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dal Blog di Walter Tocci
Non credete alle notizie tendenziose che si leggono sulla scuola nei principali giornali. A poche ore dal confronto decisivo in Senato è necessario fare chiarezza sul disegno di legge. Le principali mistificazioni sono cinque.
1. Assunzioni – E’ l’argomento più devastato dalla disinformazione. Intanto i posti disponibili non sono 100 mila ma circa 150 mila, come d’altronde ammise lo stesso governo nel documento iniziale della buona scuola. Ci sarebbero quindi la capienza e i soldiper assorbire già quest’anno quasi tutte le graduatorie a esaurimento, gli idonei e una parte degli abilitati, completando poi l’operazione con il piano poliennale. Si poteva dare una risposta ai precari prima della “buona scuola”, come si fece guarda caso nei confronti degli imprenditori con il decreto Poletti

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Papa Francesco: Arriva enciclica sull'ambiente 'Laudato si''. "Popoli hanno pagato salvataggio banche"

"Cambiare modello di sviluppo". Il messaggio sull'ambiente: "Curiamo la nostra casa comune". "Come dire 'Non uccidere se i poveri muoiono di fame?"

No al "paradigma consumista". E ancora: "L'esaurimento delle risorse non può essere un pretesto per le guerre". Sono alcune delle parole dell'enciclica di Papa Francesco che contiene  un doppio appello a "proteggere la casa comune", controllando surriscaldamento climatico e altri danni ambientali, ma anche cambiare modello di sviluppo, per i "poveri", e "per uno sviluppo sostenibile e integrale". Mentre biasima il fatto che i popoli abbiamo "pagato il prezzo del salvataggio delle banche". Il mercato - dice ancora Francesco - "crea un meccanismo consumistico compulsivo per piazzare i suoi prodotti". Ma questo non può essere il "paradigma" di vita dell'umanità oggi. Sia per il senso della esistenza che per la sostenibilità delle economie, serve un cambiamento di "stile di vita".

Leggi il testo completo dell'Enciclica

 

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L'astensionismo e la (nuova) sinistra

di  Aldo Carra

I prin­ci­pali dati di que­ste ele­zioni sono due: l’aumento dell’astensionismo e la fles­sione dei voti al Pd. I votanti si sono ridotti ad un elet­tore su due, il Pd con le sue liste ha perso due milioni di voti ed il 15% in meno rispetto alle euro­pee. Ma l’astensionismo non si è mani­fe­stato in modo uni­forme e la fles­sione del Pd pre­senta aspetti diversi nelle diverse regioni. Con­viene, quindi, ana­liz­zare i due feno­meni sepa­ra­ta­mente per trarne con­si­de­ra­zioni poli­ti­che utili anche per il futuro della sini­stra nel nostro paese.
Asten­sio­ni­smo
La par­te­ci­pa­zione al voto, del 63% alle pre­ce­denti regio­nali e del 59% alle euro­pee, è scesa al 52%. Sull’aumento dell’astensionismo pos­sono aver inciso un solo giorno di vita­zioni e il ponte. Ma sicu­ra­mente ha pesato il discre­dito che delle isti­tu­zioni regio­nali a seguito degli scan­dali degli ultimi anni, cir­co­stanza che richie­de­rebbe un ripen­sa­mento su decen­tra­mento e fede­ra­li­smo ben oltre la dema­go­gica mossa della finta abo­li­zione delle pro­vince. Ma c’è qual­cosa in più: in Puglia e Cam­pa­nia, due regioni in cui si con­cen­tra quasi la metà dei voti, l’astensionismo non è aumen­tato. E’ invece aumen­tato molto nelle regioni rosse (dai 10 punti della Ligu­ria ai 15 di Mar­che ed Umbria, ai 20 della Toscana). Se prima era più alto al sud e più basso al cen­tro nord, e soprat­tutto nelle regioni rosse, adesso si atte­sta dap­per­tutto intorno al 50%. E’ chiara la rela­zione tra aumento dell’astensionismo e fles­sione di voti al Pd.
Il voto al Pd
In ter­mini di voti di lista il Pd è tor­nato ai livelli delle regio­nali del 2010 e delle poli­ti­che del 2013. Ma nella let­tura del voto di lista regio­nale non si può tra­scu­rare che in que­ste ele­zioni si vota sepa­ra­ta­mente per pre­si­dente e liste di par­tito e che per rac­co­gliere voti si creano liste per­so­nali o civi­che che tol­gono voti ai par­titi. Leggi qui l'intero articolo

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da "il Manifesto" del 20 aprile 2015

Erri De Luca: «Attraversare il mare è l’unica scelta»

Intervista di Giuseppe Acconcia  allo scrittore Erri De Luca. «Lampedusa capitale d’Europa»

