Il premier: «Non ho visto spiragli per la pace. Non c’è alcuna garanzia che l’iniziativa vada a buon fine. Ho preso l’iniziativa per sbloccare il grano. La situazione produrrà costi umanitari terribili». Il gas russo sarebbe assicurato all'Italia. Governo: intesa su balneari e delega fiscale
Il presidente del Consiglio Mario Draghi - LaPresse
Molto più del piano di pace, le cui chances di successo erano esigue e che serviva soprattutto come testa di ponte in vista di un possibile dialogo futuro, la mossa dell’Italia è arrivata ieri, con una telefonata a sorpresa di Draghi a Putin. Obiettivo limitato eppure fondamentale, forse il più vitale di tutti: evitare una crisi umanitaria potenzialmente apocalittica, sbloccare i porti, permettere i trasporti per nave del grano accumulato nei magazzini e destinato presto a marcire. «Ho sentito di prendere questa iniziativa per sbloccare il grano. Perché la crisi alimentare che si sta avvicinando e che purtroppo in alcuni paesi è già presente avrà dimensioni gigantesche e costi umanitari terribili».
È lo stesso premier a illustrare la telefonata, in una conferenza stampa organizzata sui due piedi dopo la riunione del cdm. «Putin ha detto che sbloccare il grano non basterebbe e io ho risposto che intanto quelle tonnellate di grano non marcirebbero nei magazzini». L’autocrate ha segnalato che i porti sono bloccati per le mine ucraine, Draghi ha ribattuto che le mine ci sono per paura di un attacco navale. Quindi devono esserci «garanzie che non avvengano attacchi nel periodo dello sminamento», si vedrà poi quali. Putin ha accettato e se si arrivasse allo
sblocco del grano sarebbe un risultato eccezionale non solo perché salverebbe dalla carestia i paesi poveri dell’Africa e del Medio Oriente ma anche perché un accordo tra i paesi belligeranti su un punto chiave come questo moltiplicherebbe le possibilità di avviare una trattativa più di qualsiasi altra cosa.
Ma Draghi è attento a non peccare di eccessivo ottimismo. «Non c’è alcuna garanzia che questa iniziativa vada a buon fine». Bisogna vedere prima di tutto cosa ne dice Zelensky e si sa che a Kiev la diffidenza è altissima, la paura che i russi approfittino dello sminamento per attaccare dal mare è molto diffusa. Poi, se Zelensky darà il semaforo verde, si tratterà di individuare garanzie tali da rassicurare Kiev. Ma l’apertura del canale di comunicazione diretto voluta dal capo del governo italiano è comunque un elemento positivo, anche se nel prosieguo del colloquio, nel quale ha parlato quasi esclusivamente il leader russo, non ci sono stati segnali che autorizzino il pur minimo ottimismo. «Non ho visto spiragli per la pace», spiega perentorio Draghi. Putin insiste infatti sulla fine delle sanzioni, alle quali addossa la responsabilità della carestia, ma è un argomento oggi fuori discussione. Le cose vanno decisamente meglio per quanto riguarda il rischio di un taglio delle forniture di gas all’Italia. Putin assicura che il gas continuerà ad arrivare in Italia e questa per Draghi è una buona notizia, anche se non inattesa.
Un successo sicuro, pur se certo meno drammatico e importante per il mondo, Draghi ieri lo ha comunque ottenuto e confessa pertanto di essere «molto più sereno dei giorni scorsi». Dopo un’ennesima notte di tregenda con rischio di nuova rottura sulle concessioni balneari a un passo l’intesa è stata raggiunta e il premier «ringrazia i partiti». Due dei quali tutto sono tranne che contenti e soddisfatti. Sul nodo che era ancora non sciolto, quello degli indennizzi, l’ultima parla spetterà al governo con i decreti attuativi. Ma è già certo che la richiesta di Lega e Fi, quella di valutare il valore aziendale non al netto degli ammortamenti non verrà neppure presa in considerazione. In caso contrario, l’Italia incorrerebbe probabilmente nella procedura d’infrazione europea ed è per questo che Draghi, dopo aver mediato sul rinvio di un anno della messa a gara, si è però impuntato sugli indennizzi.
L’ultima buona novella Draghi la dà per imminente in conferenza stampa e infatti arriva poco dopo, al termine della riunione di maggioranza sulla delega fiscale a palazzo Chigi. L’accordo di maggioranza c’è. La delega arriverà in aula come previsto, il 20 giugno. Sul fronte del Pnrr il premier, dopo il lungo e dettagliato rapporto sullo stato delle cose, delle riforme, degli investimenti e dei progetti svolto dal sottosegretario Garofoli si mostra del tutto sicuro: «A questo punto sono molto tranquillo. Tutti gli obiettivi in programma entro giugno saranno raggiunti».