Siamo docenti del Liceo artistico Russoli di Pisa e oggi siamo rimasti sconcertati da quanto accaduto in via San Frediano, di fronte alla nostra scuola. Studenti per lo più minorenni sono stati manganellati senza motivo perché il corteo che chiedeva il cessate il fuoco in Palestina, assolutamente pacifico, chissà mai perché, non avrebbe dovuto sfilare in Piazza Cavalieri. Gli agenti in assetto antisommossa avevano chiuso la strada e attendevano i ragazzi con scudi e manganelli, mentre dalla parte opposta le forze dell’ordine chiudevano la via all’altezza di Piazza Dante. In via Tavoleria un’altra squadra con scudi e manganelli.
Proprio di fronte all’ingresso del nostro liceo, hanno fatto partire dapprima una carica e poi altre due contro quei giovani con le mani alzate. Non sappiamo se se siano volate parole forti, anche fuori luogo, d’indignazione e sdegno, fatto sta che, senza neanche trattare con gli studenti o provare a dialogare, abbiamo assistito a scene di inaudita violenza. Ci siamo trovati ragazze e ragazzi delle nostre classi tremanti, scioccate, chi con un dito rotto, chi con un dolore alla spalla o alla schiena per manganellate gentilmente ricevute, mentre una quantità incredibile di volanti sfrecciava in Via Tavoleria.
Come educatori siamo allibiti di fronte a quanto successo oggi. Riteniamo che qualcuno debba rispondere dello stato di inaudita e ingiustificabile violenza cui sono stati sottoposti cento/duecento studenti scesi in piazza pacificamente: perché si è deciso di chiuderli in un imbuto per poi riempirli di botte? Chi ha deciso questo schieramento di forze, che neanche per iniziative di maggior partecipazione e tensione hanno attraversato la nostra città?
Oggi è stata una giornata vergognosa per chi ha gestito l’ordine pubblico in città e qualcuno ne deve rispondere.
L’Università di Pisa esprime profonda preoccupazione e sconcerto per gli scontri avvenuti questa mattina nel centro della città, che hanno causato a quanto pare il ferimento di studenti universitari e di studenti delle scuole superiori.
In attesa di ricevere chiarimenti sull’accaduto e sull’operato delle forze dell’ordine, auspica che tutte le autorità competenti intervengano per garantire la corretta e pacifica dialettica democratica, tutelando la sicurezza della popolazione e della comunità studentesca.
Conferma la sua posizione caratterizzata dalla massima apertura al dialogo pacifico fra tutte le posizioni e dal ripudio della violenza in tutte le sue forme. Riguardo alla tragica situazione in Israele e Palestina, ribadisce il suo sgomento per l’attacco terroristico dell'ottobre scorso e per la strage attualmente in corso nella striscia di Gaza, unendo la sua voce a quella di tutti coloro che chiedono l’immediato cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi.
Informa di aver già organizzato per il 14 marzo una riunione straordinaria del Senato Accademico aperta alla partecipazione di esterni, nel corso del quale verranno presentate, discusse e votate mozioni, elaborate anche da gruppi studenteschi, su questa e altre questioni di grande impatto sociale.
Riccardo Zucchi
Rettore dell’Università di Pisa
Si muore nei grandi impianti come sui cantieri. Dopo la strage di Firenze, ieri un operaio ha perso la vita nello stabilimento Stellantis in provincia di Avellino. Anche lui era in appalto, vittima degli affidamenti al ribasso. «Esterno» in un fabbrica dove lavorava da venti anni
BARA D'APPALTO. Il 52enne lavorava da venti anni nello stabilimento di Pratola Serra, nell’avellinese, ma era assunto da una ditta esterna. Fiom: «Gli affidi sono al ribasso, chi se li aggiudica chiede ai dipendenti mansioni sempre più pesanti»
Lo stabilimento Stellantis di Pratola Serra (Avellino) dove è morto un operaio di 52 anni - foto Ansa
Era andato nel magazzino dei basamenti dei motori per verificare quali fossero le cause di un’anomalia ed è stato colpito all’addome da una sbarra automatica. È morto così Domenico Fatigati, cinquantaduenne di Acerra, un comune in provincia di Napoli, sposato con tre figli, il più piccolo dei quali di 7 anni. La tragedia pochi minuti prima delle otto di ieri mattina nello stabilimento Stellantis di Pratola Serra, in provincia di Avellino. Una fabbrica dove lavorano 1.600 operai, i quali producono i motori 1600, 2000 e 2200 che si montano sulla jeep Renegade, sull’Alfa Romeo Tonale e sul Ducato.
