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QUESTIONE POLITICA. Per il segretario di Sinistra italiana e deputato rosso-verde: «È necessario intensificare gli sforzi perché resta comunque in Ungheria privata della libertà personale, sebbene fuori dalle mura del carcere. Vogliamo riportarla a casa»
 Ilaria Salis in aula a Budapest - Attila Kisbenedek, Getty Images

«Questa vicenda dimostra che la mobilitazione può cambiare le cose anche quando sembra impossibile». È entusiasta il segretario di Sinistra italiana e deputato di Alleanza versi sinistra Nicola Fratoianni pochi minuti dopo aver ricevuto una notizia inattesa: Ilaria Salis, la maestra detenuta da febbraio 2023 a Budapest e ora candidata con i rosso-versi, andrà ai domiciliari.

Il deputato Nicola Fratoianni (Avs)

È già una vittoria?

Intanto è una grande felicità, per me doppia perché martedì l’ho visitata in carcere e nessuno si aspettava questo esito. Alla faccia di chi sosteneva che serviva il silenzio e non bisognava politicizzare il caso. Con il silenzio Salis è rimasta in galera in condizioni terribili. Alzare la voce è servito, ma è solo una prima vittoria: ora bisogna eleggerla e riportarla in Italia.

Veramente la richiesta dei domiciliari a Budapest è il punto su cui ha sempre battuto il ministro degli Esteri Antonio Tajani.

I domiciliari sono stati chiesti dagli avvocati. Il 28 marzo, però, erano stati respinti. A quell’udienza impressionante ho partecipato con molti altri: si è conclusa in un baleno perché il giudice non ha neanche fatto finta di ritirarsi per deliberare. Ha negato inspiegabilmente una richiesta che aveva tutti i crismi. Diciamoci la verità: le vie legali avevano sbattuto contro il muro ungherese, fatto anche degli attacchi governativi.

Quindi i giudici hanno cambiato idea per ragioni politiche?

Questo non sono in grado di dirlo. Di sicuro è una decisione che va incontro al buon senso, anche perché Salis aveva tutte le condizioni richieste dalla normativa ungherese per i domiciliari: abitazione con contratto d’affitto, impegno a pagare la cauzione, disponibilità a indossare il braccialetto elettronico. Nonostante ciò, l’altra volta è stata trattata come una terrorista.

Salis ai domiciliari invece che in carcere e in catene rischia di indebolire la candidatura.

No, la candidatura si rafforza. Questa vicenda dimostra che bisognava battersi, che la mobilitazione può cambiare le cose anche quando sembra impossibile. Non solo bisogna evitare di fermarsi ma è necessario intensificare gli sforzi perché Salis resta comunque in Ungheria privata della libertà personale, sebbene fuori dalle mura del carcere. Noi vogliamo riportarla a casa. Poi è vero che la candidatura riguarda in primo luogo lei, la sua vita e il suo corpo, ma ha anche una rilevanza politica generale. Ha a che fare con la costituzione reale dell’Europa, che non deve essere quella degli Orbán.

Cosa le ha detto Salis della possibile elezione: è solo strumentale alla liberazione e al rientro in Italia o lei resterebbe nell’europarlamento per portare avanti delle battaglie?

Ho incontrato una persona che ha vissuto tanto tempo in condizioni durissime, ma resta molto determinata e curiosa. Ho cercato di raccontarle questa campagna elettorale unica, con suo padre che si fa in quattro, con le adesioni trasversali. Abbiamo parlato delle sue priorità. Vuole occuparsi di chi è più fragile, di rischia continuamente di vedere i propri diritti violati, dei problemi di un’Europa che deve fare i conti con crisi climatica, ingiustizia sociale e guerra. Abbiamo registrato grande sintonia.

A proposito di adesioni trasversali, sono arrivate dichiarazioni di voto sorprendenti: da Askatasuna a Elio Vito. Ve lo aspettavate?

Non ci si può mai aspettare quello che non c’è fin quando non arriva. Però che questa candidatura potesse avere la forza di muovere tanto, anche con argomenti diversi e valutazioni diverse lo credevamo. Già Potere al Popolo aveva mostrato sostegno, pur ribadendo il suo giudizio su Avs. Io penso che quando la politica sa rendersi utile, quando il voto torna a essere percepito come uno strumento di cambiamento concreto, facciamo il nostro mestiere. Questo vale per le cose più piccole e puntuali o per quelle più grandi.

Facciamo un gioco: Avs supera il 4%, scatta un seggio al nord-ovest o sulle isole, ma Salis non arriva prima. Che succede? Gli altri candidati si sono impegnati pubblicamente a dimettersi in questa circostanza?

Credo sia un impegno che non c’è bisogno di dichiarare perché è inscritto in questa vicenda. Nessuno potrebbe evitare di onorarlo. Comunque posso dire che questo rischio non c’è