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CRISI UCRAINA. L’inchiesta del Die Zeit e di tre tv pubbliche tedesche svela i dettagli. Ma Scholz tace. Sentiti i servizi di vari paesi: sei persone, tanto esplosivo e uno yatch dalla Polonia

«Ucraini contro il Nord Stream». Le intelligence lo sapevano già Il sabotaggio del Nord Stream 2

Uno yacht noleggiato da un’impresa polacca intestata a due ucraini ritrovato in un’isola danese con tracce di esplosivo a bordo. Cinque sub e una dottoressa con un furgone zeppo di «attrezzature speciali» presenti al porto di Rostock 20 giorni prima dell’attacco al gasdotto. L’informativa top-confidential spedita lo scorso autunno da «un servizio di intelligence occidentale» ai partner europei in cui si profilava il sabotaggio del Nord Stream per mano di un imprecisato «gruppo ucraino»: esattamente l’ipotesi del New York Times.

SONO I TRE CARDINI attorno a cui ruota l’inchiesta giornalistica congiunta del settimanale Die Zeit con i canali della tv pubblica ArdSwr e Rbb che restituisce l’inedita versione tedesca del «mistero» del Nord Stream. In attesa della chiusura del fascicolo giudiziario sull’«attentato terroristico» aperto dalla procura di Karlsruhe, da cui continua a non trapelare nulla più di «finora nessuna prova del coinvolgimento della Russia».

La ricostruzione dei reporter tedeschi si basa sulle testimonianze degli investigatori dei Paesi impegnati nelle diverse indagini sulle esplosioni che il 26 settembre 2022 hanno distrutto tre dei quattro rami della pipeline di Gazprom. Sulle modalità non hanno dubbi: «È stata un’operazione sotto copertura portata a termine da una squadra di sei persone composta da un capitano, due sommozzatori, due assistenti-sub e un medico donna che ha trasportato gli esplosivi nel luogo di utilizzo».

Nessun indizio sui mandanti né sulla nazionalità degli autori: «Avevano passaporti falsi», specifica l’inchiesta secondo cui lo yacht sarebbe stato noleggiato da «una società con sede in Polonia apparentemente di proprietà di due ucraini».

MENTRE VIENE individuata con precisione la data-chiave dell’operazione: «Il gruppo è salpato da Rostock il 6 settembre 2022. L’attrezzatura per l’azione era stata precedentemente trasportata al porto a bordo di un furgone. Lo yacht è stato segnalato il giorno dopo a Wieck auf dem Darss (Germania) e successivamente sull’isola danese di Christiansø, a nord-est di Bornholm.

L’imbarcazione è stata restituita al proprietario con tracce di esplosivi sul tavolo della cabina». Per certificare il “come” e “quando” del sabotaggio i cronisti tedeschi hanno consultato fonti da diversi Paesi.

«Le agenzie di sicurezza di Germania, Danimarca, Svezia, Paesi bassi e Stati uniti sono state coinvolte nell’indagine sulla distruzione del Nord Stream», precisa Die Zeit. Senza escludere la possibilità teorica di essere incappati in una false-flag architettata a Mosca, sebbene «chi ha investigato non ha trovato elementi a supporto di questo scenario».

A BERLINO il governo Scholz non commenta l’inchiesta dei media nazionali. In compenso il portavoce fa sapere che ha «preso nota del recente rapporto del New York Times» nel rispetto della «sovranità sulle indagini della procura federale». Oltre che delle autorità giudiziarie di Svezia e Danimarca, le cui acque territoriali intersecano il quadrante di mare investito dalle esplosioni. Insieme alla Germania «alcuni giorni fa hanno informato il Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla mancanza di esito dei procedimenti giudiziari in corso».

È pur sempre una novità rispetto alla consegna del silenzio totale adottata dal governo Scholz dopo la pubblicazione del primo dossier sul sabotaggio di Seymour Hersh. Anche se a Berlino confidano sempre nei debunker con la spunta blu pronti a sgonfiare qualunque bufera mediatica a danno degli alleati.

Per ridimensionare il Pulitzer era bastata la piroetta di Der Spiegel (da «celebre cronista investigativo» a «controverso reporter») ma sarà davvero impossibile far passare per congetture l’inchiesta del magazine progressista di Amburgo in collaborazione con tre tv pubbliche.

ANCHE PERCHÉ non si può mettere la sordina alle informazioni che rimbalzano male tra le sponde del Baltico. Lo dimostra il caso di Jakob Berger Nielsen, capo della procura danese: il 21 febbraio ha fatto sapere di aver incriminato «un ex avvocato» per divulgazione di segreti di stato della Danimarca guardandosi bene dal fare il suo nome.

Risultato: tutti hanno indicato Claus Hjort Frederiksen, 75 anni, ex ministro della Difesa, che conferma via Facebook. Spiegando che l’informazione spifferata è che la Nsa ai tempi del governo Obama (vicepresidente Biden) spiava il telefono di Angela Merkel con la complicità di Copenhagen. Attraverso i cavi telefonici posati in acque danesi passavano le conversazioni riservate della cancelliera. Anche quelle sul Nord Stream