Intervista L’europarlamentare Pd: «Sull’Ucraina nessuna svolta e un silenzio inaccettabile su Gaza». «Con Schlein ci siamo sentite, io rispetto la sua posizione e lei la mia: non era una scelta facile. Ma sono molto preoccupata per le posizioni del titolare dell’immigrazione»
Cecilia Strada, europarlamentare indipendente eletta nel Pd. Nelle ore prima del voto sulla commissione Ue non si era espressa. Come mai?
Ho preso tempo per riflettere.
Il discorso in aula di von der Leyen non l’ha convinta?
No, pensavo da giorni di votare contro e non ho cambiato idea.
Perché?
Questa commissione non mette al centro del suo agire le vere priorità: giustizia sociale, diritti, lavoro. Parole che sono addirittura scomparsa dai titoli che indicano le competenze dei vari commissari. La delega a scuola, cultura e diritti sociali è stata chiamata «Persone e preparazione». C’è una involuzione anche semantica. Von der Leyen ha parlato per 40 minuti in aula e il termine che ha usato più spesso è stato «competitività», senza mai dire a cosa serve. E poi continua a mettere al centro il tema della guerra, cui intende reagire armandoci sempre di più. Io mi sono candidata per cambiare questo stato di cose, vorrei un’Europa di pace e diplomazia, che investe più su come proteggere i lavoratori nella transizione ecologica che in spese militari.
Anche la scelta del titolare dell’Immigrazione pare non l’abbia entusiasmata.
Ho ascoltato in audizione Magnus Brunner, mi è parso aperto all’ipotesi di esternalizzazione delle frontiere, persino alla costruzione di nuovi muri contro i migranti. Non lo nascondo: è una commissione lontanissima dai miei valori. Compresa la scelta di Raffaele Fitto come vicepresidente: non per una questione personale, ma per la sua appartenenza al gruppo Ecr, la cui presenza nel perimetro della maggioranza non era nei patti che abbiamo sottoscritto a luglio con Popolari, Liberali e Verdi. I numeri del voto in aula confermano che questa strategia ha indebolito la presidente, che ha raggiunto il minimo storico di voti, 370. E tuttavia non sono felice di aver votato no, perché non mi sfugge quanto sia importante dare all’Europa un governo pienamente operativo, soprattutto dopo l’elezione di Trump.
Una commissione spostata a destra che trascura i vostri obiettivi è un problema per tutto il Pd.
Capisco il ragionamento che ha fatto Schlein, e cioè che se questa commissione non fosse partita ne sarebbe potuta arrivare una anche peggiore, più spostata a destra. È legittimo ritenere che in questa fase bisognasse prendere quello che c’è, pur con molti mal di pancia. Non è stata una scelta facile.
Vi siete sentite con la segretaria?
Sì, come sempre ci siamo parlate con franchezza e serenità. Io capisco la sua posizione e lei la mia, e nel Pd ho trovato grande rispetto per le posizioni indipendenti.
Oggi ci sarà l’ennesimo voto sull’Ucraina, lei come si comporterà?
Il mio voto sarà ancora negativo: dopo 1000 giorni di guerra sono sempre più convinta che la soluzione non sia fornire all’Ucraina armi sempre più potenti e togliere le restrizioni all’uso contro la Russia. Anche nel popolo ucraino cresce il desiderio di un negoziato, che non vuol dire una resa. E a chi dice che non si tratta con un criminale rispondo che la pace si fa con un nemico.
A Bruxelles sta nascendo la consapevolezza che è necessaria una svolta diplomatica?
No, non mi pare. Continua a dominare l’idea di armare Zelensky fino alla vittoria finale, un’ipotesi che non esiste davanti a una potenza nucleare, una frase retorica e poco responsabile visto che a morire sono gli ucraini. Anche Kiev dovrà mettere qualcosa sul tavolo del negoziato, io penso al congelamento della procedura di adesione alla Nato.
Nel voto sull’Ursula bis il Pd si è diviso da M5S e Avs. Avrà ripercussioni sulla costruzione di un fronte alternativo in Italia?
Credo di no, se tutti siamo d’accordo che è necessario costruire un’alternativa alla disastrosa situazione italiana. Capisco l’esigenza di ciascuno di tirare l’acqua al proprio mulino, ma è il momento di unirsi per provare a portare più diritti alle persone. La destra ormai è più spaccata di noi, come si è visto anche oggi nel Parlamento italiano, eppure riescono sempre a unirsi quando è il momento di togliere diritti alle persone.
Fdi canta vittoria dopo il voto sulla commissione.
Una totale contraddizione. Per anni gridano no all’Europa, a luglio votano no a von der Leyen e ora esultano perché hanno un vicepresidente. Vigileremo su Fitto, ora il suo compito è portare avanti il progetto europeista. Non dovrà più rispondere a Meloni ma alle istituzioni Ue. Le contraddizioni sono tutte in casa loro.
Resta un assordante silenzio dell’europarlamento sul Medio Oriente.
Si fanno dibattiti, ma a Strasburgo non si riesce a produrre uno straccio di risoluzione, neppure dopo il mandato di arresto per Netanyahu: una cosa vergognosa. Con che faccia condanniamo Putin e utilizziamo un doppio standard verso Israele? Faccio parte di un intergruppo che da tempo chiede di sospendere gli accordi di cooperazione con Israele e di fermare l’export di armi. Ma sia in Parlamento che nel Consiglio europeo c’è un muro, nonostante il grande lavoro di Borrell. Così l’Ue perde la faccia davanti al mondo.