Arriva l’emendamento del governo che esclude dalle verifiche la magistratura contabile
La relazione semestrale 2023 sul Pnrr della Corte dei conti
Ma quale fioretto: meglio l’accetta. Dopo le critiche della Corte dei Conti sulla marcia del Pnrr e l’irritazione somma del pilota Raffaele Fitto l’intervento del governo per imbavagliare la Corte era prevedibile. Sino all’ultimo però sembrava che il governo volesse usare la mano morbida e in questo senso pareva andare anche l’incontro fissato per oggi a palazzo Chigi con una delegazione dei magistrati contabili. Il ministro Fitto non si è accontentato. Ha insistito per la linea dura e la premier ha scelto di appoggiarlo.
Raffaele Fitto:
Lo scontro si fa in due e io sfido a trovare una mia dichiarazione contro la Corte. Abbiamo il massimo rispetto per le istituzioni. Esigiamo lo stesso rispetto
IL GOVERNO HA PRESENTATO un emendamento al dl Pubblica amministrazione, in commissione alla Camera, che fissa due paletti. Il primo è la proroga al giugno 2024 dello scudo per il danno erariale del dirigente pubblico. Il secondo, ben più rilevante, limita il «controllo concomitante» in base al quale la Corte dei Conti, su richiesta delle commissioni parlamentari, può controllare in itinere i progetti volti a rilanciare l’economia nazionale e accertare «gravi irregolarità gestionali ovvero rilevanti e ingiustificati ritardi». Funzioni che la Corte potrà continuare a esercitare, salvo che in materia di Pnrr. L’emendamento esclude infatti dal controllo concomitante i progetti «previsti o finanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza».
A SORPRESA, AL TERMINE della riunione della cabina di regia, proprio Fitto convoca sui due piedi una conferenza stampa, formalmente per illustrare la Relazione semestrale al Parlamento sull’attuazione del Piano. In realtà per rispondere alle critiche della Corte e giustificare la mano pesante. Scontro con la magistratura contabile? Ma quando mai: «Lo scontro si fa in due e io sfido a trovare una dichiarazione mia o del governo contro la Corte. Noi abbiamo il massimo rispetto per tutte le istituzioni. Certo esigiamo lo stesso rispetto».
La giustificazione addotta dal ministro è leguleia e puntigliosa. Lo scudo erariale è una norma del governo Conte già prorogata da quello Draghi. Perché dovrebbe fare scandalo un’ulteriore proroga? Il controllo concomitante, in vigore dal 2009, è rimasto nel cassetto fino al 2021: «Com’è che è stato tirato fuori dopo anni, sempre e solo a proposito del Pnrr e anche in violazione della norma per cui i controlli dovrebbero essere fatti dalla Corte dei Conti italiana insieme a quella europea?». E perché la Corte si permette di valutare gli obiettivi legati alla quarta rata quando la richiesta di quella rata non è stata ancora inoltrata?
INSOMMA, SOSTIENE tra le righe il ministro, non è il governo che sconfina per limitare i poteri della Corte ma la Corte stessa che esorbitava dai propri compiti. Con finalità politiche, fa capire anche in questo caso senza dirlo, Fitto. Però, scontri a colpi di regolamenti a parte, lo stato del Piano qual è? Qui il ministro, ma anche la premier Giorgia Meloni nella premessa alla Relazione semestrale, sono molto più vaghi. I rapporti dei singoli ministeri sulle modifiche da apportare al Piano nei settori di loro competenza non sono stati completati e l’unica data certa resta quella ufficiale del 31 agosto: «Non significa però che saremo pronti solo la sera del 30. Faremo prima, molto prima». Quanto prima non si può dire. Come non si può quantificare la percentuale degli obiettivi del Pnrr che dovranno essere sacrificati o radicalmente modificati. E la stessa situazione dei target da raggiungersi per la quarta rata, quella del 30 giugno, è a propria volta ancora incerta: «Faremo una valutazione attenta anche perché ci sono obiettivi intermedi a cui si deve rinunciare per raggiungere quelli finali», insomma scavallare la data del 30 giugno per quanto riguarda gli asili nido, giura il ministro, non significa rinunciare agli asili ma mettersi in condizione di centrare l’obiettivo. Piano poi con l’accusa di essere in ritardo: i conti vanno fatti nel contesto europeo, tenendo conto di quanto ha chiesto l’Italia e quanto meno tutti gli altri. Si fa presto a dire «ritardo».
LA PREMIER AMMETTE che «la maggior parte delle amministrazioni ha registrato un livello di spesa inferiore alle previsioni». Colpa della guerra, sostiene, e degli shock energetici che «hanno fatto emergere nuove priorità e la conseguente necessità di aggiornare il Piano». Nessun problema davvero grave insomma. Soprattutto senza più le cornacchie della Corte dei Conti a menare gramo