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Decine deputati che abbandonano L’ex premier è andato via in Spagna, a insegnare. Molti altri lasciano preferendo incarichi gli enti locali

Fuga dal parlamento inutile. Non solo Letta: la vita è fuori Un momento della discussione generale sulla legge di Bilancio nell'aula del Senato – Roberto Monaldo / LaPresse

Si potrebbe fare del 20 dicembre scorso, un venerdì, la data simbolo dell’irrilevanza del parlamento. In quello stesso giorno, infatti, ci sono state due votazioni emblematiche. L’aula della camera dei deputati ha votato prima la fiducia – l’ennesima – posta dal governo sulla manovra, nonché a sera il disegno di legge di bilancio nel suo complesso. Un provvedimento che ha visto prima marginalizzata la Commissione bilancio (le trattative sono avvenute tutte in sede ministeriale e politica, cioè extraparlamentare) e poi ammutolita l’aula, chiamata solo a sancire a scatola chiusa il provvedimento, senza nemmeno poterla discuterla. Non si dica modificarla, no, neanche esaminarne i contenuti.

A mezzogiorno, tuttavia, la camera ha votato e approvato anche un altro atto apparentemente distante: le dimissioni da deputato di Enrico Letta. L’ex segretario del Pd ed ex presidente del Consiglio ha preferito lasciare il parlamento per dedicarsi all’insegnamento. Questa volta in Spagna. Un addio che fa seguito a quello di molti altri deputati e senatori. Una fuga che per altro era iniziata già nella precedente legislatura.

IL PRIMO A LASCIARE, in questa legislatura è stato Carlo Cottarelli, dimessosi dopo soli nove mesi di legislatura il 9 maggio 2023. Il senatore del Pd, anticipando in questo Letta, disse esplicitamente di avere la sensazione di essere ininfluente nelle decisioni politiche e anche nel dibattito pubblico dal suo scranno al senato, e di preferire la cattedra alla Cattolica. Ed in effetti da lì è più ascoltato.

Tra i democratici molti big hanno fatto una scelta analoga, seppur per lidi diversi. L’ex segretario Nicola Zingaretti e Alessandro Zan hanno preferito il parlamento europeo. Nei giorni scorsi anche Andrea Orlando ha annunciato le proprie dimissioni per dedicarsi a guidare l’opposizione in regione Liguria. Una decisione certo meritoria, ma inusitata. Altri in passato hanno preferito l’impegno in una regione (si pensi ad Alessandra Todde in Sardegna, che ha lasciato la camera il 9 aprile scorso). Ad inizio legislatura Gianfranco Miccihé, ha rinunciato al seggio parlamentare con Forza Italia preferendo per quello dell’assemblea regionale siciliana dove già sedeva.

Guardando gli altri partiti hanno optato per Strasburgo anche Flavio Tosi, di Forza Italia. E lo stesso avrebbero fatto Matteo Renzi, Carlo Calenda ed Elena Bonetti, che sono rimasti in senato e alla camera semplicemente perché le rispettive liste non hanno superato la soglia di sbarramento del 4%. Il 2 dicembre ha lasciato Raffaele Fitto, per diventare commissario Ue, come Paolo Gentiloni nella precedente legislatura.

Questa fuga dal parlamento era iniziata nella scorsa legislatura, quando 25 deputati e 7 senatori si sono dimessi per assumere altri incarichi, oltre a Gentiloni. Un discreto numero di parlamentari di centrodestra ha lasciato per diventare governatore di regione (Francesco Armaroli, Massimiliano Fedriga, Iole Santelli, Roberto Occhiuto, Maurizio Fugatti; Marco Marsilio, Cristian Solinas, Donatella Tesei); Lucia Bergonzoni ha precorso le scelte di Orlando, rimanendo in regione Emilia Romagna pur avendo perso le elezioni del 2020 contro Bonaccini. Ma anche il ruolo di semplice assessore regionale ha attirato più del seggio parlamentare, visto che lo hanno preferito in diversi, come Guido Guidesi, Lara Magoni, Giorgia Latini, per citarne qualcuno. Roberto Gualtieri ha preferito fare il sindaco (di Roma) che il deputato, era stato eletto in una suppletiva al posto di Paolo Gentiloni.

Anche nella precedente legislatura lo scranno a Strasburgo è stata giudicato più rilevante di quello di parlamentare a Roma da diversi onorevoli e senatori (per esempio Carlo Fidanza, Cinzia Bonfrisco, Raffaele Stancanelli).

L’ASPETTO PIÙ INDICATIVO è la fuga dalle camere per ruoli esterni alla politica, come le Authority (Antonello Giacomelli e Massimiliano Capitanio sono andati all’Agcom), o l’insegnamento (Enrico Letta a Parigi) o ruoli professionali. Lapo Pistelli è andato all’Eni, Piercarlo Padoan è tornato a fare il banchiere, Maurizio Martina, già segretario del Pd, è andato alla Fao come vice-direttore, Guido Crosetto in passato aveva optato per la guida della Confindustria degli armamenti. Il caso più emblematico è quello del Pd Giovanni Sanga, che alle spalle aveva tre legislature. Subentrato a Maurizio Martina, ha immediatamente rinunciato preferendo mantenere il proprio ruolo all’aeroporto di Orio al Serio. È stato proclamato eletto il 20 gennaio 2021, la sua elezione è stata convalidata dalla Giunta l’11 marzo, e il 13 aprile ha rinunciato. Si può dargli torto?