FATIGATI LAVORAVA lì dentro da circa 20 anni e lo conoscevano tutti. Non era però dipendente di Stellantis, ma di MS Industrial, un’azienda che ha la sede legale a Foggia e che ha in appalto parte della gestione dei magazzini. Guadagnava circa 1.500 euro al mese. «Da quando l’ho incontrato in fabbrica per la prima volta – racconta Giuseppe Morsa, delegato della Rsa a Pratola Serra e segretario della Fiom Cgil di Avellino – è sempre stato con una ditta in appalto esterno. Prima si chiamava Fratelli Pietropaolo». Nello stabilimento in provincia di Avellino la logistica è affidata alla De Vitia, i magazzini in parte (l’altra è gestita in proprio da Stellantis) a MS Industrial. Sono poi affidate a terzi mensa e pulizia.
«GLI APPALTI sono centralizzati – dice Morsa – nel senso che li gestisce direttamente Torino». Fatigati è dunque morto da esterno in una fabbrica che da 20 anni frequentava ogni giorno e dove
Leggi tutto: Stellantis, operaio muore schiacciato da un macchinario - di Fabrizio Geremicca, NAPOLI
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IL FATTORE CAPPA. Vanes Poluzzi, Arpa Emilia-Romagna: «Il meteo non lascia scampo. È come avere una coperta di lana sulla testa che fa ristagnare l’aria, impedendo agli inquinanti di disperdersi»
In Emilia-Romagna è arrivato l’invito a non fare jogging e restare a casa, mentre il sito e i social del ministero della Salute ancora non prendono atto della grande emergenza smog in Pianura padana, quella fotografata dai satelliti e visibile a occhio nudo a chiunque si alzi di almeno duecento metri, verso l’Appennino emiliano o le Prealpi in Lombardia e Veneto: una massa grigia, uniforme, impenetrabile. «È come avere una coperta di lana sulla testa» che fa ristagnare l’aria rendendola più viziata ogni giorno che passa, ha spiegato ieri con una metafora Vanes Poluzzi, responsabile del Centro tematico regionale di Qualità dell’aria di Arpae, l’Agenzia per l’ambiente dell’Emilia-Romagna, analizzando le condizioni che stanno determinando lo smog che soffoca la regione e in generale l’area padana.
«VIVIAMO una condizione particolarmente “sfortunata” dal punto di vista del meteo che non ci sta lasciando scampo e che purtroppo sta condizionando» l’andamento dei picchi di inquinanti, ha aggiungo. In pratica, ha spiegato all’Ansa, «da un lato abbiamo un anticiclone molto potente per cui siamo in pieno inverno ma abbiamo 5-6 gradi in più rispetto alle medie climatologiche del periodo, anche in montagna»; dall’altro c’è una massa d’aria calda in quota, persistente, che non lascia diffondere verso l’alto tutto ciò che di inquinante emettiamo giù. Una coperta non
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INCURABILI. Drammatico report del ministero: gli standard essenziali di assistenza garantiti solo in 8 su 20. Le principali carenze nella prevenzione
Il dato drammatico anche se provvisorio è contenuto nelle slide mostrate nel corso di un’audizione in senato da Americo Cicchetti, direttore generale della programmazione sanitaria al Ministero della salute. L’audizione risale al 6 febbraio ma solo ieri ne ha dato conto il sito specializzato Quotidiano Sanità.
Cicchetti ha anticipato l’ultimo monitoraggio dei Livelli essenziali di assistenza erogati dalle Regioni, riferito all’anno 2022. Gli indicatori principali sono 22 e fanno riferimento a tre macro-aree – l’attività di prevenzione, l’assistenza distrettuale e quella ospedaliera – in cui la sufficienza si raggiunge con un punteggio di 60 su 100. Le Regioni che non adempiono ai Lea rischiano di perdere una quota del finanziamento sanitario governativo pari a circa l’1-2%.
Le criticità ora non riguardano più solo il Mezzogiorno: le nuove Regioni inadempienti sono quelle del nord-ovest (Piemonte e Liguria) e del centro (Lazio e Abruzzo). Da un monitoraggio all’altro passano da tre a sette le Regioni dove i Lea non sono erogati in almeno due aree su tre.
