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La maggioranza si spacca sul decreto fiscale. Lo scontro a tutto campo tra Tajani e Salvini precipita sul contributo per la Rai: Forza Italia vota con le opposizioni e il governo va sotto. La sostituzione di Fitto scatena gli appetiti. Meloni furiosa minaccia il ritorno alle urne

Attenti al canone La contesa tra Forza Italia e Lega si mostra sulla Rai e investe gli equilibri nella maggioranza. La premier arriva a minacciare le elezioni

Destra divisa, Meloni furiosa Giorgia Meloni tra Matteo Salvini e Antonio Tajani – Ansa

La destra si divide in commissione bilancio al senato sul decreto fiscale che andrà domani in aula con la fiducia. Questa vicenda è la punta dell’iceberg di tensioni più profonde che rischiano di aggravarsi. Il governo, è la sintesi del senatore leghista Claudio Borghi, aveva dato l’ok per un taglio al canone «di 20 euro per 20 milioni di abbonati, tra cui milioni di famiglie povere». Ma al momento del voto Forza Italia si è schierata con le opposizioni e l’emendamento è stato bocciato per due voti.

GLI AZZURRI si oppongono da tempo alle spinte di Salvini, che ha scritto nel suo programma elettorale di voler ridurre il canone e che vuole perseguire il disegno fino a compensare con la fiscalità generale o alzando il tetto della raccolta pubblicitaria. Cosa che inquieta molto la famiglia Berlusconi, anche se ieri il leader di Fi Antonio Tajani, rivendicando la sua contrarietà alla proposta leghista, ha rigettato con sdegno le illazioni circa le interferenze della famiglia del fondatore sulle linee programmatiche del partito.

DA PALAZZO CHIGI sottolineano che «l’inciampo della maggioranza sul tema del taglio del canone Rai non giova a nessuno» ma ripetono il refrain: «Il governo è fortemente impegnato nel sostegno a famiglie e imprese, operando sempre in un quadro di credibilità e serietà». La verità è che Giorgia Meloni viene descritta come fuori di sé: accusa Tajani di non aver rispettato il «patto dell’apericena» stretto il giorno prima, in base al quale il suo partito si sarebbe dovuto astenere sul canone. A quel punto la partita sull’emendamento sarebbe finita dieci a dieci ma la destra avrebbe prevalso con una piccola forzatura: si sarebbe avvalsa del voto del presidente della commissione, il meloniano Nicola Calandrini. Era sul luogo del delitto Dario Damiani, senatore di Forza Italia: «Non c’è nessuna prova di forza – giura Damiani – Avevamo detto che l’emendamento era divisivo e abbiamo votato di conseguenza. Dopodiché abbiamo votato tutti gli emendamenti». Alla rabbia della presidente del consiglio bisogna aggiungere un altro ingrediente: l’Italia sulla tregua in Libano, nonostante il ruolo del contingente tricolore in Unifil, non ha toccato palla. Il che si ripercuote sui rapporti con Tajani in quanto ministro degli esteri.

DA FI, PERALTRO, fanno sapere in tutti i modi che si considerano la seconda forza della maggioranza. E che, in altre parole, gli equilibri su cui si fondava il governo sono ormai

mutati. Dalla Lega sventolano numeri dei parlamentari: stando alla fotografia del voto del settembre 2022, Salvini ne ha circa venti in più. Meloni dice che è lei, con FdI, a detenere la «golden share». Il che significa che quando vuole può giocare la carta delle elezioni anticipate. Ma per questa extrema ratio bisogna fare i conti con il Quirinale. Infine, c’è da sostituire Raffaele Fitto. La premier non vuole sentir parlare di rimpasto, ma gli azzurri guardano alla casella (che sarebbe promessa a Elisabetta Belloni) con appetito (pensano all’ex capogruppo Alessandro Cattaneo)

INSOMMA, restano rancori e si consumano vendette. Lo si capisce quando, sempre in commissione a Palazzo Madama, viene bocciato un emendamento sui bilanci della sanità calabrese presentato da Claudio Lotito, anche lui di Fi, sulla sanità calabrese. E sempre la Rai è tema di scontro e divisioni. Ancora una volta la convocazione della vigilanza è andata buca. C’entra il muro contro muro sul nome di Simona Agnes, ma a questo punto le tensioni che serpeggiano a destra si insinuano nella contesa. Perché il presidente è, da regolamento, il membro anziano del consiglio di amministrazione Antonio Marano: in quota Lega. A questo punto, le opposizioni affondano il colpo: «Su questo decreto la maggioranza sta mostrando grande fragilità – attacca il capogruppo dei 5 Stelle Stefano Patuanelli – E non è finita, perché ci sarà ancora il tema del payback». Per il suo omologo del Pd Francesco Boccia «è evidente che il decreto fiscale, del quale avevamo chiesto il ritiro, è il simbolo del patto di potere: stanno insieme solo per pura gestione di potere, lo abbiamo denunciato il primo giorno in questa legislatura».