Rinnovo dei Contratti. Fim, Fiom e Uilm decidono per 6 ore. Oggi la protesta dell’industria alimentare mentre Assica disattende il niet di Bonomi e aderisce all'accordo contestato
Uno sciopero spontaneo in una fabbrica metalmeccanica
Mancava solo la data. Per lo sciopero dei metalmeccanici Fim, Fiom e Uilm hanno scelto giovedì 5 novembre: un anno esatto dall’inizio della trattativa per il rinnovo del contratto nazionale. Un contratto che si è arenato sull’aumento salariale che, seguendo la linea Bonomi, Federmeccanica non vuole portare oltre al recupero dell’inflazione: 40 euro contro i 145 chiesti dai sindacati confederali.
La modalità è inedita ed è frutto di un compromesso: quattro ore a cui in quasi tutta Italia si uniranno due ore di assemblea-sciopero per spiegare ai lavoratori le ragioni della rottura con Federmeccanica e Assistal.
Come e più di mercoledì, ieri si sono tenuti molti scioperi spontanei in circa un centinaio di fabbriche grandi e piccole del Piemonte, del Veneto, dell’Emilia-Romagna.
La decisione sullo sciopero è arrivata di prima mattina dalle segreterie unitarie. «L’adeguamento del salario per i lavoratori serve anche per la ripresa del paese e noi facciamo questo sciopero per riaprire la trattativa perché vogliamo rinnovare il contratto – ha spiegato la segretaria generale della Fiom Francesca Re David – . La posizione di Federmeccanica sul blocco dei salari è molto precedente al Covid. Per noi è inaccettabile: i metalmeccanici hanno scioperato per mettere in sicurezza il paese e le aziende, hanno vissuto e stanno vivendo mesi di cassa integrazione e ora vivono il rischio dei licenziamenti. Hanno dunque il diritto di vedersi rinnovato il loro contratto».
«Siamo convinti che la linea di Confindustria sia una linea suicida», ha ribadito il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella. «Una linea che sta già mettendo in discussione la stessa tenuta di Confindustria». «Tutte le categorie sindacali – ha sottolineato Palombella – sono unite in questa partita, il nostro è un obiettivo comune, come dimostra la linea rigida delle altre confederazioni nei confronti di Bonomi e di Confindustria».
Parole a cui hanno fatto eco quelle del segretario generale della Fim Cisl Roberto Benaglia, che blocca sul nascere qualsiasi polemica contro un sindacato fuori dalla realtà: «Guai a pensare che c’è un sindacato che viaggia nei suoi riti. Siamo perfettamente consapevoli di cosa significhi fare impresa nell’incertezza e per i lavoratori avere posti sicuri. La nostra piattaforma unitaria tiene conto del fatto che molte aziende non hanno rispettato il contratto precedente, che prevedeva l’allargamento della contrattazione di secondo livello e 24 ore di formazione. Questi impegni non sono stati attuati».
Chiudendo il seguente Comitato centrale della Fiom Francesca Re David ha chiarito: «Non esiste un piano B: ora al lavoro e alla lotta».
Fim, Fiom e Uilm hanno chiesto alla politica di schierarsi. In mattinata, la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo ha esortato le parti a non fermare le contrattazioni sul rinnovo dei contratti, sottolineando come negli ultimi decenni in Italia si è avuta una «stagnazione salariale» e ribadendo l’intenzione da parte del governo di detassare gli aumenti salariali, storica richiesta di Fiom e Cgil.
OGGI SI TIENE INVECE lo sciopero di 4 ore dei lavoratori dell’industria alimentare con presidi sotto aziende, sedi locali di Confindustria e a Roma sotto Federalimentare. I sindacati Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil mettono in atto la protesta annunciata per rivendicare il contratto firmato il 31 luglio con Unionfood, Assobirra e Ancit come «l’unico contratto nazionale». Lo hanno ribadito ieri i segretari generali Giovanni Mininni (Flai Cgil), Onofrio Rota (Fai Cisl) e Stefano Mantegazza (Uila) annunciando già un nuovo sciopero il 9 novembre qualora «non ci fossero le adesione necessarie al contratto con manifestazioni in 20 piazze».
Ma proprio ieri Assica-Confindustria, l’associazione industriali della carni e dei salumi, ha dato la sua adesione all’accordo del 31 luglio per il rinnovo del contratto. Un duro colpo per Carlo Bonomi che aveva invece cercato inutilmente di convincere Union Food e le grandi aziende a ritirare la firma dal contratto che prevede 115 euro di aumetno. Assica infligge una batosta a Bonomi e certifica come Confindustria sia tutt’altro che compatta sulla linea del no agli aumenti oltre l’inflazione.