da "il Fatto Quotidiano" del 22/11/2017
Alfiero Grandi (vicepresidente del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale)
Il rischio è che ci sia assuefazione alla legge elettorale approvata con ben 8 voti di fiducia per impedire che i parlamentari si prendessero la libertà di avere un’opinione. Questa forzatura è servita a creare un fatto compiuto e nel nostro Paese questo spesso vuol dire assuefazione. Invece no, occorre contrastare la politica del fatto compiuto e dell’assuefazione facile. Questa legge elettorale probabilmente sarà quella con cui si voterà nelle prossime elezioni, se la Corte non accetterà prima del voto i rilievi di costituzionalità che sono stati presentati in diversi tribunali dagli avvocati del Comitato democrazia costituzionale. Dopo il voto solo un’iniziativa forte dei cittadini potrà sbloccare la situazione allucinante che questa legge provocherà.
Resta in parte un mistero perchè il Pd abbia voluto questa legge fino a spingere il governo a mettere voti di fiducia a ripetizione. Si intuisce che è una legge studiata per fermare i 5 Stelle e stroncare sul nascere la sinistra che ha rotto con il Pd. Ma proprio al Pd questa legge non porterà benefici, anche moltiplicando le liste civetta, perchè il problema del Pd non è aumentare i richiami ma le elettrici e gli elettori che non perdonano scelte politiche sbagliate. Invece il centro destra avrà benefici importanti, al punto che anzichè un nuovo patto del Nazareno potrebbe ricomparire in grande spolvero un nuovo palazzo Grazioli.
Comunque sia è evidente che la maggioranza dei partiti che occuperanno le Camere con i loro parlamentari nominati non rimetteranno in discussione questa legge elettorale. È già accaduto con il “Porcellum” voluto dal centrodestra e che il centrosinistra non ha cambiato quando avrebbe potuto e dovuto, perchè la tentazione di decidere chi verrà eletto in Parlamento per i capi partito è troppo forte, inarrestabile. La questione di chi elegge i rappresentanti non è un’astratta questione di principio ma un concreto problema costituzionale. La nostra è una Repubblica parlamentare, così afferma con forza la nostra Costituzione. Se il parlamento viene ridotto a mero votificio, viene intaccato un caposaldo del nostro assetto costituzionale. Da questa atrofizzazione del ruolo del Parlamento è inevitabile che si arrivi a un accentramento del potere in poche mani, a una democrazia sbrigativa e decisionista. In sostanza si finirebbe con lo scivolare, prima o poi, verso qualche forma di presidenzialismo, come del resto era già implicito nelle modifiche costituzionali di Renzi, per fortuna bocciate il 4 dicembre 2016.
Può essere che il colpo di mano dei voti di fiducia a raffica impedisca di votare tra pochi mesi con una legge elettorale degna di questo nome, ma non deve accadere che ci teniamo questo infernale meccanismo elettorale per sempre. Non sarà dal Parlamento che verranno modifiche positive. Ancora una volta sarà solo dalla volontà attiva dei cittadini che potrà venire la spallata per cambiare, completando il percorso iniziato con il referendum costituzionale. È opportuno provare a smuovere la Corte costituzionale con le iniziative degli avvocati. Ci sono punti su cui è possibile ottenere risposte, ad esempio sul voto per i candidati nei collegi uninominali della Camera e del Senato che portano con sé l’elezione conseguente di altri parlamentari e potrebbero perfino aiutare l’elezione di candidati in aree molto lontane. La costrizione creata dal voto unico crea un problema di libertà del voto dell’elettore.
Anche se le istanze degli avvocati trovassero ascolto presso la Corte, come è auspicabile, ci sono aspetti della legge elettorale che per questa via difficilmente verrebbero risolti perché richiedono scelte politiche più impegnative. Quindi è inevitabile che per modificare la legge elettorale si arrivi a porsi il problema di usare lo strumento del referendum abrogativo. I cittadini debbono rialzare la testa e, come nei momenti decisivi della nostra storia, debbono porsi il problema di modificare la legge elettorale per riportare i parlamentari a un rapporto diretto con gli elettori e non ad una sorta di carriera per cooptazione dall’alto.
Non ci sono alternative. Se non vogliamo tenerci questa schifezza occorre spiegare, mobilitare, arrivare ad una prova di forza referendaria che obblighi a cambiare. La qualità del parlamento è decisiva per le scelte concrete che ci aspettano. Fateci eleggere i nostri rappresentanti, questa era la sintesi della nostra critica alla legge elettorale e resta la parola d’ordine fondamentale. Senza trascurare che questa legge elettorale potrebbe rivelarsi una pentola diabolica ma senza coperchio e quindi la prossima legislatura potrebbe non avere vita lunga e un’iniziativa referendaria che inizia il suo percorso dopo il voto potrebbe rivelarsi provvidenziale. È aperta una grande questione democratica, la risposta deve essere una risposta di massa.