Agli «Stati generali della natalità», ragazze e ragazzi delle superiori contestano la ministra della Famiglia Roccella e le politiche «prolife» del governo. Apriti cielo. Lei se ne va e parte un coro sdegnato, cui si unisce il presidente Mattarella: i «censori» sarebbero gli studenti
DISSENTI CHI PARLA. Agli Stati generali della natalità la contestazione degli studenti alla ministra, annunciata da giorni. Cori e cartelli, e lei se ne va
La contestazione alla ministra Eugenia Maria Roccella durante gli Stati Generali della Natalità - foto LaPresse
Come ogni anno, le contestazioni agli Stati generali della natalità erano state più che annunciate. Lo stesso Gianluigi De Palo, organizzatore dell’evento e attivista per la famiglia di lunghissimo corso, aveva commentato tre giorni fa il post su Instagram in cui il collettivo transfemminista Aracne lanciava la mobilitazione, risalente al 19 aprile scorso, chiedendo: «Come posso mettermi in contatto con voi?». Insomma tutti sapevano quando, perché e come ci sarebbero state le contestazioni, che avvengono ogni anno dato il parterre ricchissimo e i temi sensibili che vengono affrontati nei panel di discussione, e soprattutto chi le avrebbe fatte: ragazzi e ragazze delle scuole superiori.
Non erano neanche tanti, una cinquantina, dicono gli studenti, «erano 15» dichiara De Palo alla stampa, facendo sorgere di conseguenza la domanda: la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella ha davvero abbandonato l’evento per dei cartelli e dei cori («Buuuu», «Vergogna», «ma quale stato ma quale dio, sul mio corpo decido io», «fuori i provita dai consultori») di una manciata di ragazzini nella vasta platea dell’auditorium Conciliazione? De Paolo, nello schierarsi naturalmente con la ministra («la contestazione in sala era benzina in un contesto di questo tipo») ammette però anche che «nessuno ha cacciato nessuno».
La scatola è vuota ma la colpa è di chi lo grida
«Voglio chiarire perché le parole sono importanti, come diceva Nanni Moretti: chi contestava la ministra Roccella voleva solo intervenire per interromperla e per avere visibilità, una volta ottenuta sono usciti, quindi noi non li abbiamo cacciati». E nessuno ha cacciato la ministra.
NEL POMERIGGIO, RIUNITI in assemblea alla Sapienza con
Leggi tutto: Roccella si caccia da sola - di Luciana Cimino
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IL DDL CASELLATI. La premier sceglie la platea di un convegno per presentare la riforma su cui punta Fdi. Avs, Pd e 5s: il nuovo testo contraddice la separazione dei poteri con le Camere elette a traino del premier
Giorgia Meloni al convegno sul premierato - Ansa
«Non tutti sono condannati a essere intelligenti» amava ripetere Carlo Emilio Gadda. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha infatti deciso di far organizzare alla maggioranza un grande convegno alla Camera sul premierato elettivo, con il suo più ampio intervento su questa riforma, proprio nel giorno in cui il ddl Casellati ha iniziato il proprio iter nell’Aula del Senato. Un modo neanche troppo celato di sminuire il peso del Parlamento. In qualche modo anticipando lo spirito stesso del premierato che Meloni ha detto di voler approvare, visto che le opposizioni – a suo modo di vedere – non sono disponibili al dialogo.
IN SENATO in mattinata si è consumata quello che a questo punto è risultata essere solo sbiadita liturgia. Il ddl Casellati ha iniziato il percorso a Palazzo Madama con il voto su tre pregiudiziali presentate da Avs, Pd e M5s. Tutti e tre i documenti hanno sottolineato che la riforma contraddice il principio costituzionale cardine della separazione dei poteri, visto che il Parlamento sarà eletto a traino del premier, facendo sì che nelle mani di questi finiscano anche i poteri di eleggere il Presidente della Repubblica, i cinque giudici della Corte costituzionali e i membri laici del Csm. Ovviamente la maggioranza ha bocciato le pregiudiziali, sulle quali Iv si è astenuta, non ritenendo incostituzionale il ddl Casellati, seppur non condivisibile. Una scelta curiosa, ha osservato in Aula Dario Parrini (Pd), dato che Matteo Renzi ha definito il ddl Caselalti uno «schifezzellum».
