FINLANDIA . Un documento del governo chiede una road map al parlamento
Manifestazione contro la guerra a Helsinki - Ap
L’accelerata impressa, ad inizio settimana, dalla premier socialdemocratica, Sanna Marin, in merito all’adesione della Finlandia alla Nato ha spiazzato oltre che i vicini svedesi anche gli alleati di governo di Vasemmistoliitto (Alleanza di sinistra), storicamente pacifisti e neutralisti.
La premier svedese, Magdalena Andersson, ha annunciato la volontà del suo paese di procedere con la richiesta di adesione «tra qualche mese» mentre la giovane premier finlandese ha insistito di voler chiudere la discussione in «poche settimane». Nell’intervista al quotidiano Iltalehti lunedì, Sanna Marin, aveva aggiunto poi che «esiste una solida e larga maggioranza parlamentare a favore della Nato». La notizia sulle «poche settimane» e sulla «larga maggioranza» ha spiazzato di fatto l’Alleanza di sinistra che, a marzo, aveva appoggiato l’invio di armi all’Ucraina ma che non immaginava tempi così stretti per la richiesta di adesione.
Il sondaggio di inizio marzo nel quale, per la prima volta, i finlandesi si dichiaravano a maggioranza a favore dell’Alleanza atlantica aveva però evidenziato come, ad essere ancora in maggioranza per la neutralità del paese, fossero proprio gli elettori di Vasemmistoliitto. L’Alleanza di sinistra è un partito politico nato nel 1990 dalla confluenza dei socialisti dell’Skdl e degli eurocomunisti dell’Skp e fa parte della Sinistra europea.
Un partito che è quasi sempre stato alleato di governo dei socialdemocratici e che attualmente esprime due ministri tra i quali la giovane leader, Li Andersoon, all’istruzione. Nella conferenza stampa di qualche settimana fa, dopo la direzione del partito, Andersoon aveva dichiarato che «l’adesione della Finlandia alla Nato non può essere una reazione alla guerra in Ucraina» chiedendo tempo rispetto alla decisione e rilanciando l’idea di un referendum popolare denunciando, contestualmente, «l’atmosfera tossica del dibattito che circonda l’adesione e la politica estera e di sicurezza». La polarizzazione sull’adesione è centrale nel dibattito sui social dove l’accusa di «filoputinismo» o di «troll di Mosca» appare in risposta ai commenti che rivendicano la storia di neutralità del paese.
La Finlandia, come gli altri paesi scandinavi, ha la leva obbligatoria (con possibilità di obiezione di coscienza) e dichiara una capacità di mobilitazione di 900 mila riservisti su una popolazione totale di 5,5 milioni di abitanti. Già nel 2015, durante il periodo di tensione con Mosca, ne erano stati richiamati 250 mila. I 1300 km di confine con la Russia la rendendo il paese al mondo con la frontiera più estesa con la Federazione.
Temi centrali nel dibattito di questi giorni rilanciati dalla relazione sulla «sicurezza» approvata mercoledì (dopo l’intervista della premier Marin) da tutto il consiglio dei ministri, compresi i rappresentanti dei Verdi e della sinistra. Nel documento il governo chiede una road map al parlamento per discutere e decidere sull’adesione già dalla prossima settimana. Un percorso, di fatto, accettato anche dalla dirigenza di Vasemmistoliitto. Per ora solo il deputato dell’Alleanza di sinistra, Johannes Yrttiaho, è uscito alla scoperto definendo la relazione «completamente unilaterale, senza la minima valutazione critica della situazione della politica di sicurezza o delle opzioni per la Finlandia» denunciando come «l’adesione alla Nato significherà la riduzione del potere decisionale del nostro paese con la presenza di truppe straniere e anche un cambiamento nella politica finlandese in materia di armi nucleari».