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INTERVISTA. L'ex ministro del Lavoro: nel Pse molti partiti più radicali di noi. Con Conte e Calenda intesa possibile. Sul nuovo patto di stabilità disposti a collaborare con Meloni per non tornare all'austerità. Schillaci? Deve chiarire in modo serio i dubbi sulle sue ricerche. Migranti, la narrazione della destra è andata in pezzi, l’uso dell’esercito nei centri per i rimpatri è incostituzionale

Orlando:  «Giusta la svolta a sinistra del Pd. Ma non basta una leader» Andrea Orlando - Ansa

Andrea Orlando, deputato Pd, ex ministro del Lavoro. La destra al governo litiga sul tasso di durezza da usare contro gli immigrati. Ma appare in difficoltà.

Si sta rompendo una narrazione che dura da vent’anni: parlavano di sostituzione etnica e sostenevano che i flussi fossero più o meno ampi in base al tasso di buonismo di chi stava al governo in Italia. Ora che al governo ci sono i “cattivi” il loro racconto si mostra per quello che è sempre stato: propaganda. Viene colpito il cuore dell’identità di questa destra. Vedo che tra le opposizioni c’è chi accusa Meloni di non essere abbastanza cattiva: è un errore. Temo invece che dal loro spiazzamento emergano risposte ancor meno efficaci nel governo dei flussi, come l’uso delle forze armate nei centri per il rimpatrio. Sarebbe la prima volta dal 1945 che in luoghi di restrizione delle libertà non operano forze di polizia ma l’esercito. Credo che ci siano forti dubbi sulla costituzionalità di simili provvedimenti. Sarebbe sicuramente una scelta di fortissimo impatto simbolico.

La premier chiede che non ritornino le regole di stabilità europee pre- Covid e vi accusa di non collaborare con il governo contro gli euroburocrati.

E invece noi come Pd siamo disponibili a fare una battaglia comune per evitare che torni il vecchio patto di stabilità, per escludere gli investimenti sulla transizione ecologica, le infrastrutture e il sociale dalla morsa del deficit. Mi pare però che il governo preferisca abbaiare a distanza, piuttosto che giocare la partita a Bruxelles. Forse perché Meloni è distratta dal gravoso impegno di difendere Dio, come ha detto Budapest.

Queste uscite scomposte mostrano una maggioranza che inizia a scricchiolare?

Fino a qui la loro è stata una navigazione relativamente tranquilla, condita da qualche misura propagandistica, inerziale, sulla scia di quanto fatto da Draghi. Ora stanno arrivando le prime vere difficoltà, e le risposte sono sempre dei diversivi di tipo identitario. La competizione col Salvini sovranista può spingere Meloni a una sorta di richiamo della foresta, aumentando il tasso di scontro con l’Ue, come è parso nel viaggio a Budapest.

Il Pd ripeterà lo schema dei difensori dell’Europa del rigore?

Come ho detto, proponiamo una battaglia comune contro l’austerità, un patto alla luce del sole. Schlein a Ravenna ha mandato questo messaggio al governo, ma la riposta della premier è stata desolante: non ha alcuna capacità di unire il paese nel nome dell’interesse nazionale. E se la prende ingiustamente con il commissario Gentiloni.

L’opposizione divisa e litigiosa in questo anno è stata un vantaggio per il governo.

Il paesaggio dopo le elezioni del 2022 era effettivamente questo. Con la proposta comune sul salario minimo qualcosa è cambiato, e non a caso il governo è andato in difficoltà. Questo esempio deve fare scuola anche su altri temi.

La ricostruzione di una coalizione di centrosinistra procede a passo lentissimo. La crisi economica e sociale non richiede tempi più rapidi?

C’è una vulgata che dice che prima delle europee non si potrà fare quasi nulla. Non condivido. In primo luogo occorre preparare un turno amministrativo che prevede le coalizioni. E poi non possiamo prevedere come evolverà la situazione della maggioranza. Le difficoltà economiche potrebbero accelerare la loro crisi. E non è detto che, di fronte una destra che alza i toni in modo pericoloso, il popolo di centrosinistra non obblighi i gruppi dirigenti a darsi una mossa. Per questo penso che le opposizioni debbano subito elaborare proposte comuni sulla manovra e sul no a una deriva presidenzialista, contrapponendo però un’ipotesi alternativa di riforma istituzionale.

Mettere insieme Conte e Calenda pare quasi impossibile.

La proposta sul salario minimo dice che le distanze sono più il frutto di pregiudizi o di divisioni del passato che non di reali divergenze sulle scelte di oggi. Vedo in Calenda una sincera preoccupazione sul rischio di involuzione del quadro italiano. E continuare ad associare il M5S alle battaglie di dieci anni fa mi pare un esercizio strumentale. Le difficoltà ci sono, ma ci sono anche delle potenzialità.

Il Pd dell’era Schlein è un partito di estrema sinistra, che rischia di diventare più piccolo?

Col Pd a vocazione centrista nel 2018 ci siamo fermati al 18%. Dunque mi pare singolare e sospetto che un riposizionamento a sinistra possa essere interpretato di per sé come una riduzione delle nostre ambizioni. Molte forze socialiste in Europa e nel mondo hanno piattaforme ben più radicali, in particolare sui temi della transizione ecologica, del rapporto tra stato e mercato e dei diritti civili.

Per il Pd è possibile un reale riposizionamento a sinistra, al di là delle intenzioni della segretaria?

Uno spostamento di questo tipo non è mai frutto solo di una leadership, ma è nell’ordine delle cose: la crisi della globalizzazione e l’aumento delle disuguaglianze hanno spinto quasi tutte le forze socialiste in questa direzione. È vero però che il Pd è stato pensato più per competere nella democrazia dell’alternanza che per immaginare un nuovo assetto della società. Per fare questo salto serve un grosso lavoro organizzativo e culturale, non basta un leader.

Percepisce nel partito un malessere per la nuova linea? Teme nuove uscite di cosiddetti riformisti?

In una fase di trasformazione ci può essere disagio, che non deve essere sottovalutato. Non si risolve però rimanendo fermi, ma con più occasioni di confronto. Non si può pensare che le primarie siano l’unico momento in cui si costruiscono il progetto e l’identità del partito. Il malessere non nasce da uno spostamento a sinistra, ma dal rischio di solitudine che deriva da una modalità di funzionamento distorta. Che viene da ben prima di Schlein e che va affrontato.

Che critiche muoverebbe alla leader?

La sua è una sfida improba, ha trovato un Pd in condizioni difficilissime. La spinta di novità delle primarie ha impedito l’implosione. Tra gli osservatori leggo alcuni giudizi sprezzanti e irriguardosi per una leader che si è affermata sul campo con il sostegno di centinaia di migliaia di persone. Guardo ai cambi repentini di valutazione con sospetto: gli anni scorsi ci hanno insegnato che dietro questi scarti ci sono disegni politici, e non solo, che abbiamo compreso solo strada facendo.

Dopo l’inchiesta del manifesto sulle anomalie di alcune sue ricerche scientifiche, cosa dovrebbe fare il ministro della Salute Schillaci?

Le risposte che ha fornito finora non sono soddisfacenti. Deve spiegare nel merito rispetto ai dubbi che sono stati sollevati. Sono state poste questioni serie, non certo bufale o attacchi pretestuosi: il ministro ha il dovere di fornire una risposta altrettanto seria