Kiev è tornata sotto le bombe russe, lì eravamo pochi giorni fa con la nostra carovana di aiuti. Siamo dalla parte delle vittime e il 5 novembre lo testimonieremo a Roma
"La grande famiglia" di Renè Magritte
Puntare a distruggere le infrastrutture della capitale ucraìna, colpire edifici residenziali, terrorizzare i civili, è un crimine di guerra. La guerra stessa è un crimine.
La Russia deve fermare l’aggressione, l’Ucraina accettare un negoziato. Il ruolo della comunità internazionale può essere determinante.
Kiev oggi è sotto attacco. Pochi giorni fa eravamo in quella splendida città, a sostenere i gruppi della società civile che vogliono vie di pace. Dobbiamo unirci alla loro voce, che grida insieme ai cittadini russi che non vogliono partecipare a questa guerra.
Abbiamo portato aiuti in Ucraina, abbiamo dato rifugio a chi lo cercava. Ora dobbiamo anche lavorare per facilitare una soluzione pacifica. Prima che sia troppo tardi.
Le mobilitazioni nelle città italiane dei giorni 21, 22 e 23 ottobre e la manifestazione nazionale per la pace del 5 novembre a Roma, assumono ancor più significato: siamo tutti coinvolti.
Sarà una manifestazione popolare, e quindi di popolo. Un lungo corteo, per le vie della capitale, aperto a tutti. Sono invitate le persone che
vogliono la pace, preoccupate per questa guerra, solidali con le vittime, che provano pena e dispiacere per i troppi morti.
Ci saranno giovani e anziani, anche coloro che la guerra l’hanno conosciuta, che sanno cosa significano gli allarmi, le bombe che cadono sulle città. Ognuno avrà la sua motivazione per esserci: che sia la paura per il futuro, che sia la condanna dell’invasore, che sia il sostegno agli aggrediti, che sia “per fare qualcosa per la pace”, che sia per sentirsi parte di un grande movimento. E poi ci saranno le tantissime associazioni, variegate e colorate, laiche e religiose, piccole e grandi. Anche i partiti saranno presenti, mescolati fra loro, senza bandiere, in ascolto di ciò che dirà la piazza.
È questa la grande novità: la manifestazione è cresciuta dal basso, si è imposta spontaneamente, voluta da migliaia di singole persone che sentivano il bisogno e la necessità di esprimere il loro desiderio che le armi tacciano e che la parola sia data al negoziato per la pace. Il movimento pacifista, organizzato nel cartello “Europe for Peace” e nella Rete italiana Pace e Disarmo, ha raccolto questo appello e si è messo al lavoro. Ne è emerso un percorso che avrà il suo centro nella mobilitazione che chiede alle Nazioni unite di convocare una Conferenza Internazionale di Pace.
In preparazione del corteo di Roma, stanno fioccando a centinaia le adesioni di organizzazioni e di singoli, di sindacati e associazioni, facendo ben sperare che sarà davvero una manifestazione partecipatissima, da tutto esaurito. È la società civile che si prende la scena, che impone l’agenda di pace. La politica non ha colto il momento decisivo. Nel discorso inaugurale di insediamento del presidente della Camera, il tema della pace è stato completamente dimenticato, la guerra nel cuore d’Europa nemmeno citata. Segno di una distanza abissale tra il Palazzo e la vita reale, mentre vi è piena sintonia tra il movimento pacifista e gran parte dell’opinione pubblica del Paese.
Il documento che convoca la manifestazione parla chiaro: «Le guerre e le armi puntano alla vittoria sul nemico ma non portano alla pace. Siamo con chi rifiuta la logica della guerra e sceglie la nonviolenza. La guerra la fanno gli eserciti, la pace la fanno i popoli». Chi aderisce e partecipa lo fa assumendo questa posizione, che è quella di una terza parte che vuole fermare l’aggressore e portare l’aggredito al tavolo negoziale per una pace giusta. Siamo dalla parte delle vittime, senza necessariamente assumerne il punto di vista. Il ruolo della comunità mondiale, delle istituzioni preposte a tutelare il diritto internazionale, come Unione Europa e Nazioni Unite, è proprio questo: avere l’autorevolezza per convocare la Conferenza di Pace che possa far tacere le armi e offrire una via d’uscita giusta e duratura, senza vinti e vincitori. Poi ci vorrà anche l’intervento della Corte penale internazionale, per punire chi ha compiuto crimini di guerra, che sono crimini contro l’umanità.
* Presidente del Movimento Nonviolento; Esecutivo Rete italiana Pace e Disarmo