PREMIERATO. A Palazzo Madama si è chiusa ieri la discussione generale sul ddl Casellati, ma sia la ministra che il relatore Balboni hanno liquidato le obiezioni
Governo e maggioranza vanno avanti a testa bassa con il premierato elettivo, anche se il testo così come è «rischia seri problemi di costituzionalità», come ha osservato Marcello Pera in Aula. A Palazzo Madama si è chiusa ieri la discussione generale sul ddl Casellati, ma sia la ministra che il relatore Balboni hanno liquidato le obiezioni, non solo delle opposizioni ma della comunità dei costituzionalisti, con parole sprezzanti. Pera ha iniziato elogiando il premierato e criticando il Pd che non ne ammette la bontà, salvo poi smontare il ddl nel merito.
Innanzi tutto, ha osservato «mancano i contrappesi». E poi, «il testo dice che il presidente del consiglio è eletto direttamente dal popolo, ma non specifica bene come. Molte cose sono rimandate a una legge elettorale – ha aggiunto Pera – ma con molta franchezza vi dico che non tutto si può fare mediante una legge elettorale, senza una previsione costituzionale che le dia un sostegno. Cosa accade con il voto estero? Cosa accade in caso di discrasia tra il voto della Camera e quello del Senato? Cosa accade se i poli invece di due sono tre? Cosa si fa con il premio di maggioranza: a quale soglia lo fermiamo?».
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Gli stessi quesiti sollevati ieri da giuristi come Stefano Ceccanti e Peppino Calderisi. Inutile anche una apertura da parte del responsabile riforme del Pd, Alessandro Alfieri: «Fermate lo scambio fra autonomia differenziata e premierato e noi ci sediamo al tavolo un secondo dopo sul modello che ha garantito stabilità ed efficacia del governo in maniera senza eguali a livello continentale, quello tedesco».
Le parole di Balboni e Casellati nella loro replica sono state deludenti sul piano dei contenuti. Sono stati ripetuti argomenti demagogici come quello che la riforma «riconcilia la Costituzione con la sovranità popolare» e non si è fatto cenno alle obiezioni di Pera. A risaltare sono stati il tono irridente di Balboni («tanto deciderà il popolo con il referendum») e i termini con cui Casellati ha liquidato le obiezioni al testo: «litanie». Domani l’Aula inizierà il voto dei circa 3.000 emendamenti Pd, Avs e M5S faranno ostruzionismo. Non Iv, ma il mite capogruppo Borghi non ha potuto che liquidare le replica di Casellati: «Campagna elettorale»