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A tre giorni dall’anniversario dell’invasione, torna il muro contro muro atomico. Putin annuncia l’uscita di Mosca dal trattato Start sulle armi nucleari: «L’Occidente sa che non può batterci sul campo». Dura replica di Biden: «L’Ucraina non sarà mai sconfitta»

 Meloni a Kiev tra patria e nazione: «Insieme a voi, fino alla vittoria» Giorgia Meloni e Volodymyr Zelensky - Ansa/Sergey Dolzhenko

«Le nazioni si fondano sui sacrifici che i popoli sono disposti a compiere». È un passaggio del discorso della presidente del consiglio italiano, Giorgia Meloni, nella conferenza stampa di ieri. Nella sala stampa di Palazzo Mariinskij, a Kiev, di fianco al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Meloni non ha esitato a connotare la resistenza delle forze armate ucraine di rimandi ideologici. E neanche il Risorgimento è stato risparmiato.

Parlando di «amor di patria», di «senso di comunità» e scandendo chiaramente la frase «il popolo ucraino sta combattendo per ognuno di noi», la premier italiana ha fugato il campo da ogni dubbio. «Il governo italiano è al fianco dell’Ucraina fino alla vittoria» o, perlomeno, «fino alla pace giusta che Kiev deciderà autonomamente e che noi non possiamo imporgli». Secondo Meloni, in Ucraina è in atto un processo accomunabile all’Ottocento italiano, «quando l’Italia era solo un’entità geografica» e oggi «resistere alla Russia vuol dire dimostrare che la nazione ucraina esiste».

LOGICO PENSARE che la prima ministra italiana veda nella guerra in corso un contesto cara alla sua storia politica. Ai giornalisti presenti in sala non è stato permesso di porre domande che non fossero concordate e solo quattro colleghi hanno potuto interrogare i capi di stato.

La metà delle domande si è incentrata sulle spine nel fianco della maggioranza italiana. Le dichiarazioni di Berlusconi e i trascorsi di Salvini sono stati evocati

sia dai reporter italiani sia dagli ucraini. E un inatteso siparietto ha messo in evidenza l’intesa tra i due leader.

Mentre la voce dell’interprete è sparita dall’auricolare distribuito a tutti in sala il presidente Zelensky ha chiesto alla giornalista di ripetere la domanda, la giornalista l’ha ripetuta in italiano e il presidente di nuovo ha chiesto di ripetere. A quel punto Meloni stessa ha tradotto in inglese guardando fisso negli occhi il suo ospite: «Non hai paura che le dichiarazioni di Berlusconi possano essere un rischio per l’appoggio italiano all’Ucraina?».

Il presidente ucraino, dopo aver chiarito che ogni leader politico è in diritto di pensare ciò che vuole ha ribadito che non è una questione così importante perché italiani e ucraini «hanno molto in comune: lo stesso amore per la vita, per la famiglia per lo stare insieme» e poi «Berlusconi non ha mai subito un bombardamento alla propria abitazione, non è stato costretto a fuggire nella notte, non si è dovuto preoccupare di cosa dare da mangiare ai suoi figli grazie all’amore della Russia».

SONO ALLINEATI i due leader. In più di un’occasione si scambiano cordialità che esulano dal protocollo, il presidente ucraino le cede sempre la parola e la premier italiana nota «che cavaliere». Entrambi poi, hanno sottolineato l’importanza della visita di Meloni a Bucha e Irpin.

«Vedere queste cose di persona è diverso», aveva dichiarato la premier a Bucha, nel cortile della chiesta di S. Andrea dove oggi sono esposte foto dei massacri trovati dagli ucraini alla liberazione della cittadina e fino alla scorsa primavera si trovavano delle fosse comuni. Meloni si è anche commossa quando le hanno spiegato che il suolo dove camminavano, «proprio quella terra», è la stessa dalla quale sono state esumate decine di cadaveri.

Complice la giornata freddissima e piovosa e le sue condizioni di salute non ottimali (per tutto il giorno, Meloni ha tossito vistosamente) la visita non è stata lunga. Ma un procuratore per i crimini di guerra ucraino le ha riassunto gli orrori di Bucha, il pope locale l’ha accompagnata nella chiesa per osservare la documentazione fotografica lì esposta e l’interprete continuava a narrargli i fatti salienti dei mesi di occupazione.

A IRPIN la visita è stata brevissima, le è stato mostrato un palazzo bombardato sotto il quale era stato posizionato uno dei generatori donati ai civili ucraini da una ong italiana e con i volontari di un’altra ong, «Medici per l’Africa Cuamm», che si sta occupando di primo soccorso medico in diverse zone del Paese, hanno scambiato qualche battuta. «Finché sono solo numeri è un conto, ma essere qui rende tutto più reale», ha risposto Meloni a una giornalista ucraina che era riuscita a farsi strada nel nugolo di inviati italiani e sicurezza che circondava la prima ministra.

Il contatto tra Meloni e i vari cronisti italiani presenti è stato minimo, quasi assente. Il programma serratissimo, l’ora di ritardo del treno a Kiev e i gli importanti appuntamenti del pomeriggio non ci hanno permesso di sollecitare maggiormente la premier sulle questioni più spinose, come quella dei reporter italiani espulsi o sospesi sul campo.

Ma nelle visite diplomatiche, si sa, la tendenza è evitare polemiche. E dopo un blackout che ha ammutolito la sala stampa per qualche secondo e le domande concordate, un assistente del presidente Zelensky è intervenuto per chiudere questa lunghissima giornata in cui l’atlantismo del governo italiano è stato ribadito come non si faceva da tempo