Avanti sulla riforma «in punta di piedi». Come un panzer
TUTTAVIA TUTTE LE OPPOSIZIONI hanno presentato emendamenti, che hanno raggiunto quota 3mila (1.300 il Pd, 1.400 Avs, 180 M5s, 30 Azione, 14 Iv). Per la maggioranza non sarà dunque una passeggiata. Anche perché gli iscritti in discussione generale sono
Leggi tutto: Meloni sfoggia il Premierato ma snobba il Parlamento - di Kaspar Hauser
Commenta (0 Commenti)Per Netanyahu non esistono linee rosse, parte l’offensiva su Rafah. I carri armati israeliani occupano il valico e bloccano gli aiuti: Gaza isolata. L’Onu implora gli alleati di fermare Tel Aviv. Il premier diviso tra gli appelli del mondo e le pressioni dell’ultradestra
Attacco da est e da sud, raid ovunque. Gli aiuti non entrano più: «L’Onu se ne vada». Inascoltati gli appelli globali, Biden si arrampica sugli specchi: «Sarà un’operazione limitata»
I carri armati israeliani entrano al valico di Rafah - Ansa
«Ho 69 anni e mai nella mia vita ho visto un bombardamento così, e ne ho viste di guerre. Ma nessuna come questa. Vorrei davvero andarmene, ma non posso». È la testimonianza ad al Jazeera di un uomo dopo una delle notti peggiori che Rafah ricordi.
NON RESTA niente delle esplosioni di gioia di qualche ora prima, di lunedì pomeriggio, quando il sì di Hamas alla tregua aveva fatto sognare a Gaza un po’ di sollievo. Al posto della speranza, è partita la marcia su Rafah. La prima notte ha significato una pioggia di bombe e 24 uccisi (sei bambini), il giorno dopo l’occupazione israeliana del valico con l’Egitto: è la morte lenta, quella per fame e mancanza di medicine, perché il valico chiuso vuol dire che non entra carburante per i camion e che non esce nessuno, né malati né feriti.
Da Rafah entra la benzina, da Kerem Shalom gli aiuti umanitari. Israele ha chiuso anche quello, «ragioni di sicurezza», espressione che i palestinesi conoscono bene: non vuol dire niente. Da 24 ore Gaza è definitivamente sigillata, impermeabile.
Il valico è sotto il controllo della 401° brigata dell’esercito israeliano. L’offensiva via terra si muoverà su due direttrici, da est e da sud, lì sono dispiegati i carri armati. La loro presenza, da sé, ha generato il panico tra il milione e mezzo di palestinesi che in questi mesi è stata spinta sempre più giù dagli ordini di evacuazione, confusi e disordinati.
I volantini che ordinano di spostarsi verso la costa, ad Al Mawasi dove l’esercito ha messo su un ospedale da campo e delle tende, cadono dai caccia israeliani, dicono di evacuare i
Leggi tutto: Rafah in trappola, è partita l’offensiva. Israele occupa il valico - di Chiara Cruciati
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Casteldaccia: Vigili del fuoco e sanitari presso l’incidente mortale sul lavoro - foto di Igor Petyx/Ansa
Tre operai erano nella vasca della fogna, in mezzo alla melma. I corpi esanimi di altri due, nel solaio in cemento. Un sesto operaio è riuscito a risalire in superficie, ma è in coma al Policlinico di Palermo. Nell’aria un odore nauseabondo. Si sentiva anche a 40 metri di distanza. Una strage sul lavoro. L’ennesima. Tutto è avvenuto a Casteldaccia, piccola cittadina a 25 chilometri da Palermo. La Procura di Termini Imerese ha aperto un’inchiesta. Si aspetta l’autopsia sui cadaveri, ma pare non ci siano dubbi: i 5 operai sono morti per intossicazione. Hanno respirato, in quello spazio confinato, idrogeno solforato, un gas provocato dalla fermentazione dei residui organici. «Era dieci volte superiore al limite consentito», dice Girolamo Bentivoglio Fiandre, comandante provinciale dei vigili del fuoco che ha coordinato 4 squadre intervenute per i soccorsi.
QUANDO I SOMMOZZATORI sono entrati nella vasca, con 80 centimetri di melma, hanno trovato i corpi di tre lavoratori, gli altri due erano a una manciata di metri sopra la loro testa. «I sanitari del 118 hanno tentato di rianimarli, ma senza esito», afferma l’ispettore dei pompieri Francesco Cruciata, in prima linea nelle operazioni di recupero dei corpi. Nessuno degli operai avrebbe indossato mascherine e dispositivi di protezione, obbligatori per legge. Le vittime sono Epifanio Alsazia, 71 anni di Partinico, contitolare della ditta Quadrifoglio group srl, che aveva vinto l’appalto dell’Amap, l’azienda di Palermo, per i lavori di manutenzione della vasca fognaria; Giuseppe Miraglia di 47 anni originario di San Cipirrello (Palermo), Roberto Raneri di 51 anni di Alcamo (Trapani), Ignazio Giordano di 59 anni e Giuseppe La Barbera, 26 anni, lavoratore interinale dell’Amap, la stazione appaltante. Un sesto operaio, Domenico Viola, 62 anni, è grave al Policlinico.
