EFFETTO UCRAINA. Telefonata tra Macron, Scholz e Putin: Mosca promette l’accesso al porto di Odessa. Bruxelles pensa a una missione navale, dipenderà anche dalla Turchia che controlla il Bosforo
Un magazzino di una fattoria di grano a Cherkaska Lozova, periferia di Kharkiv, attaccato dai russi - Ap
Volodymyr Zelensky è stato invitato dal presidente del Consiglio Ue Charles Michel a partecipare – via video – al vertice straordinario dei capi di stato e di governo, lunedì a Bruxelles. In discussione, oltre alla non ancora risolta questione dell’embargo al petrolio russo, ci sarà anche la sicurezza alimentare mondiale, messa in crisi del blocco dei porti ucraini del Mar Nero imposto dalla Russia, che usa i cereali come arma strategica.
Ieri, il presidente ucraino ne ha parlato con il premier britannico, Boris Johnson: «Dobbiamo lavorare assieme per prevenire una crisi alimentare e sbloccare i porti». Sull’urgenza di sbloccare il porto di Odessa hanno discusso anche ieri mattina Emmanuel Macron e Olaf Sholz in una telefonata con Putin: secondo l’Eliseo, avrebbero ottenuto la promessa del presidente russo di accordare l’accesso al porto, senza che questa apertura venga sfruttata militarmente dalla Russia. Già giovedì, Putin si era detto disposto a «sormontare la crisi alimentare», a condizione però che vengano levate le sanzioni contro Mosca, che per Putin l’occidente ha imposto «con motivazioni politiche» tentando di rendere la Russia responsabile.
NELLA BOZZA di conclusioni del Consiglio europeo, la Ue «condanna fortemente la distruzione e l’appropriazione illegale della produzione agricola ucraina da parte della Russia» e chiede a Mosca di «mettere fine al blocco dei porti ucraini e permettere l’export di alimenti, in particolare da Odessa». Mentre dovrebbero proseguire i contatti tra Mosca e l’Onu per uno sminamento preventivo del porto.
LA UE RIFLETTE su come agire per facilitare l’uscita dei cereali stoccati nei silos e nei porti ucraini: c’è l’ipotesi di una missione navale per scortare i cargo, ma è un’operazione ad alto rischio vista la presenza di mine, di navi e sottomarini russi. È stata addirittura ventilata l’ipotesi di una scorta fatta dalla Nato, una «coalizione di buona volontà» nel Mar Nero proposta dai paesi del nord, mentre è in corso un negoziato con Mosca, attraverso l’Onu, per permettere l’uscita di convogli di cargo sotto protezione di navi militari di paesi neutri, come l’India per esempio.
MOLTO DIPENDERÀ anche dalla Turchia, che controlla il Bosforo. La Ue esplora anche la via fluviale e quella terrestre, via treno. La Deutsche Bahn ha già un piano chiamato «ponte ferroviario di Berlino», per trasportare i cereali con i treni, attraverso la Polonia, in direzione dei porti del mare del nord tedeschi. La Romania ha messo a disposizione il porto di Costanza, dove i carichi dovrebbero arrivare via treno, ma oltre al problema del diverso scartamento (che comporta perdite di tempo enormi per trasferire la merce e richiede molta manodopera) c’è il limite della quantità: ci vogliono 15 treni per eguagliare un cargo e le strutture portuarie hanno una capacità di ricezione di sole 90mila tonnellate al giorno.
SECONDO GLI USA, ci sarebbero 22 milioni di tonnellate di cereali bloccate in questo momento in Ucraina, in attesa di spedizione. Il ministro del Commercio estero ucraino, Taras Kashka, in un’intervista a Le Monde afferma che quest’anno la produzione di grano è simile a quella del 2021, che gli stock sono pieni e che problemi di penuria potrebbero però intervenire nel 2023, mentre per il mais c’è già una diminuzione, a causa della mancanza di fertilizzanti e di diesel per i macchinari.
Nel 2021, la maggior parte dell’export di cereali è stata via mare: l’Ucraina è il terzo esportatore di grano al mondo con 20 milioni di tonnellate, il quarto per il mais con 24,6 milioni di tonnellate (10 milioni verso la Ue), il primo per i semi di girasole, 5,1 milioni di tonnellate, un’esportazione ora ridotta a 100mila tonnellate al mese, per via terrestre. Per Kashka, attualmente non c’è alternativa ai porti, per organizzare l’esportazione via terra «ci vorranno anni».
INTANTO, IL PREZZO del grano è aumentato del 40%, a 400 euro la tonnellata, e molti paesi rischiano la carestia e conseguenti disordini sociali. L’Egitto, per esempio, primo importatore mondiale, acquista il 50% del grano dalla Russia, il 30% dall’Ucraina. Tutto il nord Africa è a rischio (Libia, Algeria, Tunisia, Marocco), la crisi alimentare minaccia anche la Nigeria e la Ue teme l’afflusso di migranti per fame.