L'80 per cento degli intervistati dall'Osservatorio Futura conosce i cambiamenti climatici, ma non ha fiducia nei negoziati perché non portano a soluzioni
Foto: L'esondazione del torrente Re (Brescia), di Matteo Biatta / Sintesi
Quanto ne sappiamo di crisi ambientale e cambiamenti climatici? E quanto li consideriamo importanti per il nostro futuro e per quello del pianeta? A giudicare dai risultati dell’indagine demoscopica realizzata dall’Osservatorio Futura della Cgil la risposta è tanto. Il tema è molto noto all’80 per cento degli intervistati (800 persone maggiorenni), mentre solo il 20 per cento non ne sa abbastanza, ed è rilevante per i tre quarti del campione: solo una piccola quota lo ritiene marginale. Quindi un problema che è ben presente agli italiani, li impensierisce e li preoccupa.
Consapevolezza e attenzione
“Questo dato conferma che nella popolazione c’è una forte consapevolezza dei cambiamenti climatici, elemento che contrasta con la scarsa, anzi quasi nulla, attenzione della politica – dichiara Simona Fabiani, responsabile delle politiche per il clima, il territorio e l'ambiente, trasformazione green e giusta transizione della Cgil -. Da una parte c’è la società civile, i giovani dei Fridays for Future che percepiscono il climate change come una questione rilevante, dall’altra la politica che lo trascura e prende decisioni in direzione diametralmente opposta alla lotta e al contrasto”.
Focus eventi estremi
Entrando nel dettaglio del sondaggio, si scopre che le conseguenze maggiormente avvertite del riscaldamento globale sono i fenomeni metereologici estremi, come alluvioni e inondazioni, citati da circa l’80 per cento del campione. Molto conosciuti anche l’impatto sulle piogge e la siccità, seguiti dall’innalzamento dei mari con la conseguente erosione delle coste, a pari merito con le ondate di calore e l’aumento della mortalità.
“Dall’ultima tragedia che si è consumata a Ischia a tutti gli eventi estremi che colpiscono sistematicamente il nostro Paese, dalle frane, al dissesto del territorio, gli italiani dimostrano di avere una grande consapevolezza di questi problemi – aggiunge Fabiani -. Ma anche qui dobbiamo sottolineare come i governi non agiscano sul fronte della prevenzione e della mitigazione. Si parla sempre, troppo spesso, solo di ricostruzione ma non si fa nulla per ridurre l’impatto e le cause dei disastri. Continuando di questo passo, la conta delle calamità e dei morti sarà sempre maggiore”.
Cop 27, questa sconosciuta
Il sondaggio ha indagato anche la conoscenza che gli italiani hanno della Cop 27, la Conferenza della parti delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si è tenuta a novembre a Sharm el-Sheikh. Ebbene, solo il 7 per cento del campione si dichiara molto informato, il 49 lo è parzialmente, il 29 intende informarsi meglio. Il restante 45 per cento ha un’idea molto vaga, non è per niente informato o non esprime un’opinione. Inoltre, chi ha seguito anche sommariamente gli sviluppi concorda nell’affermare che i risultati conseguiti sono minimi e che si è in generale lontani dal trovare una soluzione concreta e politica al problema.
Sfiducia nei negoziati
“Pur avendo ben chiari cause ed effetti dei cambiamenti climatici, le persone sanno davvero poco di quello che si discute e si fa alle conferenze internazionali - dice ancora Fabiani -. Questo dimostra da un lato che probabilmente l’informazione non dà sufficiente spazio ai summit, dall’altro che c’è sfiducia nei confronti di questi negoziati. Una sfiducia più che giustificata: sono 27 anni che le Cop non portano a risultati concreti. Inoltre, non prevedono la partecipazione attiva della società civile, dei movimenti, dei sindacati, che dovrebbero e vorrebbero partecipare e dare il proprio contributo”.
Le azioni da fare
Ma su che cosa dovrebbero concentrarsi i negoziati Onu sul clima? Secondo gli intervistati, è urgente eliminare le fonti fossili, rispettare i diritti umani, incentivare l’equità, aiutare i Paesi in via di sviluppo. Le azioni che la politica può intraprendere sono tante: sostenere la ricerca per lo sviluppo di tecnologie e competenze green, promuovere l’economia circolare, investire nelle rinnovabili e sostenere la transizione ecologica. Ma anche il singolo può fare molto: può puntare sulla raccolta differenziata, introdurre miglioramenti per l’efficientamento energetico nella propria abitazione, limitare l’uso dell’auto e impiegare i mezzi pubblici.
Sindacati in prima linea
“Le risponde fornite dimostrano che equità e giustizia sociale sono vissute in modo strettamente connesso, che non c’è giusta transizione senza rispetto dei diritti umani – conclude Fabiani -. E poi c’è una lettura positiva della transizione, come di un’opportunità che però il nostro Paese rischia di non cogliere. Infine, è interessante quel 55 per cento del campione che ritiene rilevante e determinante il ruolo del sindacato nel contrasto ai cambiamenti climatici: noi ci stiamo lavorando da anni e ne siamo convinti al cento per cento”.
Tra le azioni che si richiedono ai sindacati per contrastare il cambiamento climatico, rafforzare il confronto con il governo e gli enti locali, fare contrattazioni con le aziende per ridurre l’impatto ambientale, avere un ruolo attivo nell’informare imprese, lavoratori e cittadini sulle opportunità riconducibili ai temi economico-ambientali.