Il caso. Dopo lo sblocco dei licenziamenti. Draghi: un tavolo con i sindacati «tra fine agosto e settembre». Ma è emergenza. Dagli ammortizzatori sociali fino alle politiche della prevenzione sul lavoro: lo stallo dell’esecutivo
Mentre continua lo stillicidio dei licenziamenti sbloccati dal primo luglio attraverso le mail, un Whatsapp o con le modalità tradizionali il presidente del Consiglio Mario Draghi ha fatto sapere per le vie brevi, cioè a voce, ai sindacati confederali Cgil Cisl e Uil che lo hanno incontrato l’altro ieri a Palazzo Chigi che convocherà un incontro tra fine agosto e inizio settembre . Con calma, dopo le ferie agostane, un altro tavolo. E poi si vedrà. Resta senza risposta la richiesta di bloccare, subito, i licenziamenti con una norma apposita come richiesto tra gli altri dagli operai licenziati e insorti della Gkn, dai sindacati di base, dagli scioperi di due ore al giorno fatti dai metalmeccanici in luglio e anche dal segretario del Pd Enrico Letta che però mantiene da molti giorni un rigoroso silenzio. Il problema è che l’avviso comune sottoscritto il 29 giugno scorso dal governo con Cgil, Cisl e Uil e Confcooperative, Cna, Confapi, Confindustria non sembra avere un valore vincolante, almeno nelle prime aziende che non hanno deciso di usare gli ammortizzatori sociali prima di procedere ai licenziamenti.
SUL TAVOLO c’è anche un’altra norma, invocata da più parti, che dovrebbe impedire di licenziare alle aziende che hanno ricevuto dal governo sussidi e l’estensione della cassa integrazione nei mesi della pandemia. A cominciare dalle multinazionali. Nessuno sembra per ora avere ritenuto necessario, in questi casi, chiedere un impegno preciso alle aziende perché mantengano l’occupazione.
TUTTO QUESTO sta accadendo in mancanza di una politica industriale e di una riforma «universale» degli ammortizzatori sociali, anch’essa più volte annunciata dal governo. Il ministro del lavoro Andrea Orlando, che ieri sera ha incontrato gli operai della Gkn a Campi Bisenzio, aveva fatto trapelare che sarebbe arrivata «entro l’estate». Il che vuole dire: tra oggi e il 21 settembre. L’estate è lunga. Senza contare che, difficilmente, sarà totalmente operativa e avrà bisogno di un approfondito iter legislativo. Sbloccare i licenziamenti senza avere realizzato una riforma di questa portata costituisce oggi un’altra défaillance sia nel programma del «governo dei migliori» che in quello precedente del «Conte 2». Il problema era più che noto sin dalle prime settimane della pandemia: marzo 2020. Dopo un anno e mezzo non è stato fatto nulla, come del resto su tutte le politiche sociali, a cominciare dalla più volte evocata revisione del «reddito di cittadinanza». Qui si intende una stretta dell’impianto originario verso le politiche attive del lavoro anche punitive, tutte da costruire. Non si parla di una sua estensione, senza vincoli e condizioni, verso un reddito di base. Si sa come funzionano le cose nella politica del «vincolo esterno»: se una riforma non è esplicitamente richiesta dai custodi europei della cosiddetta «economia sociale di mercato», allora manca la condizione per ritenere assolutamente imprescindibile adottarla. E va tenuto conto del fatto che, se e quando arriveranno, questa o quella riforma risponderanno comunque alle regole del suddetto ordine.
I FRONTI della polemica politica, a partire dai licenziamenti, si stanno moltiplicando giorno dopo giorno. Versante Gkn: sta girando una petizione diretta a Mario Draghi con 6500 firme su appellogkn.it. è stato lanciato dagli ex presidenti della Regione Toscana Mario Chiti, Claudio Martini e Enrico Rossi, è stato sottoscritto anche da Don Giovanni Momigli per la Curia fiorentina e evoca un ruolo centrale dello Stato e il ritiro dei 422 licenziamenti da parte dell’azienda. Quest’ultima li ha confermati.
VERSANTE Logista a Bologna. Per Logistic Time, l’azienda appaltante da cui dipendono circa 65 lavoratori, più quelli dell’indotto, «a fronte delle modificate esigenze operative» si è trattato di un messaggio inviato a quelli in turno «dispensandoli, sebbene retribuiti», dalla giornata di lavoro« al fine «di organizzare le attività del sito». Un messaggio che »non si configura come lettera di licenziamento». Tali modalità hanno provocato ieri le critiche del presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini che ha chiesto, anche qui, l’intervento del governo: »Non esiste che in pochi secondi, il tempo di un messaggio su Whatsapp, si possano licenziare lavoratori». Sulla questione il movimento Cinque Stelle ha presentato una doppia interrogazione a Orlando sia alla Camera che al Senato.