosione; e potrei proseguire. È evidente che a pagare il prezzo più salato sarebbe il Meridione, ma questa deriva non conviene neppure al sistema produttivo settentrionale che, a quanto pare, se ne sta rendendo conto. Cominciano a comprendere che venti regimi giuridici diversi su materie cruciali costituirebbero una giungla burocratica inestricabile per le stesse imprese. Il dato di fondo è che, senza rilanciare la domanda interna, a partire da dove è più bassa, l’Italia – con le crisi geopolitiche in corso e le loro inevitabili ricadute sulle esportazioni – non avrebbe alcuna possibilità di agganciare una crescita solida e duratura.

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Un obiettivo concreto e si materializza il desiderio forte di partecipazione. È così? E se sì come non disperdere questa voglia?
È la dimostrazione che quando si mette al centro la condizione materiale di vita delle persone in carne e ossa si raccoglie un interesse e si risveglia la voglia di partecipare. Dobbiamo insistere, continuare a spiegare che non è vero che non ci siano alternative alle politiche economiche e sociali che svalorizzano il lavoro, riducono il welfare pubblico e universalistico, aumentano le diseguaglianze e i divari territoriali, sacrificano sull’altare del profitto i diritti fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione. Collettivamente, anche utilizzando gli strumenti di democrazia diretta, le cose possono cambiare.

Il valore di questa esperienza è anche nella composizione del comitato promotore: tantissime organizzazioni, dal sindacato ad alcuni partiti politici, e soprattutto tante associazioni. È l’onda lunga della via maestra? E quale eredità?
Con la “Via Maestra”, in tempi non sospetti, abbiamo fatto un investimento politico che sta dando i suoi frutti: mettere insieme un largo arco di forze sindacali e della società civile per difendere la Costituzione da quello che, per noi, era chiaro fin dall’inizio di questa legislatura: il tentativo della destra di sovvertire la Carta e di snaturare la nostra democrazia, facendola sempre più somigliare a una democratura, con il superamento della centralità del Parlamento, l’indebolimento dei corpi intermedi, una verticalizzazione del potere che non ha precedenti né paragoni in nessun altro paese occidentale. E tra i valori che abbiamo difeso con grandi e partecipatissime manifestazioni di piazza c’è stato anche quello della pace, che per noi rappresenta il prerequisito di tutte le altre nostre battaglie. È il caso di ribadirlo, in un momento in cui i conflitti anziché risolversi si moltiplicano, con il rischio di escalation addirittura nucleare sempre più dietro l’angolo. Sull’Autonomia differenziata il fronte è diventato ancora più largo e questo non è solo positivo, ma indispensabile per raggiungere il quorum. E nemmeno basta, perché dobbiamo saper parlare – come dicevo all’inizio – anche agli elettori dei partiti di governo, molti dei quali sono sensibili al tema dell’unità nazionale e della coesione sociale.

Se così è il filo che lega è quello della difesa e della attuazione della Costituzione
Qualcuno vorrebbe far passare l’idea che il problema dell’Italia sia la sua Costituzione, che sarebbe superata dai tempi e dagli eventi. Noi pensiamo esattamente il contrario: il problema è la distanza che separa quanto vi è previsto dalla condizione materiale, di vita e di lavoro delle cittadine e dei cittadini italiani. Per questo, la nostra difesa della Costituzione non ha nulla di conservativo o di astratto, ma equivale ad esigere l’attuazione del diritto a un lavoro libero e dignitoso; del diritto alla salute da garantire a tutte e tutti a prescindere dal luogo di residenza e dalla condizione economica; del diritto a un’Istruzione pubblica di qualità il tutto il territorio nazionale; del diritto a un fisco progressivo e tutto il resto che sappiamo.