"È una guerra criminale", dice, ma è del tutto contraria all'invio di armi, che alimenta l'escalation del conflitto. A colloquio con Luciana Castellina, giornalista, scrittrice, più volte deputata, presidente onoraria dell'Arci
Militante politica, giornalista, scrittrice, più volte parlamentare, eurodeputata, presidente onoraria dell’Arci. Forse ad alcuni il nome di Luciana Castellina non dice niente ma per altri è tutto questo e molto altro: compagna, pacifista, pasionaria della sinistra, comunista. Ma soprattutto persona coerente, dotata di onestà intellettuale, una che argomenta e poi agisce di conseguenza e che per questo finisce spesso nel mirino, lei, le sue idee, le sue prese di posizione. Come quelle sulla guerra in Ucraina, che ci illustra dopo
averci accolto in casa e messo a nostro agio con affabilità e semplicità, come se ci conoscesse da una vita.
Luciana parla senza filtri e senza fronzoli e il suo ragionamento è lucido: non è assolutamente equidistante da Putin e dall’Ucraina, perché questa “è una guerra criminale” dice, ma è del tutto contraria all’invio di armi, che alimenta l’escalation del conflitto. Sostiene che l’Occidente, la Nato e l’Europa hanno delle responsabilità, convinzione per la quale è stata anche accusata di essere amica di Putin, e che bisogna arrivare a un negoziato, ruolo che sarebbe spettato alla Ue. Fa una lettura limpida di quanto sta accadendo alle porte dell’Europa e di come ci siamo arrivati.
E non risparmia le autocritiche: “I pacifisti sono bravissimi quando esplodono le guerre o si impiantano missili, ma sono poco attenti alla politica. Le ultime grandi mobilitazioni ci sono state nel 2003 per la guerra in Iraq, quando il New York Times titolò: è nata la seconda potenza mondiale, che era il pacifismo. Dopodiché abbiamo lasciato perdere. C’è stata disattenzione, ma quando scoppia la guerra è tardi ormai, non si riesce a fermare”.
Il suo auspicio però è quello di tutti, e cioè che questo conflitto si interrompa e si raggiunga un compromesso. “Comincio a essere veramente preoccupata perché il rischio di una deflagrazione nucleare è molto vicino – ci confida -. I combattimenti si svolgono nella zona del mondo dove è più fitta la presenza delle centrali atomiche e questo sembra un pericoloso gioco di Risiko”.