VERSO IL VOTO. Le forze minori rinuncino unilateralmente alla presenza nei collegi uninominali e chiedano, senza contropartite politiche, esclusivamente l’apparentamento col Pd
Il futuro della nostra Costituzione dipende dai risultati che si otterranno nei collegi maggioritari. Infatti, per quanto la coalizione di centro-destra possa avere successo nella quota proporzionale non raggiungerà mai la maggioranza assoluta necessaria per modificare il testo costituzionale. Sarà la conquista di gran parte dei seggi assegnati uninominalmente che trascinerà la coalizione ben oltre tale soglia avendo come obiettivo quella dei due terzi dei componenti le assemblee. Un esito da scongiurare.
Un tale traguardo permetterebbe al trio Meloni-Salvini-Berlusconi di modificare a loro piacimento la Costituzione senza neppure il rischio di essere smentiti da un referendum oppositivo. Metteremmo dunque nelle loro mani il futuro dei nostri diritti fondamentali e le sorti della democrazia parlamentare.
Un tale scenario da incubo ha buone possibilità di realizzarsi per una ragione comprensibile a tutti. In ciascun collegio maggioritario troveremo un solo candidato di centrodestra (scelto in base ad un preventivo accordo politico, in rappresentanza dell’intero schieramento) e una pletora di altri candidati in lotta tra loro, ciascuno collegato alle singole forze politiche che si presentano alle elezioni.
In assenza di un accordo anche il più piccolo raggruppamento dovrà presentare sia liste bloccate nella quota proporzionale nella speranza di ottenere una rappresentanza, sia candidati immagine nella quota maggioritaria ben sapendo di non avere nessuna possibilità di ottenere più voti delle coalizioni o dei partiti maggiori. Visto il fallimento del “campo largo” e i reciproci veti tra le forze politiche la prospettiva è quella di un’inutile competizione tutta giocata a favore del centro-destra.
Proprio per evitare questa débâcle Antonio Floridia sul manifesto ha proposto un accordo “tecnico” tra tutte le forze contrarie alla coalizione di centro-destra. Poiché la questione è evidentemente decisiva, mi permetto di suggerire una via “politica” per conseguire tale risultato (quello di evitare di consegnare il futuro della nostra Costituzione al trio di cui sopra).
Le forze minori, che non hanno nessuna possibilità di conquistare il seggio maggioritario, rinuncino unilateralmente alla presentazione di loro candidati nei collegi uninominali e chiedano, senza contropartite politiche (ma fatta salva la clausola di cui diremo), esclusivamente l’apparentamento con il Partito democratico, che nella situazione data rappresenta l’unico che a livello nazionale può competere per la conquista nei colleghi maggioritari. Si preserverebbe l’autonomia di ciascuno e si eviterebbero di formare coalizioni politiche confuse, tenute assieme solo per ragioni di convenienza elettorale.
I vantaggi sarebbero diversi. Non solo per il partito democratico che si troverebbe unico competitor per la conquista di ben un terzo dei seggi, ma, a ben vedere, anche per le altre forze minori, che vedrebbero venir meno l’argomento spesso decisivo e per loro assai penalizzante del voto utile. Almeno nella parte proporzionale, la scelta a favore di una lista presentata da forze di minoranza non favorirà il centro-destra nella distribuzione dei collegati seggi maggioritari.
L’apparentamento potrebbe portare con se altre due effetti collaterali. Anzitutto permetterebbe all’elettore che non si sentisse rappresentato da nessuna forza politica, ma solo contrario al centro-destra di esprimere la preferenza per il solo candidato al collegio uninominale. In tal caso, in base alle alchimie della legge attualmente in vigore, il suo voto, oltre che al candidato uninominale, verrebbe anche redistribuito proporzionalmente tra le liste apparentate. Con beneficio indiretto per tutti.
Il secondo possibile effetto indiretto è del tutto ipotetico, ma non può essere escluso. Il maggior beneficiato da questo sistema sarebbe certamente il partito di maggioranza relativa che si troverebbe in via di fatto e senza alcun vincolo politico-programmatico a godere indirettamente per la quota maggioritaria dei voti delle diverse forze politiche espressi nella parte proporzionale.
Non vi sarebbe nessun obbligo, ma dovrebbe essere politicamente saggio ed anche elettoralmente opportuno scegliere per questi collegi candidati espressione della società civile, riservando le candidature più schierate alla competizione che si svolge nella quota proporzionale. Se ne potrebbe avvantaggiare la qualità della rappresentanza.
Se la ragione politica fondamentale di un simile escamotage (perché – ahimè – di questo si tratta) è quella di mettere in sicurezza la Costituzione, un’unica clausola inderogabile dovrebbe essere richiesta a tutti i contraenti ed in particolare al Pd, che ne sarebbe il beneficiario per la quota maggioritaria. Quella di impegnarsi nella difesa e nel rilancio dei principi costituzionali: l’attuazione costituzionale come programma comune minimo di tutte le forze di un nuovo diversificato arco costituzionale.
Il massimo del risultato possibile nelle condizioni date. Una posta che penso valga la rinuncia alla presentazione di candidati di bandiera, preservando le diverse identità di ciascuno. Nella situazione difficile nella quale ci troviamo, con una legge elettorale che non si è voluta modificare e che appare costruita per far vincere il centro-destra, ci vuole un po’ di coraggio per cercare di evitare il peggio. Ci vuole anche un po’ di generosità da parte di chi non ha la forza (di conquistare i collegi maggioritari), ma ha la consapevolezza del valore della difesa della Costituzione.