CRISI UCRAINA. In gergo si chiama «pop corn»: è un ordigno vecchio di 35 anni, impreciso e letale per decenni
«Nella grande sanguinosa guerra che va avanti da più di 16 mesi, e che predeterminerà il futuro del mondo conta il numero delle armi. Quindi, armi, più armi e più armi, comprese le munizioni a grappolo». Sono parole di Mikhaylo Podolyak, il consigliere capo del presidente Zelensky.
La dichiarazione di Podolyak è giunta in seguito alla decisione della Casa bianca di scavalcare il Congresso e fornire bombe a grappolo all’Ucraina, un tipo di munizione che evoca spettri terribili. Partiamo dall’attualità. Com’è noto gli Usa non aderiscono alla Convenzione che ne vieta l’uso dal 2008, ne possiede ancora migliaia di pezzi nei depositi militari e negli ultimi anni ha cambiato politica sulla loro produzione, ricusando la direzione delle amministrazioni precedenti e interrotta da Donald Trump. Sintetizzando, la legge statunitense proibisce la produzione, l’uso o il trasferimento di munizioni a grappolo con un tasso di fallimento superiore all’1%.
Per capire cosa intende la burocrazia con questa definizione si pensi alla classica forma del missile, un cilindro che termina con un’ogiva e ha alla coda delle alette per tenere la direzione. A differenza dei missili convenzionali, le munizioni a grappolo sono contenitori di altri ordigni, molto più piccoli, in numero variabile. Non sono teleguidati e quindi hanno un indice di precisione bassissimo, sono sparati da lanciatori di vecchia concezione e, soprattutto, non hanno come obiettivo il «colpo preciso». Una volta raggiunte le coordinate prestabilite, che spesso mancano a causa delle condizioni meteorologiche (in particolare del vento), di altri fattori legati alla canna dell’obice che spara o dell’artigliere, le munizioni a grappolo non esplodono al suolo o a contatto con un corpo solido, ma a mezz’aria, prima di toccare terra. In quel momento decine di ordigni schizzano in maniera imprevedibile dovunque, in un’area di centinaia di metri e senza possibilità di previsione. Gli artiglieri americani, in gergo, le chiamano “pop corn”.
Alcuni di questi ordigni contenuti nel missile non esplodono e si incastonano nei muri o sotto altre macerie come delle mine, pronte ad esplodere a mietere ancora vittime per decenni dopo la fine di un conflitto. Per questo la Convenzione ratificata da 120 Paesi ne vieta l’uso in quanto «disumano e indiscriminato». I tecnici Usa parlano di «tasso di fallimento» riferendosi al numero di submunizioni (gli ordigni contenuti dal missile) che rimangono inesplose per ogni proiettile sparato. Un rapporto di Human Rights Watch del 2003 ha stimato che il 14% di questi proiettili diventano frammenti che mettono in pericolo i civili.
Quelle che il presidente Biden ha deciso di fornire all’Ucraina corrispondono alla sigla «M864», un proiettile d’artiglieria in produzione dal 1987. Tali ordigni possono essere sparati dagli obici da 155 mm, un armamento molto diffuso e fornito in quantità ingenti dagli alleati all’esercito di Kiev. Il Washington post cita una stima del Pentagono, l’ultima pubblicamente disponibile secondo il quotidiano statunitense, risalente a 20 anni fa. La Difesa di Washington, infatti, ha valutato che l’ «M864» ha un tasso di fallimento del 6%, il che significa che almeno 4 di ognuna delle 72 submunizioni che ogni proiettile trasporta rimane inesplosa in un’area di circa 22.500 mq; «all’incirca la dimensione di 4 campi da calcio e mezzo».
Il Pentagono stesso sostiene di avere nuove valutazioni, basate su test del 2020, con tassi di fallimento non superiori al 2,35%. Tuttavia, anche se questa valutazione supererebbe il limite dell’1% imposto dal Congresso. Il portavoce del Pentagono, Patrick Ryder, sostiene che il suo ministero sta «selezionando attentamente» le munizioni con un tasso di guasto «pari o inferiore al 2,35%» per il trasferimento all’Ucraina