Abbiamo par­lato della strage nel Canale di Sici­lia con Erri De Luca, autore di «Solo andata», rac­colta di poe­sie sul pro­ta­go­ni­smo e sull’umanità dei pro­fu­ghi che ten­tano di tra­ver­sare il Mediterraneo.
Qual è la sua rea­zione alla noti­zia così tri­ste di cen­ti­naia di morti nel Mediterraneo?
Biso­gna arren­dersi all’evidenza che i flussi migra­tori non sono rego­la­bili. Non si pos­sono met­tere mutande di sicu­rezza all’Europa. Non ci sono riu­sciti gli Stati uniti con il Mes­sico nono­stante si trat­tasse di un con­fine di terra più con­trol­la­bile del nostro. Il risul­tato è che gli anglo­sas­soni non sono più la mag­gio­ranza negli Stati uniti. E que­sto non ha fatto che bene agli Usa che pro­spe­rano; il pre­si­dente Obama ha rego­la­riz­zato milioni di migranti.
Anche l’Italia dovrebbe impa­rare ad acco­gliere i migranti anzi­ché ten­tare di respin­gerli con leggi restrit­tive che ali­men­tano l’immigrazione clandestina?
I flussi non pos­sono essere rego­lati. I migranti sono un’energia poten­tis­sima per il paese che li acco­glie. Ma biso­gna fare un passo in più. Il Medi­ter­ra­neo è dila­niato da guerre nella sponda Sud. Il movente che spinge il pro­fugo a migrare è più forte dei viag­gia­tori che lo hanno pre­ce­duto.
Chi ha la casa in fiamme accetta di but­tarsi nel vuoto. È come se si but­tas­sero dalle fine­stre in mare. Uno dei super­stiti ha dichia­rato ieri che quando è arri­vato sul bordo del mare e ha visto il relitto che lo avrebbe tra­spor­tato non ha avuto altra scelta che mon­tare a bordo. Que­sto è un feno­meno rispetto al quale nes­sun osta­colo sarebbe sufficiente. Leggi qui l'intero articolo
Eppure si invo­cano bloc­chi navali e attac­chi aerei mirati…
Chi invoca le rea­zioni peg­giori, tra cui molti poli­tici che sono stati al potere in que­sti anni, le ha già pro­vate tutte dai respin­gi­menti in mare ai divieti per i pesca­tori di sal­vare i pro­fu­ghi. Ma non capi­scono che nean­che la pena di morte sarebbe un deter­rente suf­fi­ciente…? L’accoglienza non è un atto di bontà ma ha un tor­na­conto economico.
I veri eroi di que­ste ore sono forse gli abi­tanti di Lampedusa?
Lo sco­glio di Punta Sot­tile non è il Sud di niente: è la capi­tale del Medi­ter­ra­neo. Vedendo que­sti viag­gia­tori in estrema urgenza, gli abi­tanti di Lam­pe­dusa pra­ti­cano tutte e sette le opere di mise­ri­cor­dia dal vestire gli ignudi a dare sepol­tura ai morti. Lam­pe­dusa è il nostro amba­scia­tore nel Medi­ter­ra­neo. Loro sono la nostra guida nell’azione. Tanto che il sin­daco

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(Questa intervista, curata da Loris Campetti, sarà pubblicata il 24 aprile in versione cartacea e online sul giornale svizzero di critica sociale Area, edito dal sindacato Unia)