Leggi tutto: Sanità, dodici regioni sotto il livello minimo - di Andrea Capocci
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ARMAMI ANCORA. Il presidente ucraino e Kamala Harris alla conferenza di Monaco: «Deficit artificiale di munizioni, fermiamo Putin o toccherà a voi. Kiev vuole caccia francesi, missili tedeschi, Patriot americani e munizioni coprodotte con Rheinmetall
Volodymyr Zelensky alla Conferenza sulla sicurezza a Monaco - Sven Hoppe /Ap
La morte di Navalny è «un messaggio chiaro» alla Conferenza sulla scurezza di Monaco: «Se non agiamo adesso Putin causerà nei prossimi anni una catastrofe anche in altri paesi». Volodymyr Zelensky, intervenuto a Monaco ieri mattina nella seconda giornata della “Davos della scurezza”, ha cercato di scuotere gli alleati dopo la ritirata da Avdiivka – una decisione «giusta» presa per «salvare più vite possibile» – causata da «un deficit artificiale» di munizioni di fronte a «un’ondata di carne» della Russia, che «ha un solo vantaggio specifico, la completa svalutazione della vita umana».
ZELENSKY ha incontrato la vice-presidente Usa Kamala Harris, che ha parlato di «un regalo a Putin» se gli aiuti Usa continueranno ad essere ostaggio di «giochi politici» da parte dei Repubblicani. Il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, ha appoggiato Zelensky: gli Usa devono consegnare «quello che hanno promesso» a Kyiv, «l’Ucraina ha bisogno di questo sostegno vitale e urgente, gli Usa si decidano». Il presidente ucraino ha mandato anche un messaggio a Donald Trump, che spinge i Repubblicani a bloccare i 60 miliardi di dollari di aiuti americani all’Ucraina, invitandolo al fronte per fare l’esperienza di «una vera guerra», perché «penso che se vogliamo avere una conversazione sul modo di mettere fine alla guerra, dobbiamo mostrare a chi decide cosa significa questa guerra, non quello che scrivono su Istagram».
L’illusione bellica dell’Occidente
Ma Zelensky ha interpellato anche gli europei, pur
Leggi tutto: Vertice sicurezza, Zelensky agli Usa: «Ora decidetevi» - di Anna Maria Merlo, Parigi
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VENTI DI GUERRA. Vertice a Bruxelles con i ministri della Difesa e Stoltenberg: contro Trump e Putin nuovi accordi e promesse per l’Ucraina
I ministri della Difesa della Nato riuniti a Bruxelles - Getty Images
Il mondo si riarma a passi forzati. L’Europa è nel pieno della corsa, teme le minacce russe, mentre Putin mette alla prova la stabilità della Nato. Nelle ultime settimane si sono moltiplicati gli allarmi da parte di responsabili di paesi europei, dalla Danimarca alla Germania, ai Baltici, che parlano di grandi rischi di guerra nei prossimi anni, cresce la preoccupazione per una Russia ormai in piena «economia di guerra».
I PAESI EUROPEI sottoscrivono nuovi accordi bilaterali con l’Ucraina sulla sicurezza per cercare di far fronte ai tentennamenti Usa, in un momento di difficoltà di Kyiv. Ci sono precisazioni sugli impegni di consegna di armi, munizioni, missili e adesso anche aerei, una sessantina di F16 sono stati promessi dagli europei a Zelensky. Nascono diverse “coalizioni” in formazione, specializzate (droni, artiglieria ecc.) e con paesi leader, per coordinare gli aiuti militari, da membri Ue ma anche dalla Gran Bretagna, che con il militare rimette un piede nell’Unione.
C’è la promessa di un aumento della spesa militare dei paesi europei della Nato, in risposta al rischio di disimpegno Usa dopo le dichiarazioni giudicate «irresponsabili» di Donald Trump contro i membri che «non pagano» e il blocco al Congresso sui 66 miliardi di aiuti all’Ucraina. Si parla di un’apertura di un centro di addestramento Nato-Ucraina in Polonia. E, in prospettiva, si discute della possibilità di avere un commissario alla Difesa nella prossima Commissione europea, l’attuale presidente, Ursula von der Leyen (che pensa a ricandidarsi) si è detta d’accordo, il Ppe spinge. Per la Ue, l’ipotesi di un’autonomia strategica, ancora indefinita, non è più esclusa neppure dai paesi più legati all’ombrello nucleare americano.
LA “FACILITÀ EUROPEA per la pace” (nuovo strumento extra-budget della politica europea di difesa) è ormai attivata a favore dell’Ucraina, anche se ci sono ancora freni al
Leggi tutto: La pace non si vede, corsa al riarmo di Europa e Nato - di Anna Maria Merlo, PARIGI
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