Mediterraneo Lo ha stabilito il tribunale di Vibo Valentia. Sui prossimi casi, però, varrà il dl flussi
La Ong Sea Eye vista durante un salvataggio – Guillaume Duez
«Le indicazioni dei libici non possono considerarsi emesse nel rispetto della normativa internazionale». Il tribunale di Vibo Valentia ha smontato nel merito le violazioni contestate, ai sensi del decreto Piantedosi, alla Sea-Eye 4 nell’ottobre 2023. Dopo un tragico soccorso, una cinquantina di persone di cui quattro annegate provando a fuggire dal pattugliatore di Tripoli “Nalut” presente sul posto, la nave era stata fermata nel porto calabrese. La giudice Ida Cuffaro ha messo nero su bianco che in base alle convenzioni internazionali il «dovere di soccorso» ha «carattere assoluto» per tutti i comandanti: il solo limite è non mettere in pericolo imbarcazione, equipaggio o passeggeri. Nessuna autorità, o supposta tale, può ordinare di non soccorrere.
La sentenza, datata 4 dicembre, fa a pezzi l’impianto accusatorio. L’unico elemento fornito dai ministeri di Infrastrutture ed Economia, per conto di guardia costiera e di finanza che hanno contestato le presunte violazioni e ora dovranno pagare 10mila euro, è una mail ricevuta dai libici. Ma questa si limita «a una oltremodo generica ricostruzione dei fatti che nulla provano in ordine alla effettiva dinamica degli eventi», dice la sentenza. «Le autorità italiane non sono presenti dove accadono i fatti, non sanno nulla. Basano le contestazioni sulle scarne informazioni ricevute da un altro Paese. Noi abbiamo fornito video, comunicazioni scritte e registrazioni radio per rappresentare correttamente la situazione», afferma l’avvocato Dario Bellucci, tra i difensori dell’ong.
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Il giudice: quelli dei libici non sono soccorsiLe motivazioni del tribunale ricalcano quelle delle analoghe sentenze di merito di Reggio Calabria, sempre su Sea-Eye, e Crotone, su Sos Humanity. L’avvocatura dello Stato ha impugnato entrambe. In un altro caso è stata dichiarata la mancanza di interesse ad agire perché il sequestro era terminato. Di parere negativo, invece, la decisione contro la Geo Barents di Medici senza frontiere per un fermo ad Ancona, contro cui l’ong ha fatto ricorso. La nave di Msf è nella posizione più complicata. Ha già due ordinanze esecutive, doppia violazione per lo stesso comandante, che sono il presupposto per la sanzione finale: la confisca.
Il quadro, comunque, cambierà completamente nelle prossime missioni per effetto del dl flussi, convertito in legge. Le novità sono tante. Riguardano in primo luogo la procedura punitiva. Una misura di dubbia legittimità prevede che il verbale di contestazione dell’eventuale illecito sia trasmesso entro cinque giorni al prefetto che ha altri cinque giorni per disporre il fermo. Nel frattempo la nave deve restare in porto. Il governo pretende poi che i ricorsi siano presentati prima al prefetto e poi in tribunale. Il primo non è un soggetto imparziale, ma per arrivare al secondo si allungheranno i tempi.
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Così il decreto flussi può affondare le ongLe impugnazioni riguardano sia la multa che il fermo. Nel modello paradossale costruito da Piantedosi il secondo, che ha un impatto maggiore, è considerato sanzione accessoria mentre la prima è quella principale. E su questa si stabilisce la recidiva che in base alla nuova interverrà non solo quando il comandante ripete una violazione ma anche quando sono implicati, per quella nave, la stessa ong o lo stesso armatore. In pratica: sempre. Prima o dopo, quindi, è verosimile scattino le confische. Anche perché le multe non possono essere impugnate subito ma solo quando il prefetto invia l’ingiunzione con la cifra esatta. In alcuni casi questo atto non è ancora arrivato nonostante sia trascorso un anno, in altri ne sono arrivati due insieme facendo passare le sanzioni al livello superiore.
Tra i giuristi ci sono pareri discordanti se per la recidiva varranno anche le contestazioni precedenti al dl flussi: a norma di legge sembrerebbe illegittimo perché siamo nel civile ma valgono i principi generali del diritto penale. Di chiaro c’è solo una cosa: la minaccia ai soccorsi.