Altro che green: «Triplicare la produzione di energia nucleare entro il 2050». Alla Cop28 di Dubai più di venti nazioni, Usa, Francia, Giappone e Regno unito in testa, svelano la loro (vecchia) ricetta per tagliare le emissioni. Sgradito ritorno che allarma gli ambientalisti
TRE PASSI INDIETRO. Fatto che andrebbe a penalizzare la fonte rinnovabile, unica vera protagonista di un processo di decarbonizzazione convinto e possibile
Notizie dalla Cop28 allarmanti ma non sorprendenti. Triplicare la generazione nucleare oggi esistente per completare il processo di decarbonizzazione al 2050 era già stato previsto dalla Agenzia Internazionale dell’Energia (Iea) nell’ultimo report World Energy Outlook 2023. In realtà in quel documento si riportava un valore di 2-2,5 volte maggiore, ma che comunque rappresenterebbe al 2050 la stessa percentuale attuale di penetrazione, e cioè non superiore al 10% su scala mondiale.
Ma quello che oggi si tace è che tale generazione supplementare verrà localizzata quasi esclusivamente nei paesi del Pacifico (Cina, India e Giappone) che passerebbero da una produzione nucleare di 750 terawattora a 2.500, mentre in Europa tale aumento risulterà molto contenuto: si passerebbe da 750 terawattora a 970 (solo 30 per cento in più).
Non è un problema europeo quindi, né tanto meno italiano, viste le difficoltà nel nostro paese dovute ai depositi delle scorie e alle tecnologie da importare dall’estero. Non stupisce che tra i firmatari manchino Cina e Russia perché in quanto proprietari del know-how risultano avvantaggiati rispetto agli altri paesi. Il problema invece è allarmante sul fronte dei finanziamenti perché il nucleare è un tecnologia che deve continuare a fare i conti con i costi, con la loro lievitazione nel tempo e con i lunghi tempi di realizzazione. In termini di prezzo dell’energia prodotta e del costo di realizzazione, per il nucleare questi crescono all’aumentare
della taglia.
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Sempre Iea afferma che il costo del nucleare resterà comunque, anche al 2050, più alto del costo del fotovoltaico, ben 110 dollari al megawattora contro 35. Quindi l’unica sorpresa, che poi sorpresa non è, è quanto sottolineato nella nota dei venti paesi alla Cop28 sulla necessità di incrementare in maniera decisa i finanziamenti al nucleare, fatto questo che andrebbe a penalizzare la fonte rinnovabile, unica vera protagonista di un processo di decarbonizzazione convinto e possibile.
Le cose non più sopportabili invece sono le lezioni sulla neutralità tecnologica e sull’approccio ideologico che il nostro governo continua ad impartirci. Se per neutralità tecnologica si intende quell’approccio non discriminatorio alla regolazione dell’uso delle tecnologie, lasciando il mercato libero di deciderne la combinazione ottimale, non si può sottacere il fatto che oggi il mercato è governato dall’industria oil&gas che si opporrà sistematicamente a tutto quello previsto nelle proprie traiettorie di business.
Un mercato non libero di far scegliere le tecnologie disponibili migliori significherebbe non voler guardare il futuro e impedire una opportunità di sviluppo al nostro paese. Tanto è vero che proprio la Cop28 è chiamata a imporre all’industria del petrolio di affrontare la transizione energetica con investimenti importanti (Iea dice almeno pari al 50% dei propri utili). Ed allora, chiediamo al governo: cosa c’è di più ideologico di una scelta non perseguibile nel nostro paese?