PORTI LONTANI. Il governo italiano ostacola i soccorsi nel Mediterraneo centrale anche così. «Questa nuova attesa comporta un aggravamento dello stress, che facilita la somatizzazione di disturbi già presenti, e facilita il diffondersi di patologie contagiose come la scabbia o altre a livello respiratorio», spiega Virginia Gatto, dottoressa di bordo
A bordo della Life Support - Emergency
«Quella è l’Italia?», chiede Hamsa indicando la striscia di terra che corre lungo il lato sinistro della nave da due giorni. Con la prua puntata verso Nord, la Life Support costeggia tutta la penisola nel Mare Adriatico. L’acqua del mare ha un colore diverso, ma il panorama non cambia e le persone desiderano sempre più toccare terra. «Voglio avvisare la mia famiglia che sono vivo», dice ancora il ragazzo, che ha 21 anni ed è scappato dalla leva obbligatoria che lo costringeva in Siria a causa della guerra civile.
Il Pos (port of safety) assegnato dalle autorità marittime italiane per la Life Support infatti è Ravenna, a 956 miglia di distanza dal luogo del salvataggio. Il capitano Domenico Pugliese annuncia il prossimo arrivo a Ravenna con l’aiuto di un megafono e della traduzione dei mediatori culturali per rassicurare chi da mesi o anni è in viaggio per raggiungere un luogo sicuro. «La prassi di assegnare dei porti così lontani significa lasciare il mare scoperto – spiega – In questo momento ci sono altre persone che stanno lasciando le coste». Secondo il report della Ong, nell’ultimo anno la pratica di assegnare dei porti così lontani ha obbligato Emergency a percorre 56 giorni di navigazione in più. Tradotto a livello monetario si tratta di una spesa aggiuntiva di circa 940mila euro.
«Andare di nuovo a Ravenna comporta quattro giorni di navigazione in più, aumentando chiaramente sia il livello di sofferenza delle persone che abbiamo salvato, sia il carico di lavoro per l’equipaggio della Life Support – spiega Anabel Montes Mier, capomissione – Avremmo evitato molte situazioni di difficoltà con un porto più vicino. Sono 200 miglia di navigazione in più rispetto alla Catania per esempio».
Per evitare l’arrivo di notte, inoltre, i giorni diventano 5. La nave ha rallentato la velocità secondo le indicazioni dell’autorità in modo tale da arrivare al porto di Ravenna stamattina all’alba. A ciò si aggiungeranno i tempi di controllo dell’autorità medica, una volta raggiunta la terraferma, che nella missione 17 (anche questa terminata a Ravenna) hanno raggiunto le quattro ore.
«Dal punto di vista medico-sanitario 5 giorni di navigazione sono un problema – spiega Virginia Gatto, dottoressa di Emergency – Questa nuova attesa comporta un aggravamento dello stress, che facilita la somatizzazione di disturbi già presenti, e facilita il diffondersi di patologie contagiose come la scabbia o altre a livello respiratorio». Le 202 persone soccorse sono al sicuro sulla Life Support, ma gli spazi sono quelli che sono: combinati con la lunga attesa non rendono la situazione più semplice. In altre situazioni simili, la Ong ha lasciato prima un gruppo di persone al porto più vicino per poi far sbarcare il restante al porto assegnato. Non questa volta