All’inizio del 2012, governo Monti, l’allora segretario del Pd Bersani tentò la mossa del cavallo. O meglio, chiese risolutamente al presidente del consiglio di disarcionare i partiti dal cavallo di viale Mazzini accelerando la riforma della governance Rai. In ogni caso, avvertì, i dem non avrebbero partecipato alla spartizione della tv pubblica e (contando su un’inesistente sponda dell’Udc), avrebbero bloccato le nomine.
Finì che la riforma adombrata da Monti non si fece e Bersani se la cavò invitando alcune associazioni a indicare i nomi dei consiglieri d’amministrazione che spettavano al Pd (furono scelti Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi).
Il «fuori i partiti dalla Rai», invocazione sacrosanta, è prima diventato un logoro slogan e ormai sembra una barzelletta anche perché nel frattempo a fare una riforma ha pensato Matteo Renzi, rafforzando la presa della maggioranza e dello stesso governo sulla televisione pubblica.
E gli alti lai dei 5 Stelle contro il sistema, le caste, le scatolette di tonno e le lottizzazioni di ogni sorta hanno raggiunto il massimo dei decibel quando Giuseppe Conte, a novembre 2021, annunciò l’aventino pentastellato dai programmi Rai perché al Movimento, nella nuova tornata di nomine, non era stato lasciato nemmeno un lotto degno di questo nome.
Anche l’astinenza da talk show durò poco, ma Conte cercò di attutire l’impatto della repentina retromarcia con l’ennesima promessa di riforma della tv pubblica.
Insomma, il dossier Rai richiederebbe massima circospezione, valutando tutte le possibili trappole, pena il rischio di finire, volenti o nolenti, fagocitati dal grande blob.
L’attuale segretaria del Pd Elly Schlein ha deciso tuttavia di affrontare la sfida, ma prima ancora di scendere sul campo di battaglia, con il sit-in di ieri sera a viale Mazzini, si è ritrovata su un terreno cosparso di mine. Dunque: Schlein la settimana scorsa ha annunciato il sit-in contro la propaganda di regime, invitando tutte le opposizioni, in difesa della libertà di stampa e di «un sevizio pubblico che non può essere TeleMeloni».
Tutte le opposizioni unite contro gli invasori telecomandati da palazzo Chigi? Macché.
Conte ha subito dato forfait tuonando contro l’«ipocrisia» perché l’occupazione della Rai è fenomeno antichissimo e in effetti praticato a destra e sinistra, nonché peggiorato dalla riforma del Pd renziano, e ha dunque ritirato fuori la parola magica, «riforma».
Renzi ha tacciato a sua volta Conte di ipocrisia perché in effetti hanno lottizzato anche i grillini, e oltretutto sulle nomine meloniane il consigliere 5S si è limitato a una sospetta astensione. E così al sit-in, forse per fare un dispetto a Conte e spargere un altro po’ di zizzania tra lui e Schlein, oltre a Fratoianni e Bonelli di Avs e a Magi di +Europa è andata anche Italia viva con Maria Elena Boschi. Che ha ringraziato la leader del Pd per la «scelta libera, forte e coraggiosa», l’ha abbracciata e baciata, ma non ha chiesto una riforma: del resto è ancora in vigore quella di Renzi.
Calenda non è andato a manifestare, però lui invece sì, ha chiamato a raccolta intorno a un tavolo per provare a scrivere finalmente le regole della nuova governance.
Oltre al danno la beffa: ieri pomeriggio a viale Mazzini manifestava anche Unirai – il nuovo “sindacato” della destra – per difendere i giornalisti della tv pubblica melonizzata dagli attacchi dell’opposizione. Del resto Giorgia Meloni, la stessa leader di Fratelli d’Italia arrivata a palazzo Chigi per combattere l’occupazione da parte di «un intollerante sistema di potere» in nome del «merito», è riuscita poi proprio da palazzo Chigi a rivendicare la contro-occupazione, pardon il «riequilibrio». Insomma, adesso tocca “a noi”.
E così Elly Schlein ieri sera ha certo manifestato, e certamente con parecchie ragioni, contro TeleMeloni, ma ha anche dovuto invitare tutti a fare autocritica (non si può sempre dire «io non c’ero»), promettendo: «Lavoreremo insieme per una riforma del servizio pubblico». Come e quando chissà. Al governo c’è saldamente la destra, l’attuale opposizione va pure in ordine sparso tirandosi frecciate, ma davanti al cavallo immerso nel buio di viale Mazzini si torna a invocare: «Fuori i partiti dalla Rai». E si canta «Bella ciao».
Proprio come Amadeus e Marco Mengoni a Sanremo. Mentre al presidio dell’Unirai si sfregano le mani. Lì è tutta un’altra musica, si suona l’Inno di Mameli: Fratelli d’Italia