ENERGIA. La strategia nascosta nell’«hub» fossile italiano per l’Europa porta allo stoccaggio di CO2 tanto caro a Eni? Su questo e altri dubbi un’interrogazione al governo sarebbe gradita
La firma degli accordi con l’Algeria tra Giorgia Meloni e il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune - Ansa
Dopo Draghi è la volta della Meloni, in Algeria per il gas. E questa volta non soltanto per ottenere un aumento della fornitura, ma per avviare un “piano Mattei”. Il piano Mattei, a quanto sembra, è un piano che vorrebbe fare dell’Italia “la porta di accesso per la distribuzione dell’energia” in Europa, riporta Avvenire. Il tutto nell’arco dei prossimi cinque anni. Una porta attraverso la quale non solo passa sempre più gas metano, rinforzando l’attuale gasdotto, ma anche idrogeno, in uno nuovo capace di convogliare sia gas che idrogeno, e un elettrodotto. Il bello è che il nuovo gasdotto e l’elettrodotto dovrebbero collegare Algeria e Sardegna, riferisce l’Ansa. Ma allora il futuro della Sardegna è a metano? Oppure a idrogeno? E l’elettrodotto? Ammesso che sia elettricità da fonte rinnovabile, perché? La Sardegna ha uno straordinario potenziale di energia solare ed eolica, tanto da renderla autosufficiente. Insomma c’è molto che non quadra.
VEDIAMO DI ESAMINARE il significato di questo accordo. Evidentemente si prevede che la domanda di gas nei prossimi anni – diciamo almeno una ventina per giustificare gli investimenti non irrilevanti in programma – aumenterà per compensare anche nel resto d’Europa il gas russo. Se così non fosse non si giustificherebbe. Quindi il nostro governo e l’industria italiana tutta, rappresentata dall’Eni e da Confindustria (erano presenti l’Ad dell’Eni Descalzi e il presidente di Confindustria Bonomi) ritengono che l’Europa e l’Italia la decarbonizzazione non la faranno, non arriveranno mai alla condizione “emissioni nette zero” nel 2050, visto che arriveremmo al 2045 continuando a consumare gas a profusione. E questo è confermato dal fatto che nello stesso tempo si chiede di aumentare il numero dei rigassificatori nei prossimi anni, compreso quello tanto contrastato di Porto Empedocle, che l’Enel ora ripropone; anche questi investimenti che richiedono un tempo di ritorno di almeno venti anni. Evidentemente non è possibile che facciano una mossa così platealmente in contraddizione con gli impegni dell’Europa, smentendo l’obiettivo di decarbonizzazione.
MA ALLORA COME SI SPIEGA questo piano? La risposta sembra solo una, e un indizio viene da altro degli accordi siglati, questa volta direttamente da Descalzi e il suo omologo algerino, capo della Sonatrach, un memorandum per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e in generale la riduzione di CO2 nelle strutture produttive di idrocarburi.
VUOI VEDERE CHE LA COSA va messa in relazione alla tambureggiante e fuorviante pubblicità dell’Eni sulla stampa e sui social sui benefici della cattura e sotterramento della CO2, la CCS (Carbon Capture and Storage, cattura e stoccaggio del carbonio) che la comunità scientifica rigetta per numerose ragioni? Vuoi vedere che all’Eni danno per scontato che si metteranno a pompare CO2 nei giacimenti esausti dell’Adriatico e della pianura padana per spremere altro combustibile che da solo non verrebbe fuori? Combustibile che poi, ovviamente, verrebbe bruciato (sennò perché estrarlo?) producendo proprio quella CO2 che si era fatto finta di sotterrare. Se non tutta, certamente in parte.
VUOI VEDERE CHE il memorandum con gli algerini sottintende la prospettiva di costruire, parallelamente ai gasdotti che portano il gas dall’Algeria alla Sicilia, dei CO2dotti che trasportano CO2 dalla Sicilia all’Algeria per sotterrarla nei giacimenti esausti algerini e spremere dell’altro gas che poi magari viene avviato in Sicilia? È questa l’economia circolare secondo Eni? A pensar male si fa peccato… E per evitare che qualcuno possa pensar male, sarebbe bello che una qualche fonte governativa ci dicesse quale è il piano complessivo di decarbonizzazione italiano al 2050, in ossequio agli impegni europei, e in che modo questi accordi con l’Algeria si integrano nel piano stesso. La apparente contraddizione è troppo stridente perché non se ne chieda conto.
VIENE IN MENTE, per esempio, visto che tutte le iniziative concordate non possono materializzarsi prima di fra qualche anno, che è più saggio e più conveniente per il paese accelerare gli investimenti nelle rinnovabili, e rimuovere le cause burocratiche di rallentamento. Per esempio, se necessario, istituendo commissari regionali e/o un commissario nazionale che abbia il compito di semplificare tutte le procedure amministrative. E ancora, legiferando e soprattutto producendo i decreti attuativi per la promozione delle comunità energetiche. A questo dovrebbe servire una gran parte (oltre un terzo) dei soldi del Pnrr.
CERTO, ABBIAMO da sostituire il gas russo, ma facciamolo con lungimiranza: in parte lo sostituiamo con gas proveniente da altri paesi, il resto cominciando a ristrutturare il sistema energetico italiano in modo da facilitare il passaggio dal gas all’elettricità da rinnovabili.
UN GOVERNO CHE realmente promuove gli interessi dei cittadini costringe l’Eni e la Snam a investire nelle rinnovabili, invece che nei gasdotti e nelle nuove prospezioni ed estrazioni. E non solo. Un governo così deve promuovere in tutti i modi, e subito, l’efficienza energetica negli edifici, che sono quelli che consumano la maggior parte del gas che importiamo, intervenendo sull’involucro e sostituendo le caldaie con pompe di calore. E questo si fa con provvedimenti tipo il 110%. Si fa tesoro dell’esperienza, si individuano i punti critici (e sono tanti), si migliora e si rinforza, non si elimina e basta, perché allora il sospetto che la decarbonizzazione non si intenda farla si rinforza. E invece la nostra destra a Bruxelles che fa? Si oppone alla direttiva europea che mira proprio alla riqualificazione energetica del patrimonio edilizio. Esprime la posizione del governo? Una interrogazione parlamentare affinché si dia conto di tutti questi dubbi sarebbe benvenuta