TOTI IN BILICO. Gelo di FdI, premier irritata. E le dimissioni sono avvertite come vicine
Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria
Toti è «immerso nello studio delle carte» e «umanamente molto reattivo»: parola dell’avvocato Savi, suo legale. Tanta reattività, tuttavia, non si spingerà, salvo ripensamenti, sino a suggerirgli di rispondere oggi nell’interrogatorio di garanzia. Il silenzio non lo aiuta dal punto di vista politico. «Dimostrerò di non aver commesso alcun illecito», diceva ieri il reattivo e obiettivo della dimostrazione sarebbe la revoca dei domiciliari. Il governatore ligure è deciso a restare al proprio posto anche se, come spiega sempre Savi, «si confronterà con la maggioranza».
Ma senza la revoca dei domiciliari l’esito di quel confronto, nonostante il sostegno di Fi e Lega, è già segnato. «Siamo per la possibilità di tutti di dimostrare serenamente la propri a innocenza. Al netto di questo attendiamo con pazienza gli esiti di una fase intermedia», dice il ministro Lollobrigida ed è una posizione molto diversa da quella di chi impugna la presunzione d’innocenza sino a sentenza emessa.
A porte chiuse i tricolori sono anche più spicci e la più irritata di tutti è Giorgia Meloni. Il fattaccio a ridosso delle elezioni è un guaio e Crosetto non ce la fa a celare il dubbio che l’inchiesta sia a orologeria: «Sulla campagna elettorale irrompe una vicenda strana. Con la logica usata per Toti può essere arrestata la maggioranza degli amministratori, dei dirigenti pubblici e presumo anche dei magistrati». Sfoghi a parte, la sola domanda è quanto sia disposta ad aspettare sulla graticola la premier. C’è chi dice un mese, chi non più di due settimane. In realtà di tempo a disposizione Toti potrebbe averne anche meno: non oltre sabato prossimo. Sempre che nel frattempo non riesca a ottenere la salvifica revoca dei domicialiari e persino in quel caso la resistenza sarebbe difficile se l’eventuale revoca fosse accompagnata dalla sospensione dall’incarico.
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La prova di quanto, al di là delle dichiarazioni ufficiali, le dimissioni siano avvertite come vicine sta nelle manovre per la successione, già partite a tutta velocità. Indicativa anche la vicenda del Salone del libro di Torino. In mancanza dell’impossibilitato governatore ci sarebbe dovuto andare il suo vice, Alessandro Piana, leghista, che però già alla vigilia faceva sapere di non avere alcuna intenzione di esporsi «senza un mandato pieno», formula peraltro di difficile comprensione. È finita che a rappresentare la regione è dovuta andarci la portavoce di Toti Jessica Nicolini, che è anche coordinatrice delle politiche culturali. L’inaugurazione dello stand è stata rinviata a chissà quando. La portavoce si è ritrovata circondata dal gelo. Una scena da caduta degli dei.
In caso di abbandono del governatore la Liguria tornerebbe alle urne in autunno, dunque in contemporanea con l’Umbria ma nella destra c’è chi sogna un vero election day con l’aggiunta dell’Emilia-Romagna dove però la certa elezione di Bonaccini a europarlamentare non dovrebbe impedire di portare la legislatura a compimento. La rapidità fulminea con cui il coordinatore di FdI ligure Rosso aveva «non escluso» le dimissioni di Toti rivela con quanta cupidigia FdI guardi a quella casella.
Il primo nome in lista è proprio quello dell’impaziente coordinatore Matteo Rosso. In lizza ci sono però anche l’ex vicesindaco Nicolà e l’assessora Simona Ferro. Anche la Lega punta però a sostituire Toti, magari scambiando con FdI la candidatura in Umbria. Il carroccio conterebbe su due nomi possibili pesanti: Edoardo Rixi, ex viceministro e pezzo da novanta del Carroccio ma anche il sindaco di Genova Marco Bucci, vicino alla Lega però da indipendente, forte di un notevole consenso personale e forse con una carta in più da giocare: il rapporto di vicinanza e stima con la coordinatrice di Iv Raffaella Paita, già candidata sconfitta da Toti. Dall’altra parte della barricata c’è un solo nome in campo, quello dell’ex ministro Andrea Orlando. Sempre che se la senta…