Il giornalista Raffaele Oriani ha interrotto volontariamente la collaborazione professionale con il settimanale Venerdì de La Repubblica. Il collega Oriani ha motivato la sua interruzione della collaborazione professionale spiegando che si tratta di una protesta (e un netto rifiuto) della politica redazionale del famoso quotidiano italiano riguardo alla narrazione della pulizia etnica e genocidio in corso nella Striscia di Gaza. Infatti Repubblica (Il Venerdì compreso) sembra essersi allineata alle direttive discretamente e ufficiosamente diramate da Washington. In un primo tempo queste direttive “consigliavano” le redazioni dei media occidentali a giustificare il massacro di civili palestinesi compiuto dal regime teocratico di Tel Aviv con il “diritto di difesa”. Quando questi massacri hanno raggiunto dimensioni di pulizia etnica ormai prossime al genocidio, i media occidentali hanno ricevuto il “consiglio” di mitigare il tutto e oscurare le centinaia di migliaia di testimonianze, insieme a foto e video dei crimini contro l’umanità commessi a Gaza. A dimostrazione di come questi “consigli” siano stati diligentemente applicati dai media italiani, la notizia della coraggiosa richiesta alla Corte di Giustizia Internazionale fatta dal governo del Sudafrica e dalla Turchia di incriminare Israele per genocidio, è praticamente passata in sordina.
Le motivazioni del collega Oriani, che qui riportiamo per intero, sono state indirizzate alla redazione del quotidiano, cioè ai suoi colleghi, e pubblicate sui social.
Un atto di estremo coraggio in quanto Oriani, giornalista professionista i lunga esperienza e di certo non propenso ad atti impulsivi, comprende in pieno che le sue motivazioni scateneranno la vendetta degli “oracoli della verità” e dei “odiatori seriali”. Sarà probabilmente inserito nelle liste come sono stati inseriti tanti altri onesti giornalisti e intellettuali dal professore Orsini al giornalista e direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio. Persino Elena Basile, ambasciatrice molto stimata durante la sua carriera negli ambienti “che contano” a Washington e Bruxelles, è stata inserita nella lista degli “immondi innominabili”.
“Care colleghe e colleghi – ha scritto nella sua lettera alla redazione il collega Oriani- ci tengo a farvi sapere che a malincuore interrompo la mia collaborazione con il Venerdì. Collaboro con il newsmagazine di Repubblica ormai da dodici anni ed è sempre un grande onore vedere i propri articoli pubblicati su questo splendido settimanale. Eppure chiudo qua, perché la strage in corso a Gaza è accompagnata dall’incredibile tareticenza di gran parte della stampa europea, compresa Repubblica (oggi due famiglie massacrate in ultima riga a pagina 15). Sono 90 giorni che non capisco. Muoiono e vengono mutilate migliaia di persone, travolte da una piena di violenza che ci vuole pigrizia a chiamare guerra.
Penso che raramente si sia vista una cosa del genere, così, sotto gli occhi di tutti. E penso che tutto questo non abbia nulla a che fare con Israele, né con la Palestina, né con la geopolitica, ma solo con i limiti della nostra tenuta etica. Magari fra decenni, ma in tanti si domanderanno dove eravamo, cosa facevamo, cosa pensavamo mentre decine di migliaia di persone finivano sotto le macerie. Quanto accaduto il 7 ottobre è la vergogna di Hamas, quanto avviene dall’8 ottobre è la vergogna di noi tutti. Questo massacro ha una scorta mediatica che lo rende possibile. Questa scorta siamo noi. Non avendo alcuna possibilità di cambiare le cose, con colpevole ritardo mi chiamo fuori”.
Come è noto il quotidiano Repubblica (e i suoi supplementi, tra i quali il Venerdì è il più prestigioso e diffuso) sono diretti dal giornalista e saggista Maurizio Molinari, premiato nel novembre 2022 dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky con l’onorificenza dell’Ordine al Merito di III classe per il supporto mediatico al governo di Kiev. L’identico governo ora sotto la lente dell’opinione pubblica e di vari media ucraini per l’insensato sacrificio di vite umane senza ottenere la minima vittoria militare, i casi di corruzione che affiorano ogni giorno e le violenze dei movimenti neonazisti, minoritari nella società ucraina ma che tengono in ostaggio l’intero Paese (Zelensky compreso) grazie alla loro decennale infiltrazione nel governo, istituzioni, forze armate, incoraggiato, favorito e finanziato a partire dal 2014 dall’allora vice presidente e attuale presidente Joe Biden.
Nonostante il fatto che le violenze, l’incapacità militare e la corruzione che erode i fondi occidentali dirottati per arricchire la cricca di Kiev invece di essere usati per la difesa del Paese, fossero tutti crimini noti fin dal 2016, per tutto il 2023 i media “ufficiali” hanno garantito il supporto acritico, incondizionato al regime di Kiev, negando i suoi numerosi lati oscuri e rischiando spesso di oltrepassare i labili confini che demarcano l’informazione dalla propaganda.
La coraggiosa presa di posizione del giornalista Raffaele Oriani giunge 4 giorni dopo il messaggio del Santo Padre ai giornalisti tedeschi: “I media non debbono lasciarsi utilizzare da chi vuole fomentare i conflitti”.
“Quanti conflitti oggi, anziché essere estinti dal dialogo, sono alimentati da notizie false o da dichiarazioni incendiarie che passano attraverso i media! Perciò è ancora più importante che voi, forti delle vostre radici cristiane e della fede quotidianamente vissuta, SMILITARIZZATI nel cuore dal Vangelo, sosteniate il disarmo del linguaggio”. Papa Francesco invita dunque gli operatori della comunicazione a “favorire toni di pace e di comprensione, costruire ponti, essere disponibili all’ascolto, esercitare una comunicazione rispettosa verso l’altro e le sue ragioni”.
Difficile che l’esempio di Oriani sia seguito da altri nostri colleghi. Resta che Oriani ci ha fatto vedere che il Re è nudo e che non dovrebbe esservi posto in una Società Civile e Democratica per gli odiatori seriali, promotori di messaggi di morte.
Aurelio Tarquini