Tensione tra Meloni e Giorgetti. Il ministro apre a un nuovo taglio senza consultare la premier. Che corre dai Tg della sera
Giorgia Meloni - Ansa
Lo sciopero di due giorni dei benzinai, decisione per la verità non del tutto inattesa, è la goccia che porta quasi fuori controllo la tensione nel governo. Così, al termine di una giornata livida e confusa, il taglio delle accise diventa un’assurda partita di giro. L’aumento del prezzo dei carburanti determinerà un extragettito Iva. Quell’extragettito, ha deciso ieri il cdm, servirà proprio a tagliare le accise. Un valzer che denota per intero lo stato confusionale in cui versa il governo dopo il passo falso sulle accise. Viene inoltre prorogato sino al 31 dicembre il termine per la norma che permette ai datori di lavoro di distribuire buoni benzina sino a 200 euro non conteggiati nel salario. Il ministro Lollobrigida aveva anticipato la scelta annunciando «correttivi a protezione delle categorie produttive». Il «correttivo» c’è ma è poca cosa.
Mai dal giorno dell’insediamento a palazzo Chigi Giorgia Meloni era apparsa tanto nervosa e insicura come nelle due interviste lampo al Tg1 e al Tg5 decise all’ultimo momento, in piedi nel cortile del palazzo, senza dire nulla che non avesse già detto: «Bisognava scegliere tra tagliare le accise anche ai ricchi o concentrare le risorse a disposizione sui redditi medio bassi Si continua a dire che la benzina è a 2,5 euro mentre è a 1,8. L’opposizione fa il suo lavoro ma non è vero che abbiamo parlato di cancellazione delle accise: solo di sterilizzazione. Non è neppure vero che stiamo facendo scaricabarile con i gestori, che nella stragrande maggioranza si comportano bene. Tutto quello che stiamo facendo serve a calmierare l’inflazione». Come si possa abbassare l’inflazione determinando l’aumento della voce che più di ogni altra determina l’aumento dei prezzi, il costo del carburante, Giorgia Meloni non lo spiega.
Il nervosismo è del tutto giustificato. Lo sciopero dei gestori è materiale altamente infiammabile che piove sull’incendio della benzina. Il sottosegretario Mantovano ha convocato per stamattina le associazioni dei gestori che non escludono di cancellare lo sciopero. Dipenderà da cosa offriranno i ministri interessati, Giorgetti e Urso. La cancellazione del decreto trasparenza – l’obbligo di affiggere il prezzo medio dei carburanti che ha scatenato l’ira dei gestori – non sembra probabile ma quasi certamente il governo rivedrà il decreto.
La maggioranza è molto più divisa di quanto la premier sia disposta ad ammettere. L’insistenza di Lega e Fi per tornare al taglio delle accise è discreta ma pressante. Il ministro Giorgetti, senza consultarsi con la premier ma con la piena approvazione di Salvini, coglie l’occasione offerta dal question time al Senato e si lancia: «Il governo si riserva di adottare misure di riduzione delle accise in relazione all’incremento verificato dei prezzi dei carburanti». Il responsabile del Mef difende la decisione del governo, ricorda che la situazione di oggi è molto diversa dal momento in cui Draghi decise il taglio delle accise. Ma di fatto apre uno spiraglio. È a questo punto che la premier decide di riprendere le redini e rilasciare le due interviste che correggono Giorgetti. Da Chigi assicurano che l’assonanza è piena. Ma sta di fatto che i due non dicono la stessa cosa e la prospettiva di Giorgetti, tornare al taglio in caso di impennata dei prezzi, potrebbe richiedere tempi più celeri di quelli previsti dalla partita di giro sull’extragettito decisa dal governo.
Ma a spiegare il nervosismo di queste ore non ci sono solo considerazioni interne alla maggioranza. I problemi più seri, anzi, sono altrove. I sondaggisti concordano: la popolarità del governo rischia di risentire seriamente del colpo. Per Mannheimer potrebbe costare 2 punti. Inoltre le categorie più inviperite con il governo di destra sono tradizionalmente parte importante della base elettorale della destra stessa. Infine l’eventualità che la misura porti a una crescita invece che alla diminuzione dell’inflazione è uno spettro tutt’altro che fugato. Per questo ieri era impossibile evitare la sensazione che il governo stia cercando una strada per tornare almeno parzialmente indietro senza doverlo ammettere