Pedro Sanchez
Il dibattito sul congresso del Pd sembra risucchiato dall’eterno ritorno del medesimo, una semplificazione sui nomi che, a mio parere, non aiuta. Il tema non è chi, ma cosa. Cosa fare per rianimare, rigenerare. Come mettere in campo una proposta di sinistra, socialista nel Paese.
Certo le leadership contano, e io rispetto i candidati alla segreteria, ma conterebbero di più se fosse chiara la visione d’insieme. In questo senso, può tornare utile alzare lo sguardo dalla dimensione nazionale a quella europea. Qui incontriamo una storia di cambiamento che suscita speranze perché dimostra che si può fare.
Il governo di Pedro Sánchez, leader del partito socialista spagnolo, è nato a gennaio 2020. Un governo di minoranza (Psoe e Unidas Podemos, con l’astensione di Esquerra Republicana). Governo che ha introdotto l’Ingreso minimo vital, che oggi coinvolge 1.2 milioni di persone e che ha approvato l’innalzamento del salario minimo (da 735 a 1000 euro al mese), e una legge per la maggior tutela dei rider. All’inizio del 2022 l’esecutivo ha varato un’importante riforma del mercato lavoro, fortemente voluta dalla ministra Yolanda Díaz. Obbiettivo principale la limitazione del contratto a tempo determinato, relegato ai casi di stagionalità, picchi di produzione e sostituzioni. L’indeterminato, di contro, è stato rafforzato e costituisce ad oggi la via d’accesso ordinaria al mercato del lavoro. In aumento del 238%, per la prima volta interessa in maniera sostanziale anche i lavoratori giovani (+142%). Importanti anche i risultati sulla disoccupazione, in calo dell’8,6% nel 2022 e per la prima volta sotto i 3 milioni di individui: il dato più basso di fine anno dal 2007. Ancora: gratuiti gli abbonamenti per il trasporto ferroviario statale per incentivare l’uso dei mezzi pubblici.
La Legge di Bilancio del 2023 prevede la più ingente spesa sociale nella storia del Paese: 6 euro su 10 dedicati al welfare e al contrasto all’inflazione.
Diverse le misure a sostegno di giovani, pensionati, madri con figli piccoli, per la lotta alla violenza di genere, per la sanità pubblica. Tra le altre misure previste per i cittadini tra i 18 e i 35 anni spiccano il bonus affitto da 250 euro, il bonus cultura e i nuovi fondi per le borse di studio.
Da ultimo, previsti 260 milioni per la lotta alla violenza di genere e 143 milioni per il sistema di accoglienza dei migranti.
Il tutto finanziato dalla tassazione straordinaria per banche e compagnie energetiche, con cui il governo conta di raccogliere 10 miliardi, e dalla patrimoniale, un “contributo di solidarietà” che interesserà lo 0,1% della popolazione con l’obbiettivo di raccogliere 1,5 miliardi di euro.
Sul terreno dei diritti civili, oltre al consolidamento dei matrimoni omosessuali, è stata approvata la Ley Trans che riconosce la stepchild adoption alle coppie di donne lesbiche fuori dal matrimonio e esplicita la depatologizzazione dei generi non conformi contro il binarismo di genere e proibisce le cosiddette “terapie di conversione”.
Approvata anche una legge sull’eutanasia, descritta come «somministrazione di una sostanza al paziente da parte di personale sanitario competente», e sul suicidio medicalmente assistito, cioè «la prescrizione o la dotazione da parte di personale sanitario di una sostanza al paziente, in modo che questo possa somministrarsela in autonomia, per causare la propria morte».
Approvata ancora la legge su salute riproduttiva, sessuale e diritto all’aborto, che prevede, tra le altre misure, il congedo mestruale retribuito senza limiti di giorni e a carico dello Stato.
Infine, con la legge sul consenso esplicito, il parlamento ha eliminato la distinzione tra abuso e aggressione sessuale, qualificando come stupro qualsiasi atto sessuale compiuto senza consenso libero, volontario e chiaro.
Queste, per sommi capi, le cose realizzate in Spagna. Cose che hanno a che vedere con un’idea di società fondata concretamente sulla giustizia sociale, ambientale e civile, che attraversa e migliora le vite delle persone.
Nessuna retorica, ma la materialità delle ingiustizie abnormi tra chi ha e chi non ha affrontate assumendo il punto di vista di chi sta peggio.
Credo possa essere utile ritornare ai fondamentali e guardarsi intorno. Utile per battere la sfiducia e il disincanto di un popolo che un tempo è stato certamente di sinistra e che oggi fa fatica a riconoscere un progetto collettivo di trasformazione sociale. Di questo dovremmo tornare a discutere, non solo di nomi