TEMPI PRESENTI. «Benedetto contro Francesco. Una storia dei rapporti tra cristianesimo e media» di Fabio Tarzia, per Meltemi. Al di là del confronto tra i papi, i due volti della Chiesa: severo e apocalittico o avvinto dal fascino della Storia. Per l’autore, se si considera il cristianesimo come religione o solo alfabetica o solo immaginifica, ha possibilità di tenuta parziali. Ma inteso in senso «creativo» la sua forza è indistruttibile.
«Martyrs (Earth, Air, Fire, Water)» di Bill Viola, 2014
Perché a noi laici può interessare il bel libro di Fabio Tarzia dal titolo forse un po’ ingannevole: Benedetto contro Francesco. Una storia dei rapporti tra cristianesimo e media (Meltemi, pp. 300, euro 24)? Ho detto titolo forse ingannevole poiché, si legge già nelle prime pagine, che esso non descrive la lotta tra due papi e neanche tra due diverse impostazioni della Chiesa cattolica, quanto piuttosto sulla lunga durata di due archetipi, del loro scontrarsi ma anche del loro dialogare.
SAREBBE FACILE opporre il primo (Benedetto), papa conservatore, a Francesco che propugna un’idea diversa di Chiesa, aperta, quasi opposta. Ma l’atteggiamento tradizionalista di Benedetto ha ragioni e radici lunghe e profonde nella storia della Chiesa che non possono essere facilmente liquidate. Al di là della controversia tutt’interna alla Chiesa, per noi non credenti è importante il messaggio indirizzato alla società civile. «Il mondo pensato da Ratzinger», dice Tarzia, «è uno spazio dove tutti dovrebbero “tenere la posizione” e dove, al limite, il cattolico avrebbe il compito di aprire, se può, le sue porte, e alla bisogna, mandare suoi emissari e missionari negli spazi altri.
Quello immaginato da Bergoglio è invece una dimensione in movimento, senza centro né periferia, senza “dentro” né “fuori” con i popoli che si incontrano». Alcune affermazioni dei due papi chiariscono ancora di più queste due concezioni. Nel Messaggio per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato del 2012, Benedetto afferma che «nel contesto socio-politico attuale, però, prima ancora che il diritto ad emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare», certo a condizione che «diventa effettivo solo se si tengono sotto controllo i fattori che spingono all’emigrazione». Quanto basta per infiammare la stampa di destra che da sempre è ideologicamente contraria allo sbarco di migranti sulle nostre coste.
DEL RESTO, nella famosa lettera dei 67 docenti al Rettore de La Sapienza (2007) – primo firmatario Marcello Cini -, si invitava il Magnifico a non far inaugurare l’anno accademico da Benedetto sul tema fede e conoscenza (ritenuto «incongruo») perché c’era il rischio che replicasse quel suo Disegno Intelligente, teso a ricondurre la scienza sotto i dogmi della religione, come già manifestato nel settembre 2006 in occasione della visita all’Università di Ratisbona.
AL RIGUARDO TARZIA ricorda il grande Concilio ecumenico indetto da Giovanni XXIII che rappresentò (forse anticipando i tempi) il più importante momento di autoriflessione della Chiesa, con l’invito dirompente ai vescovi ad uscire dalle «capanne». A questo seguì, per l’autore, un progressivo arretramento ad opera di Giovanni Paolo II e una vera e propria chiusura con Benedetto XVI.
Benedetto XVI, un Papa conservatore dunque? Inaspettatamente a difesa del tradizionalismo, interviene Mario Tronti, che dalle pagine del Foglio afferma: «In un mondo e in un tempo in cui si portano i valori al mercato e si vendono come prodotti a scadenza ravvicinata, evocare valori non negoziabili serve a contrastare questa deriva. Conservare il meglio del passato diventa allora un atto di rinnovamento. “Superare conservando” ci ha insegnato una volta per tutte il vecchio Hegel, dai cui rami tutti discendiamo. Dico sempre ai miei compagni, che inutilmente si chiamano progressisti: studiate la complexio oppositorum, che la forma politica del cattolicesimo romano ha elaborato e sperimentato in secoli di presenza nella storia umana. Imparerete a fare politica un po’ meglio di quanto fate oggi».
Di questo parla il libro di cui è difficile dare conto delle 300 pagine ricche documentazione storica sulla Chiesa e le origini del Cristianesimo, sempre oscillante sui due volti di Cristo: quello aramaico, severo, apocalittico, predestinato, chiuso al mondo, in perenne attesa della Fine e quello greco, lieto, inquieto, avvinto dal fascino della Storia in continua ricerca della strada da percorrere. Ma questa insanabile contraddizione è proprio quella, come dice Tronti, che ha permesso al cristianesimo di sopravvivere a se stesso nel tempo.
VERSO LE CONCLUSIONI, riaffiora il tema trattato che fa da sfondo al libro, quello del rapporto tra cristianesimo e media, Tarzia afferma: «Se si considera il cristianesimo come religione o solo alfabetica o solo immaginifica, le sue possibilità di tenuta appaiono parziali, se non ridotte al lumicino. Ma +se lo si intende in senso multimediale e dunque “creativo” nella sua capacità di trasformare i media, di ricombinarli mantenendo stabile al centro la dottrina che ha edificato nei secoli, la sua forza è forse indistruttibile». Una buona lettura per chi è alla ricerca di una buona politica