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PALESTINA. Intervista a Stefano Bertone, parte del team legale che ha fatto causa al governo italiano per conto dell'avvocato palestinese Salah Abdel Ati: «L’eventuale sentenza sarà vincolante. L’Aja ha segnato un precedente per le corti di tutto il mondo. In Olanda è già successo»
Una famiglia sfollata sventola una bandiera bianca mentre lascia Gaza City foto Afp sventola una bandiera bianca mentre lascia Gaza City - Afp

Stop alla vendita di armi a Israele, ripristino dei fondi all’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, impegno a votare in ogni sede (che sia l’Onu o l’Ue) a favore del cessate il fuoco a Gaza: sono le richieste contenute nella denuncia presentata dall’avvocato palestinese Salah Abdel Ati contro l’Italia, per complicità nei crimini commessi da Israele a Gaza.

Sfollato più volte dal nord al sud dell’enclave palestinese e infine costretto a rifugiarsi in Egitto, ha perso sei membri della sua famiglia in un raid israeliano sulla casa della sorella a Nuseirat. E ha perso la sua casa, a Beit Lahiya, distrutta in un altro bombardamento.

Ne abbiamo parlato con Stefano Bertone, membro del team legale che rappresenta Abdel Ati nella causa mossa alla presidenza del Consiglio e ai ministeri di difesa ed esteri.

Avete presentato ricorso d’urgenza al Tribunale di Roma.

Il ricorso d’urgenza si utilizza nei casi in cui è necessario un intervento immediato. Non c’è causa nel merito ma un’anticipazione della causa. Le uccisioni di membri della famiglia di Abdel Ati sono purtroppo già compiute, non rappresentano un’urgenza. Ma Salah ha altri familiari a Gaza che sono a rischio: il giudice può evitare che le conseguenze dell’illecito raggiungano livelli ancora peggiori. Inoltre Salah è stato costretto a lasciare le sue terre e intende tornarci, deve poterlo fare in sicurezza. Immaginiamo di trovarci al suo posto, senza più casa, famiglia, lavoro. Ai palestinesi è stato tolto tutto e non deve più succedere.

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Il Tribunale è tenuto a rispondere subito?

È tenuto a rispondere in pochi giorni e può non sentire le parti citate in giudizio. Il presidente del tribunale ha assegnato il fascicolo alla sezione Immigrazione e Diritti della personalità che venerdì scorso lo ha rimandato indietro dicendosi non competente in materia e suggerendo la sezione Risarcimenti danni, competente in questo caso per le misure cautelari.

Che effetti potrebbe avere l’eventuale accoglimento?

Influirebbe nell’immediato, almeno in modo parziale, perché esiste una responsabilità solidale nella commissione del crimine: c’è chi lo compie sul campo, in questo caso Israele, e chi fornisce sostegno logistico, militare e politico, come l’Italia. Il Tribunale ha in mano un pezzo del futuro di Salah.

Non è una questione simbolica, dunque, ma concreta.

Guardate cosa è successo in Olanda: un tribunale ha bloccato la vendita di pezzi di ricambio degli F35 destinati a Israele. Ora non ne arrivano più e il governo è stato costretto a fare ricorso. Se accadesse lo stesso in Italia, se il tribunale ordinasse di interrompere la vendita di armi e di ripristinare i fondi all’Unrwa, il governo dovrà attenersi a tale ordine. La decisione è vincolante. Il governo potrebbe ricorrere in appello ma nel frattempo la sentenza sarebbe esecutiva. Una simile decisione avrebbe un valore ancora maggiore se si pensa che l’Italia è il terzo fornitore di armi a Israele. Sebbene si tratti di quantità inferiori a quelle in arrivo dagli Stati uniti, una sentenza potrebbe attivare tribunali in altri paesi. Avrebbe degli effetti anche il ripristino dei fondi all’Unrwa: l’Italia è uno dei pochi paesi a non averli ancora reintegrati e non farlo ha delle conseguenze, è come staccare la spina a una macchina salva-vita. E chi la stacca ne paga le conseguenze legali.

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Quanto incide sulle sentenze di tribunali nazionali la decisione della Corte internazionale di Giustizia del 26 gennaio scorso che ha parlato di genocidio plausibile a Gaza?

La prima decisione della Cig del 26 gennaio e la seconda del 28 marzo hanno segnato un punto di svolta: i ricorrenti non devono più dimostrare che esiste un genocidio plausibile a Gaza. Lo ha fatto il Sudafrica e la Corte ha accettato il caso, un precedente vincolante anche per il giudice italiano perché emesso dal più alto tribunale del mondo. Le due ordinanze, aprendo ad azioni di tribunali in tutto il mondo, hanno già avuto effetti in Olanda, in Australia, ora forse in Italia. Accade perché le corti nazionali sono attori del diritto internazionale: il Tribunale di Roma è responsabile di rappresentare l’Italia e di garantire che si conformi alle Convenzioni di Ginevra e alla Convenzione sul genocidio, di darne corretta interpretazione e applicazione. Oltre alla difesa del popolo palestinese, il Sudafrica ha agito anche per pretendere che ci sia una rigida applicazione del diritto internazionale. È lo stesso motivo per cui stiamo agendo anche noi