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RIFORME. Gli autori del progetto di riforma costituzionale non hanno pensato che rischiano di affidare l’ultima parola sul "capo" agli iscritti all’Aire, da sempre un sistema opaco. Prosegue la sfilata dei costituzionalisti e delle costituzionaliste in prima commissione al senato, ma c’è qualche possibilità che i nostri allarmi vengano presi sul serio?

Il baco del voto all’estero nel progetto di premierato 

La macchina della riforma sul premierato va avanti, corre veloce sul binario su cui anche il regionalismo differenziato sta correndo, sferragliando verso la stessa stazione di arrivo. Per chi ha studiato e creduto nel progetto di società più giusta, uguale, democratica e libera disegnato nella Costituzione del 1948, quella stazione è percepita con un devastante senso di angoscia per il pericolo che essa rappresenta per la democrazia costituzionale. E allora, a chi appellarsi quando ormai ciò che appare ineluttabile si avvicina? Ai costituzionalisti la parola.

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E quindi eccoci qua, che da fine novembre sfiliamo, in audizione in Commissione affari costituzionali al Senato, con i nostri appunti su due progetti di «premierato», quello del governo e quello renziano. Tra i due non si sa se temere di più il primo, mal costruito e tutto sbilenco nel suo tentativo di fare i conti con un compromesso instabile tra le forze politiche della maggioranza, e quello più linearmente autoritario, partorito dal mistificante mito renziano del sindaco d’Italia.

Tra chi lamenta che il “capo” non avrebbe sufficienti poteri e che il Governo non venga adeguatamente rafforzato, e chi segnala che il Parlamento in fondo non può essere lasciato avere carta bianca per un’intera legislatura (non sia mai!) ascoltare queste audizioni è un’esperienza scoraggiante. A che vale dire che il ruolo del Capo dello stato verrebbe svuotato, le Camere annichilite in un simile contesto? O ricordare che l’organo costituzionale che si vuol rafforzare è quello dei record sulla decretazione d’urgenza, dei Dpcm sui diritti fondamentali?

A chi dei nostri interlocutori interesserà che il premio di maggioranza abnorme implicitamente previsto nel testo del Governo è già stato dichiarato incostituzionale prima ancora di essere applicato, e che l’instabilità dei governi non si cura falsando la rappresentanza politica, ma semmai rivitalizzandola? Ma forse un’idea su come fermare il treno… un ostacolo insormontabile tra i vari difetti di architettura più o meno opinabili c’è.

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Per uno di quegli scherzi che a volte fa la storia, proprio una mina inesplosa lasciata nel testo della Costituzione come eredità dal missino Tremaglia potrebbe salvarla: il voto degli italiani all’estero. Sono quasi sei milioni oggi, ed essendosi il governo dimenticato della loro esistenza, non si è calcolato che il loro voto rischierebbe di diventare decisivo nell’elezione diretta del premier all’esito della riforma di cui si discute.
Oggi gli italiani all’estero eleggono solo dodici parlamentari della circoscrizione estero, prima della riduzione del numero dei parlamentari erano diciotto. In entrambe le ultime due legislature sette di questi parlamentari sono stati eletti nelle fila del Pd.

Ora, mentre il voto per le Camere è un voto “pesato” e la circoscrizione estero esprime quindi un parlamentare ogni settecentomila elettori (a fronte dei circa centocinquantamila elettori per ogni parlamentare eletto dall’Italia), nel caso dell’elezione di una carica monocratica come quella del premier, questo non potrebbe avvenire, il voto di ogni cittadino tornerebbe ad essere uguale, uno vale uno. E così si rischierebbe di far dipendere la scelta del “capo” da un voto come quello degli italiani all’estero, che peraltro è caratterizzato sin dal suo primo esercizio da modalità che non garantiscono libertà, personalità e segretezza, oltre all’uguaglianza del voto.

Tutti ricordiamo le storie di brogli, i pacchi di schede false o sparite, i racconti di qualche parente iscritto all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero che ha ricevuto due schede o nessuna. Si vuole rischiare che le contestazioni che ogni volta hanno accompagnato queste vicende riguardino l’elezione del presidente del Consiglio? Signori, il treno è guasto, va fermato… e i costituzionalisti – e anche le costituzionaliste – servono ancora a qualcosa, forse