ALTRI TRE operai l’hanno scampata, non si sono calati nel
Commenta (0 Commenti)È la prima di cinque giornate di sciopero dei giornalisti. Per la libertà di informazione, contro la precarietà. Saccone, Slc: “Siamo al loro fianco”
Oggi, 6 maggio, incrociano le braccia i giornalisti e le giornaliste della Rai. È la prima delle cinque giornate di mobilitazione proclamate dall’Assemblea dei Cdr e dei fiduciari di redazione a larghissima maggioranza (8 i contrari e un astenuto). Ma non è solo l’Azienda pubblica ad essere colpita.
Certo non siamo né la Polonia e nemmeno l’Ungheria – vorrebbe da dire per il momento – ma dal punto di vista della libertà di informazione non ce la passiamo tanto bene, anzi peggioriamo. A certificarlo è l’Ong Reporters Sans Frontières che ha appena pubblicato la classifica 2024 per la libertà di stampa e l’Italia retrocede di ben cinque postazioni. Certificando ciò che da tempo dicono giornalisti e giornaliste, sindacati, associazioni e quanti hanno a cuore l’articolo 21 della Costituzione che non solo tutela la libertà di informare ma anche quella di essere informati.
Al Cairo proseguono frenetici i negoziati, ma l’intesa stenta a decollare: Hamas insiste sul cessate il fuoco permanente, Netanyahu non vuole rinunciare ad andare fino in fondo con l’attacco a Rafah. E anche ieri Israele ha condotto pesanti raid aerei su tutta Gaza
STRISCIA DI SANGUE. Più fonti danno per sicura l’approvazione da parte di Hamas del cessate il fuoco, ma Israele non vuole fermare la guerra. Raid aerei su Nuseirat e altre città della Striscia. Uccisi 5 combattenti palestinesi a Deir Ghusoun
In poche ore ieri, mentre la delegazione di Hamas giunta al Cairo discuteva con i mediatori egiziani della proposta di tregua con Israele, sono scattati violenti attacchi aerei su diverse aree di Gaza. Gli F-16 e i droni israeliani hanno sganciato bombe ad alto potenziale sul campo profughi di Nuseirat, di recente uno dei più presi di mira perché, afferma Israele, «roccaforte» di uno dei due battaglioni di Hamas nell’area centrale della Striscia (gli altri quattro sarebbero a Rafah). Morti e feriti sono stati estratti poco dopo in una casa in via Ahmed Yassin, nella zona di Al-Saftawi, nel nord di Gaza.
Un’altra casa è stata colpita in pieno nelle vicinanze della stazione di polizia in via Salah al Din e bombe hanno centrato la moschea di Al Fukhari, a est di Khan Younis, e le località di al Mughraqa e az-Zahra. L’artiglieria invece ha martellato le aree settentrionali di Beit Lahiya. In quelle stesse ore in Cisgiordania, a Deir al Ghusoun (Tulkarem), sono stati uccisi cinque combattenti palestinesi. Il portavoce israeliano parla di «operazione antiterrorismo». L’esercito ha imposto il coprifuoco, poi ha circondato e infine distrutto con le ruspe e lanci di razzi anticarro due abitazioni dove avevano trovato rifugio i combattenti palestinesi.
Questo triste concerto per cacciabombardieri, artiglieria e carri armati ha accompagnato una giornata che pure è stata definita fin dalle prime ore quella «giusta» per la tanto attesa – da oltre due milioni di civili – tregua a Gaza. Riportate prima dal giornale saudita Sharq e poi dai media israeliani e palestinesi, le indiscrezioni hanno riferito di Hamas ben disposto ad accettare la proposta egiziana per il cessate il fuoco. Voci seguite al pressing senza sosta che gli Stati uniti, per bocca del Segretario di stato Blinken – «tra la tregua e la popolazione di Gaza c’è solo Hamas», ha detto più volte –, l’Egitto e in parte il Qatar hanno esercitato sulla leadership politica dell’organizzazione militante palestinese.
Quindi sono emersi nuovi particolari della bozza di intesa. Consisterebbe in tre fasi di
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