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QUIRINALE. Il presidente da Rio traccia l’agenda globale: ambiente, migranti e multilateralismo. Un discorso che provincializza i sovranismi leggendo le sfide in chiave globale

Mattarella e il modello Brasile: «Da voi lezione di cittadinanza» Sergio Mattarella - Ansa

Mentre a Strasburgo Ursula Von der Leyen disegna i punti programmatici della nuova commissione europea, Sergio Mattarella a Rio de Janeiro parla al Centro brasiliano per le relazioni internazionali e accenna i tratti di un’agenda della politica globale che per molti versi confligge con le indicazioni della destra. Sono questioni di buon senso, evidenti a chiunque non sia preso da fanatismo ideologico di fronte ai processi globali, che nel dibattito corrente paiono quasi eccentriche .

A PARTIRE dalla questione della cittadinanza. Il presidente della Repubblica, mette in evidenza il provincialismo degli xenofobi di fronte ai grandi processi di mobilità. «Il Brasile dà una lezione di civiltà – dice Mattarella – Non soltanto con l’accoglienza e la crescita sociale dei migranti, anche con la capacità di rendere cittadini persone venute da tante parti del mondo tutti brasiliani, autenticamente e orgogliosamente brasiliani, pur sapendoli di origini e di antenati di altri paesi». A questo proposito, racconta uno scambio avuto con un non meglio specificato leader di stato sovranista: «Qualche tempo fa un presidente di una Repubblica europea mi ha detto ‘Noi stiamo difendendo la genuina identità autentica degli europei’ – rivela – Io gli ho risposto: ‘Noi dall’epoca dell’impero romano abbiamo subito immigrazioni e invasioni, lo stesso impero romano era frutto comunanza etnie, di popolazioni e realtà differenti’. Questo è avvenuto nel corso del tempo e dei secoli e il risultato finale non ci dispiace affatto».

INSOMMA, DALL’ALTRA parte del mondo, dove vive la più grande comunità di origine italiana, Mattarella disegna ampi scenari e sfugge agli, spesso asfittici, dibattiti nazionali. «Vi è da pensare in termini innovativi, il mondo ha bisogno di energie nuove – è la sua indicazione – I vecchi protagonisti non sono da accantonare, ma sono insufficienti e inadeguati per i problemi globali che il mondo presenta». Il riferimento è alle forme della governance globale, che devono rinnovarsi per scongiurare il ritorno degli stati nazionali in forme aggressive. «Per evitare il ritorno a concezioni dell’Ottocento, del Settecento, come sta avvenendo in Europa – prosegue Mattarella – C’è bisogno di nuovi protagonisti della vita internazionale». E ancora: «Il mondo ha bisogno di energie nuove. I vecchi protagonisti sono inadeguati per i problemi globali». «Nel mondo di oggi, diciamo la verità, la democrazia non gode di buona salute», afferma Mattarella citando papa Bergoglio. E di fronte al fatto che «non possiamo rassegnarci alla guerra», esorta ancora a guardare ciò che avviene in Ucraina non dal punto di vista di una «crisi regionale». «La crisi è globale – sostiene Mattarella – perché globali sono sia la gravità dell’attentato alla convivenza internazionale commesso dalla Federazione Russa sia le responsabilità dell’aggressore, che è membro permanente del Consiglio di sicurezza».

IL CAPO DELLO STATO ricorda la nascita, nel 1955 in Indonesia, del Movimento dei ‘non allineati’ che cercava di sottrarsi al dominio delle superpotenze. Chiede alle democrazie del Sud del mondo, Brasile, India, Sudafrica e Indonesia, un «passo in avanti»: serve allinearsi sulle «buone cause» come la costruzione della pace, la lotta alla fame nel mondo, alle disuguaglianze. E il cambiamento climatico: «Se vogliamo lasciare alle future generazioni un pianeta dove l’umanità possa vivere e prosperare in pace, dovremo compiere, tutti insieme, progressi decisivi verso un sistema di vita eco-compatibile», dice Mattarella. Da questo punto di vista, il presidente elogia Lula: «Guardiamo con grande interesse alle iniziative che nell’ultimo biennio il Brasile ha rinnovato in una logica di contrasto ai cambiamenti climatici e di tutela dei numerosi biomi naturali presenti nel paese. Tra essi, il mio pensiero non può che andare alla foresta amazzonica, sterminato patrimonio di biodiversità, il cui tasso di deforestazione è notevolmente diminuito nel corso dell’ultimo anno e mezzo, a beneficio di noi tutti». Da qui discende «l’urgenza di una transizione verde che sia concreta, pragmatica, sostenibile ed efficace» perché «per troppo tempo abbiamo affrontato in modo inadeguato la questione della tutela dell’ambiente e del cambiamento climatico»