In un'intervista a La Repubblica il segretario generale della Cgil critica le azioni dell'esecutivo Meloni a cento giorni dal suo insediamento
Questo governo spacca il Paese, pensa di poter cambiare la Costituzione a colpi di maggioranza e sta di fatto delegittimando i corpi intermedi convocando tavoli di confronto finti". Così Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, in una intervista al quotidiano La Repubblica, a proposito delle parole del ministro dell'Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara sugli stipendi degli insegnanti differenziati tra Nord e Sud. "Sono parole pericolose - dice Landini - non solo perché così si torna alle gabbie salariali. E perché siamo in piena emergenza salariale per tutti i lavoratori italiani. Ma perché il governo non ha stanziato nemmeno un euro per rinnovare i contratti pubblici nel triennio 2022-2024. Né sta agendo per una vera riforma che colpisca l'evasione fiscale e la rendita finanziaria e consenta di ridurre il carico delle tasse su buste paga e pensioni. Anzi discute di autonomia differenziata e presidenzialismo".
La pericolosa autonomia differenziata
E poi c'è il tema dell'autonomia differenziata che Landini considera "una scelta sciagurata perché divide il nostro Paese e non supera né il divario territoriale né le disuguaglianze. E quindi è pericolosa. Pensare che in un contesto come quello attuale, di guerra e ridefinizione degli equilibri globali, si stia meglio nelle piccole patrie regionali è follia e bugia pura". Come pure l'idea di differenziare le retribuzioni degli insegnanti su base regionale, "in un Paese con gli abbandoni scolastici più alti e il numero più basso di laureati d'Europa, sta dentro un progetto più ampio che punta a mettere in discussione la scuola pubblica, i diritti e l'unità del Paese. Quando invece bisognerebbe discutere di applicare la nostra Costituzione, garantendo tutti i diritti a tutti i cittadini, dalla sanità alla scuola e al lavoro stabile. Ma di questo il governo non parla. Si limita ad ascoltare e a convocare tavoli finti".
Meloni, un confronto senza risposte
Il leader della Cgil oltre al merito critica anche il metodo di questo governo che convoca le parti sociali ma in realtà "sono incontri finti, tavoli megagalattici dove tutti parlano e nessuno risponde. Non abbiamo risposte alle proposte unitarie di Cgil, Cisl e Uil sulle pensioni, sul lavoro precario, sulle crisi industriali, sul fisco, sulla lotta all'evasione, sulla salute e sicurezza dei lavoratori. L'unità del Paese si incrina anche delegittimando i corpi intermedi in una logica corporativa di soluzione dei problemi. Non a caso su fisco e salari non esistono tavoli". Per Landini l'ascolto non basta "se poi il governo decide in solitudine. Questo è l'esatto contrario della democrazia, perché riduce gli spazi di mediazione, aumenta la frammentazione sociale. Se la politica di destra cerca di uccidere la rappresentanza sindacale, fa un grave errore. E noi non faremo da spettatori".
Sui primi cento giorni del governo Meloni il giudizio della Cgil è decisamente negativo. "La prima legge di bilancio è sbagliata perché reintroduce i voucher e amplia flat tax e condoni. Ora proveranno a liberalizzare i contratti a tempo. E non c'è alcun confronto sulla riforma del fisco. Si punta a fare dell'Italia l'hub del gas, una fonte fossile che va superata entro il 2050, quando dovremmo essere l'hub delle energie rinnovabili perché siamo al centro del Mediterraneo e abbiamo acqua, sole, vento non privatizzabili. È il momento di una nuova politica industriale. E invece si prefigura un folle aumento delle spese militari. Bisogna fermare la guerra e lavorare per costruire la pace e la giustizia sociale, come ci ha detto la piazza di Roma del 5 novembre".
Emergenza salari, ma non per il governo
Anche la questione salariale è la grande assente in questo esecutivo. "L'87% dei lavoratori sta al di sotto dei 35 mila euro all'anno. - sottolinea Landini - Abbiamo fatto due scioperi, con la Uil, per cambiare la manovra del governo Draghi e poi quella del governo Meloni. Ma su fisco ed evasione questo esecutivo ha deciso di marciare in solitudine, di non tassare gli extraprofitti. Di non procedere con una legge sulla rappresentanza che arrivi ad estendere la validità dei contratti nazionali a tutti i lavoratori. E per questa via garantire anche diritti e stabilire salari minimi".
Settimana corta, perché no?
L'idea della settimana lavorativa di quattro giorni a parità di salario sarà uno dei temi che verranno affrontati al congresso di metà marzo a Rimini. "L'innovazione e le tecnologie digitali - dice Landini - hanno cambiato il lavoro, aumentando la produttività e i profitti. È il momento quindi di recuperare due obiettivi: la redistribuzione e la piena occupazione. Oggi le persone cercano un lavoro di qualità, non solo stabile e ben retribuito, ma con meno ore di cui alcune dedicate alla formazione e più tempo di vita".
Il lavoro torni al centro
La riforma fortemente voluta dall'allora premier Renzi e contrastata duramente dalla Cgil ora è criticata anche dal Pd. Ma la frattura tra la politica e il mondo del lavoro, secondo il segretario generale di Corso Italia, è iniziata prima, "con gli interventi sulla precarietà sia dei governi di destra che di sinistra. Ricordo che quasi la metà dei cittadini italiani non vota e sono quelli che stanno peggio. La politica deve capire che o si riparte dal lavoro o non si riparte. Non ha senso aumentare la precarietà e contrapporre lavoratori dipendenti e autonomi, come fa questo governo. Non ha senso cambiare la Costituzione a colpi di maggioranza. Sull'articolo 18 avevamo ragione noi, sì. Per questo serve un nuovo Statuto dei lavoratori"