RELITTO DI STATO. La manifestazione per le dimissioni di Piantedosi lancia un ponte alle mobilitazioni di studenti, Friday for Future e all'8 marzo di Non una di Meno
La manifestazione a piazzale dell'Esquilino - Faralla
La manifestazione che chiede le dimissioni di Matteo Piantedosi si ritrova a Roma, a piazzale Esquilino. Cioè esattamente a metà strada tra il Viminale, la sede del ministero dell’interno, e la stazione Termini, dove da poche ore sono stati sgomberati senza tanti complimenti diversi profughi accampati. La legge del decoro urbano e quella del sovranismo si sposano, e le centinaia di persone che si ritrovano in piazza, convocate appena il giorno prima, sono il segnale che per molti e molte la misura è davvero colma. «Siamo qui contro Piantedosi e contro il governo Meloni – spiegano – Siamo contro l’Europa che paga Erdogan per chiudere le frontiere invece di organizzare flussi regolari e dare protezione a chi scappa da guerre. Se non la fate voi l’Europa, la facciamo noi: in questo momento l’Unione europea è vittima di Visegrad, garantisce i sovranismi invece di garantire il diritto alla fuga dei migranti».
E ancora: «Quella calabrese era una strage prevedibile ed evitabile. Sono morti i nostri fratelli che scappavano dall’Afghanistan dei Talebani, dall’Iran del regime, dalla Siria di Assad che bombarda anche dopo il terremoto. Le destre si fanno forti dell’indifferenza per questo bisogna unire le lotte e parlare con le persone».
Ci sono anche il presidente dell’ottavo municipio Amedeo Ciaccheri, la consigliera regionale civica (appena rieletta) Marta Bonafoni, l’ex segretario del Pd romano e oggi sostenitore di
Elly Schlein Marco Miccoli. C’è Enrico Calamai, il diplomatico che al tempo del golpe in Argentina fece letteralmente carte false per mettere al sicuro centinaia di dissidenti. «Il neoliberismo non accetta persone che non portano ricchezza ma solo umanità – dice Calamai – Possibile che con una guerra in corso non i mari non venissero controllati? Li hanno lasciati morire per dare una lezione agli altri. Dobbiamo portare i responsabili davanti alla Corte penale internazionale». Calamai lancia un appuntamento fisso: ogni giovedì con le mani dipinte di rosso davanti al Viminale.
Questo è uno degli elementi che fa be sperare: da questo luogo si connettono diverse lotte. Lo spiega bene Enrica Rigo, docente di filosofia del diritto e attivista. «Questa piazza ha a che fare con lo sciopero dei Fridays for future – dice Rigo – perché i migranti sono legati il modo in cui gestiscono le crisi energetiche. Ma ci sarà anche l’8 marzo di Non una di meno, contro la violenza che attraversa i confini, perché non esiste femminismo che non sia anche antirazzista. E poi gli studenti a Firenze sabato prossimo, perché è una lotta antifascista che ci appartiene». «O iniziamo a disobbedire a questo governo o saremo condannati a manifestazioni inerti» dice Andrea Alzetta di SpinTime, che lunedì sera ha ospitato la grande assemblea che ha deciso di organizzare questa manifestazione.
Tornano alla mente altre stragi in mare e le lotte fondative della Rete antirazzista di Dino Frisullo: quest’anno è il ventennale della sua scomparsa. «In un momento così anche lui avrebbe organizzato una manifestazione – fa notare Gianluca Peciola- Nei prossimi anni un miliardo di persone si sposeranno per il riscaldamento globale. È impossibile che i governi locali riescano a gestire questi processi: serve la connessione globale dei movimenti»