C’è chi lo vedrebbe volentieri alla guida del partito-che-non c’è, a sinistra del Partito democratico che ha assunto il punto di vista dei poteri forti dell’internazionale liberista e della Confindustria, per riportare in Parlamento una rappresentanza del lavoro, dato che oggi i lavoratori non ha più sponde partitiche. È diventato un volto noto nella società italiana e per molti un punto di riferimento.
Buca lo schermo ed entra in sintonia con la parte pulita e bastonata del paese perché parla il linguaggio delle persone che vuole rappresentare, di cui condivide le sofferenze. Alla Fiom non è arrivato dalle scuole quadri della sinistra ma dalla fabbrica. Landini saldatore ha fatto la sua prima battaglia sindacale in un’azienda cooperativa, e al dirigente coop, quando le coop non erano ancora imputate in mille processi giudiziari, che gli diceva: “io e te abbiamo in tasca la tessera dello stesso partito, il Pci”, non puoi esercitare qui il conflitto, lui rispondeva: “Abbiamo la stessa tessera ma io a saldare all’aperto ho freddo lo stesso”.
Maurizio Landini è ostinato, ha in testa il sindacato e non il partito. Un sindacato, va chiarito subito, da rifondare per essere all’altezza dei tempi. Oggi “la maggioranza dei lavoratori non si riconosce nelle nostre strategie e persino tra i lavoratori dipendenti solo una minoranza ha in tasca la tessera di un sindacato”. La frantumazione del mondo del lavoro, lo scatenarsi del dumping sociale e il rischio sempre più concreto del dilagare della guerra tra poveri, la cancellazione dei diritti e il progressivo inaridimento della democrazia, impongono una svolta.
Lo pensa la Fiom che ha lanciato un macigno nello stagno della Cgil, proponendo più democrazia e soprattutto più apertura alle persone che soffrono per le politiche liberiste sposate dal governo Renzi. propone a chi il lavoro non ce l’ha più o non riesce ancora ad averlo, a chi pur lavorando è diventato povero, a chi ha la fortuna di avere un contratto regolare e a chi è precario, sfruttato dalle regole del moderno capitalismo anche se è autonomo o è stato costretto a farsi una partita Iva. Il sindacato dovrebbe aprirsi a queste pluralità e non limitarsi a tutelare i lavoratori dipendenti nel rapporto con l’impresa ma assumere l’intera questione sociale.
L’operaio impoverito dalla crescita delle diseguaglianze dev’essere sostenuto quando rimane senza casa, quando non ha più i soldi sufficienti a curarsi o a mandare a scuola i figli. E la Fiom, di conseguenza, lavora alla costruzione di una “Coalizione sociale” con le

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Riportiamo qui un acutissimo intervento di Walter Tocci all'assemblea della sinistra Pd del 21 marzo scorso a Roma.
Acutissimo e chiarissimo per l'analisi che fa delle riforme elettorali e costituzionali di Renzi, amarissimo per i destini del partito democratico e per l'azione della sua ala sinistra.
Da leggere.

domenica 22 marzo 2015
A proposito di parricidio

di Walter Tocci
Intervento all'assemblea delle minoranze "A sinistra nel Pd", Roma, Acquario, 21-3-2015

Porto un dubbio in questa assemblea. Abbiamo saputo svelare la posta in gioco? Temo di no. Abbiamo accettato la frantumazione dei problemi: il bicameralismo, la legge elettorale, il Titolo V, ecc. Ma se si mettono insieme i pezzi del puzzle emerge una nuova figura istituzionale. Si cambia la forma di governo, senza neppure dirlo. Si realizza quel premierato assoluto che Leopoldo Elia paventava ai tempi di Berlusconi.
Non serve parlare genericamente di svolta autoritaria, rimaniamo ai fatti. All’aumento dei poteri dell’esecutivo non corrisponde un parallelo rafforzamento dei contrappesi, che anzi diventano più deboli di prima, quando c’era la democrazia parlamentare.
Un leader minoritario che raccoglie il 20-25% dei voti reali conquista il banco e insidia i massimi organi di garanzia costituzionale.
Il premio di maggioranza può essere utilizzato non solo per governare, che è legittimo, ma anche per consegnare allo spirito di fazione la legislazione sui diritti fondamentali, sulla libertà di stampa, sull’autonomia della Magistratura, sull’accoglienza dei migranti, sulla pace e la guerra.
Il capo del governo è legittimato direttamente dal voto popolare mentre il Parlamento è più delegittimato di prima, perché in gran parte nominato dal ceto politico regionale al Senato e dai capi corrente alla Camera.
Questo squilibrio di poteri non ha paragoni in Europa. Infatti, Renzi dice che ce lo copieranno. Ma è l’ennesima anomalia italiana che sbarra la strada verso una democrazia matura.
Le nostre critiche hanno riguardato i dettagli ma non il sistema. Perciò è apparso perfino eccessivo uscire dall’aula solo per le preferenze. Se il dissenso è debole nei contenuti e duro nelle forme si rischia di scivolare nello sterile antirenzismo che non viene compreso neppure dalla nostra gente. Anche perché abbiamo separato il tema istituzionale dalla società.
Il premierato assoluto è già in atto: nel governo che comanda sulla Rai; nel preside che comanda sugli insegnanti; nei ministri che comandano sui dirigenti sottoposti allo spoil system selvaggio; nei burocrati ministeriali che frenano i soprintendenti nella tutela del paesaggio; nei fondi internazionali che sottraggono le banche popolari ai territori; nello Stato che toglie poteri alle regioni aumentando il contenzioso; nella “manina” che cancella la frode per salvare gli evasori; nell’imprenditore che licenzia il lavoratore dicendo il falso in tribunale sulla crisi dell’azienda. 
Nel Jobs Act si è visto il premierato perfetto: il governo propone una delega vaga, col voto di fiducia impedisce ai suoi parlamentari di precisarla e scrive

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