LAVORO MINORILE. Il rapporto di Save the Children dice una cosa fondamentale: il legame tra fenomeni molto vicini a noi con fatti che sembrano lontani, problematiche di terre remote, ma che alla fine si mostrano estremamente funzionali proprio a un modello di sviluppo malato
Al lavoro nelle serre in provincia di Latina - Francesca Sapio
In occasione della prossima Giornata internazionale contro la tratta di esseri umani, la Ong Save the Children Italia ha diffuso la tredicesima edizione del suo rapporto Piccoli Schiavi Invisibili, dedicato quest’anno alla denuncia di un sistema che di fatto viola il diritto alla salute e all’educazione di bambine, partendo da uno studio di caso nazionale sui bambini e adolescenti figli di braccianti in due tra le aree italiane a maggior rischio di sfruttamento lavorativo agricolo la provincia di Latina, nel Lazio, e la Fascia Trasformata di Ragusa in Sicilia.
Partendo dal quadro più ampio, il rapporto evidenzia come la maggior parte delle vittime di tratta e sfruttamento nel mondo, per la maggioranza proprio minori e donne, restino funzionalmente invisibili. I numeri della migrazione minorile e le conseguenze occasioni di sfruttamento sono in costante aumento, come evidenziano i dati della Commissione europea.
QUESTO è dovuto principalmente al fatto che il numero delle persone che migrano senza poter contare su canali di accesso legali è aumentato, per effetto di crisi climatica, disuguaglianze e conflitti in corso, che costringono milioni di persone a sfollare e vivere in condizioni di vulnerabilità e povertà estrema, soprattutto nel caso di donne, bambine e bambini.
Per evidenziare quanto le logiche di contenimento del fenomeno su scala globale sotto forma di operazioni di ordine pubblico internazionale, come suggerito dalla recente Conferenza di Roma su Migrazione e Sviluppo, oltre che il mancato sostegno agli Obiettivi per lo Sviluppo sostenibile delle Nazioni unite, siano di fatto le cause che favoriscono un’economia dello sfruttamento anche nel nostro Paese, il rapporto mette in luce la condizione dei minori che vivono in questi due territori nazionali.
Quella che emerge è la fotografia di bambine e bambini figli di braccianti sfruttati che spesso trascorrono l’infanzia in alloggi di fortuna nei terreni agricoli, in condizioni di forte isolamento, con un difficile accesso alla scuola e ai servizi sanitari e sociali. Sono tantissimi e, nonostante alcuni sforzi specifici messi in campo, sono per lo più «invisibili» per le istituzioni di riferimento, non censiti all’anagrafe, ed è quindi difficile anche riuscire ad avere un quadro completo della loro presenza sul territorio.
Il rapporto raccoglie testimonianze dirette di chi ha subito o subisce lo sfruttamento, insieme a quelle di rappresentanti delle istituzioni e delle realtà della società civile, dei sindacati, dei pediatri, dei medici di base e degli insegnanti, impegnati in prima linea, che restituiscono un quadro di diffusa privazione dei diritti di base che compromette il presente e il futuro dei bambini e delle bambine che nascono e crescono in queste condizioni.
Ma ciò che più emerge dal rapporto è la relazione diretta tra la tratta e il grave sfruttamento sia lavorativo o di altro tipo; entrambi i fenomeni si nutrono dello stato di bisogno degli individui con meno risorse sociali ed economiche. Significa che intere aree della nostra economia agricola è di fatto parte di un sistema internazionale di violazione dei diritti dei bambini.
IL RAPPORTO presenta molti dati interessanti che hanno il pregio di collegare fenomeni molto vicini a noi con fatti che sembrano lontani, problematiche di terre remote, ma che alla fine si mostrano estremamente funzionali proprio a un modello di sviluppo malato, ancorato in certe zone a un’economia che trae profitto dalla mancanza dei diritti più elementari, a partire da quello, inalienabile di un bambino all’infanzia.
Basterebbero allora questi dati, i collegamenti internazionali che il rapporto traccia, a delineare concretamente, come viene proposto nelle conclusioni operative, i termini di un agire politico che vede coinvolti tutti i livelli di responsabilità, a partire dai comuni per arrivare al governo, sino al ruolo delle istituzioni europee ed internazionali.
A questo punto è necessario chiedersi come sia possibile, in un Paese tra i più ricchi del mondo, membro dei G7, come sia possibile tutto questo, come ancora si tolleri, voltandosi dall’altra parte, lo sfruttamento lavorativo di bambini già a partire dai 12-13 anni, con paghe che si aggirano intorno ai 20-30 euro al giorno.
Per questo motivo, la Ong chiede al ministero del lavoro e delle politiche sociali di integrare il Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato con un programma specifico per l’emersione e la presa in carico dei figli dei lavoratori agricoli vittime di sfruttamento, da definire con le parti sociali e il Terzo Settore, alla luce delle esperienze e delle buone pratiche sperimentate sul campo