La crisi dei 5 Stelle. Il Movimento vive ancora nell’equivoco che “i nostri valori” riguardino solo la moralizzazione della politica e il funzionamento del Movimento e del Parlamento. Ma poi? Un progetto di società per il 2050 non s’intravede
In questi giorni sembra proprio che lo scopo del Movimento 5 stelle sia il Movimento 5 stelle. Protagonisti e commentatori parlano del maggiore partito come se fosse una squadra di calcio. Occupandosi solo – in metafora – di allenatori, giocatori, regolamenti, e di chi sta con chi. Ma nessuno si chiede: qual è lo scopo del Movimento?
Il Movimento vive ancora nell’equivoco che “i nostri valori” riguardino solo la moralizzazione della politica e il funzionamento del Movimento e del Parlamento. Ma poi? Un progetto di società per il 2050 non s’intravede. A meno che l’obiettivo di un mondo più equo e sostenibile si esaurisca nelle votazioni degli user in internet (“democrazia diretta”), nella riduzione dei “costi della politica” e degli stipendi, delle pensioni, delle “poltrone” dei parlamentari, e in un sussidio a una piccola parte delle decine di milioni di impoveriti e poveri nel nostro paese (“reddito di cittadinanza”). Fin dall’inizio il dibattito delle idee e “le correnti” furono proscritti, a favore della “corrente continua” della centrale.
Ma se ogni testa 5 stelle è una corrente, l’attuale cortocircuito era inevitabile.
I più di 300 eletti fuoriusciti dal Movimento sono andati in tutte le direzioni, in mancanza di visioni comuni per tenere insieme almeno alcuni di loro. Questa è la conseguenza dell’essersi richiamati indifferentemente ad Almirante e a Berlinguer, all’anatema contro i partiti e all’alleanza con quasi tutti i partiti, ai gilet gialli e a Mattarella, all’uscita dall’euro e a Mario Draghi, alla devozione alla natura e al proselitismo tecnologico per la digitalizzazione di ogni aspetto della vita, alle tecnologie dolci e alla fissione e fusione nucleare.
La politica è confronto e contesa. Ma in cosa divergono le visioni di Conte e di Grillo? Di Conte non sono note esternazioni programmatiche degli ultimi anni o decenni. Un indizio sarebbe la sua Carta dei principi e dei valori del Movimento, finora sconosciuta.
Di Grillo si conosco trent’anni di scalmanata critica ecologica, economica e sociale. E inoltre la dimenticata sua “magna carta” del Movimento (“Perché non voto”, 11 aprile 2008, Internazionale).
In essa Grillo mira per il 2050 al dimezzamento dell’uso di energia primaria da 4000 a 2000 watt pro capite, dell’uso di materiali (da 40 a 30 tonnellate pro capite per anno) e delle ore di lavoro remunerato da 40 a 20 ore per settimana, ossia 30 000 ore in una vita.
Tutti si occupano dello Statuto ma si disinteressano alla Carta dei principi e dei valori. Eppure, mai come oggi occorre prendere posizione sulle due questioni divisive del secolo: la responsabilità ecologica e la giustizia distributiva. La ragione ecologica ci dice che nell’epoca dell’Antropocene l’umanità, anzi, la sua parte più ricca, deve moderare le sue attività per poter rimanere in uno “spazio ecologico sicuro” all’interno dei “confini planetari” ecologici.
Occorre quindi ridimensionare il tenore materiale di vita dei più benestanti, e migliorare quello degli altri abitanti della Terra. Occorre la sostituzione delle tecnologie non sostenibili e – ove possibile – un ricorso alla natura, alle soluzioni semplici e alle persone, invece che a tecnologie mirabolanti.
Occorre superare il dominio dell’economia sulla politica e l’imperativo della crescita economica nei paesi ricchi. E occorre soprattutto una cambiamento della gerarchia dei valori tra vivere, lavorare, produrre e consumare.
Da mezzo secolo sappiamo come sventare il tracollo ecologico. Eppure abbiamo tergiversato.
È per recuperare il mezzo secolo perduto che ora occorre una accelerata transizione ecologica, invece di un’impossibile “crescita green” o di un’arcadica “maggiore attenzione per l’ambiente”. Con le parole di Papa Francesco, urgono una “conversione ecologica” e “una certa decrescita in alcune parti del mondo perché si possa crescere in modo sano in altre parti” (Laudato si’, 193).
Le diseguaglianze sociali sono l’altra cruciale e divisiva questione del secolo. In quasi tutti i paesi c’è stato per quarant’anni un accumulo di ricchezza al vertice della piramide, a scapito di un impoverimento e precarizzazione delle classi medie e della miseria degli emarginati. Il progresso tecnico ha creato più ricchezza di quella necessaria ad abolire davvero la povertà. Ma lo scandalo della povertà non si può affrontare senza affrontare lo scandalo della ricchezza. Per questo occorrono riforme fiscali di forte progressività, come raccomanda Thomas Piketty.
Se volessero davvero essere “il partito del 2050”, i 5 stelle dovrebbe tenere un discorso pubblico e impegnarsi sulle due brucianti e divisive sfide del secolo: l’ecologia e la giustizia sociale.
Ben vengano allora le discussioni, le contese ideali, anche le correnti e le scissioni, se necessario. Ma che siano sulla politica del nostro grande mondo là fuori, non sui regolamenti del loro piccolo mondo là dentro.
* Marco Morosini lavora dal 1992 con Beppe Grillo. Nel 2020 ha pubblicato il libro “Snaturati – La vera storia dei 5 stelle raccontata da uno dei padri” con prefazione di Michele Serra (marcomorosini.eu/libri/snaturati2020).