MORRA CINESE. Visita di Von der Leyen e Macron: «Riporti la Russia alla ragione» Il leader cinese: «Chiamerò Zelensky, ma al momento opportuno»
von der Leyen arriva al Palazzo dell’Assemblea Nazionale dei Rappresentanti del Popolo - Ap
Tra Pechino e la Simi Valley c’è di mezzo l’oceano Pacifico. Ma in una giornata di diplomazia, discussioni e segnali incrociati, Cina e California non sembravano così lontane. Da una parte Xi Jinping che riceve Emmanuel Macron e Ursula Von der Leyen, per provare a intravedere una possibile soluzione politica della guerra in Ucraina. Dall’altra la presidente taiwanese Tsai Ing-wen che incontra lo speaker della camera Usa Kevin McCarthy, con qualcuno che teme l’apertura di una nuova crisi sullo Stretto di Taiwan.
IN REALTÀ, Pechino ha finora mostrato di volersi concentrare esclusivamente sul rilancio o meglio mantenimento dei rapporti con l’Unione europea. Xi ha riservato a Macron un’accoglienza da grandi occasioni:
tappeto rosso, inni nazionali ed elogi alla sua politica estera «indipendente». Nel comunicato cinese successivo al bilaterale, durato circa un’ora e mezza, si legge che «Macron ha sottolineato che la Francia è impegnata sull’autonomia strategica dell’Europa, e si oppone a fomentare scontri, divisioni e rivalità tra blocchi». Con tanto di auspicio che Parigi possa giocare un «ruolo attivo e di leadership» nella promozione della cooperazione tra Cina e Ue. Prima dell’incontro, Macron ha d’altronde detto che l’Europa «deve resistere» alla riduzione dei legami commerciali e diplomatici con Pechino e rifiutare quella che alcuni hanno definito una «spirale ineluttabile» di tensione tra Cina e occidente.
Macron e Von der Leyen si sono divisi i compiti: parole suadenti il primo, più convinte la seconda. Entrambi hanno comunque chiesto di non fornire sostegno militare alla Russia, con Xi che ha ribadito che quella in Ucraina non è la sua guerra. Il presidente francese ha assegnato alla Cina «un ruolo vitale per la costruzione della pace» e ha chiesto a Xi di «riportare la Russia alla ragione», mentre la presidente della Commissione europea ha chiesto l’appoggio a una «pace giusta» e al «ritiro delle forze russe». Xi ha nicchiato, ribadendo che vanno tutelate le «legittime preoccupazioni di sicurezza di tutti i paesi» e ha parlato di una crisi «lunga e difficile da risolvere», per la quale «non esiste una panacea».
ACCORDO TOTALE sul rifiuto delle armi nucleari, mentre Parigi fa passare come un risultato la disponibilità di Xi a parlare con Volodymyr Zelensky, anche se il leader cinese ha aggiunto che lo farà «al momento opportuno». Interessante la richiesta di Xi di proteggere «le vittime, comprese donne e bambini», dopo che Vladimir Putin ha ricevuto un mandato d’arresto dalla Corte penale internazionale per la presunta deportazione di minori. Oggi nuovo round informale Xi-Macron a Guangzhou, presumibilmente centrato più sugli affari. Von der Leyen ha invece citato Taiwan nella sua conferenza stampa solitaria dopo il trilaterale, chiedendo il mantenimento dello status quo.
A Pechino osservano però con fastidio (un eufemismo) quella che considerano un’escalation diplomatica nei rapporti tra Washington e Taipei. «I nostri rapporti sono più forti che mai», ha detto lo speaker McCarthy a Tsai alla Reagan Library in California. «Il vostro sostegno dimostra che non siamo soli», ha risposto la presidente taiwanese, che ha citato il ruolo cruciale delle “sei rassicurazioni” di Reagan, considerate da Pechino un atto unilaterale e in conflitto coi tre comunicati congiunti che avevano avviato le relazioni Usa-Repubblica popolare.
MINISTERO DEGLI ESTERI, esercito, Assemblea nazionale del popolo e partito hanno tutti promesso una reazione «ferma ed energica». Per ora, la risposta militare non è stata aggressiva. Anzi, ieri nessun jet o nave da guerra ha oltrepassato la linea mediana. Taipei ha comunque segnalato il passaggio della portaerei Shandong per lo stretto di Bashi, tra Taiwan e Filippine. La flotta si è poi collocata circa 370 chilometri a est dell’isola. Tutt’altro che escluse nuove e ampie esercitazioni militari. Magari dopo il ritorno a Parigi di Macron e a Taipei di Ma Ying-jeou, l’ex presidente taiwanese che ieri ha incontrato a Shanghai per la seconda volta Song Tao, direttore dell’Ufficio degli affari di Taiwan di Pechino.
Ma l’agenda di Xi resta piena: martedì prossimo arriva a Pechino il presidente brasiliano Lula, subito dopo Josep Borrell. La mossa più rilevante è il lancio di un’operazione di pattugliamento speciale dall’amministrazione di sicurezza marittima. Previste ispezioni a bordo delle navi che transitano in alcune zone dello Stretto, popolate quotidianamente da imbarcazioni commerciali taiwanesi. Mossa inedita, sulla quale le autorità taiwanesi hanno annunciato che non intendono collaborare.
NEL FRATTEMPO, ieri è atterrata a Taipei una nuova delegazione americana guidata da Michael McCaul, capo della commissione Affari esteri del Congresso americano. Domani l’incontro con Tsai, subito dopo il suo rientro dalla California. Le manovre contrapposte sullo Stretto non sono destinate a finire